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Parchi e Oasi dello Spirito

Provincia senese - Pienza

La Pieve di Corsignano (VII sec.)

di Dante Fasciolo


A circa un chilometro dal centro abitato di Pienza (SI) s'innalza un'antica pieve che colpisce fin da subito per la peculiare torre campanaria di forma cilindrica che la affianca. È una chiesa risalente al VII sec., originariamente dedicata ai Santi Vito e Modesto, ma oggi meglio conosciuta con il nome di Pieve di Corsignano.

Corsignano non è altro che la vecchia denominazione del paese di Pienza, prima che papa Pio II (al secolo, Enea Silvio Piccolomini) decidesse, tra il 1459 ed il 1462, di riprogettarlo e di ricostruirlo con l'intento di crearne un centro armonico ideale, che fu rinominato ispirandosi al suo nome.

L'aspetto attuale della chiesa è quello dovuto ai lavori di rifacimento del periodo romanico (XIII sec.). La torre cilindrica, invece, sembra fosse più antica e si suppone che sia stata riutilizzata una costruzione già presente. La presenza di una chiesa in questo posto è attestata già in un documento dell'anno 714, riguardante una contesa tra i vescovi di Siena ed Arezzo per la proprietà di un battistero di San Vito in Turiliano, identificato con l'attuale pieve. Successivamente, documenti dell'XI sec. menzionano l'edificio come San Vito in Corsiniano.

   

Le vicende di Pio II toccarono anche questa chiesa: in essa, infatti, il futuro papa ricevette il battesimo nell'anno 1405 e, successivamente, vi fu battezzato anche il nipote, che a sua volta divenne papa nel 1503 col nome Pio III. Una lapide apposta sopra il fonte battesimale, all'interno della chiesa, ricorda questi eventi.

Oltre che come edificio religioso, la pieve si presta benissimo ad essere considerata come monumento esoterico, offrendo numerosi spunti di analisi e riflessione nel ricco simbolismo della sua facciata, nonché in certi elementi del suo interno e della cripta. Vediamone alcuni.

Affiancata dalla mole della torre-campanile cilindrica e incorniciata da maestosi alberi d'ippocastano, la facciata a capanna offre il primo impatto simbolico con l'edificio: le numerose decorazioni che circondano il portale d'ingresso, infatti, non presentano simboli religiosi, non ci mostrano bassorilievi di santi e immagini di Cristo, ma subito, la prima cosa che colpisce, è la sirena bicaudata che sovrasta il portale. La sirena fa parte, in realtà, di un unico bassorilievo in cui la vediamo al centro della scena, a simbolo delle tentazioni e dei bassi istinti, animaleschi, che mettono alla prova l'individuo. Alla sinistra, l'uomo che si è lasciato guidare da questi ciechi istinti, animaleschi, raffigurati con la strana bestia che sembra suggerirgli l'errata via in un orecchio, ha perso la sua vera natura ed, infatti, ha assunto la coda di pesce, facendosi bestia tra le bestie. Alla destra, in contrapposizione, l'uomo tiene la bestia in pugno, quasi strangolandola: egli ha vinto e domina le pulsioni animalesche, ed infatti con l'altra mano afferra il braccio di una donna, la sua compagna, e sta lì ad indicare l'ideale di vita cristiano, o la Via per l'Illuminazione.

      

Al di sopra del portale è presente una bifora, retta da una figura femminile in forma di cariatide. L'iconografia tipica medievale pone solitamente la Vergine Maria al di sopra delle figure della sirena o di quella equivalente di Eva, quindi è così che la si interpreta, anche se l'aspetto, la postura e i seni prosperosi ricordano più la figura di una Menade, ossia di una dea pagana della fertilità. Siamo quindi al cospetto di reminiscenze di antichi culti della Grande Madre? A pensarci bene, un primo grande indizio è sotto i nostri occhi nel territorio circostante: la zona intorno alla pieve, infatti, è assai ricca di acque, come dimostrano non solo l'attiguo fontanile ma anche i numerosissimi pozzi che s'incontrano nel sovrastante paese di Pienza, quasi uno in ogni piazza, e ad ogni incrocio, alcuni poco profondi, altri più bassi. Da notare anche il fatto che una delle due aperture è leggermente più alta dell'altra: un elemento di asimmetria quasi certamente non casuale.

   

Siamo appena all'inizio della nostra indagine, e già sono emersi parecchi elementi, ma non finisce qui. Altre figure minori, ma non per questo meno importanti, appaiono qua e là nel portale, tra le decorazioni. Sullo stipite sinistro, alla base dell'arco di volta, troviamo la figura di una rosetta al centro di due teste d'ariete contrapposte. Poco al di sotto, che spunta dal pilastro del portale, troviamo una faccina, il cui sguardo penetrante osserva il visitatore e sembra quasi dargli il benvenuto. Un altrovolto dal ghigno beffardo si trova sul lato opposto, alla base dell'arco di volta, nell'esatta posizione tra le due teste d'ariete che sull'altro lato occupa la rosetta. Sono emblemi che troviamo frequentemente sugli edifici costruiti dai  Cavalieri Templari. Cosa c'entrano i Poveri Cavalieri di Cristo con questa chiesa? Probabilmente niente, ma l'ipotesi non è del tutto peregrina: non siamo troppo distanti dall'antica  Via Francigena e da una delle sue tappe "storiche", l'odierna San Quirico d'Orcia, che dista da Pienza circa 12 km.

Tra i nodi e gli intrecci che avvolgono gli stipiti, compare anche un altri simbolo interessante, una specie di nodo che si avvolge si sé stesso in forma di numero otto, però rovesciato di 90 gradi. Potremmo definire questo emblema come "nodo infinito", ma impropriamente, giacché il simbolo dell'infinito, in questa forma ad otto rovesciato, venne introdotto dal matematico John Wallis soltanto nel 1655, ma ispirato, sembra, a un qualche simbolo più antico, forse di natura alchemica. Ne abbiamo trovato uno simile, ma non coricato, all'interno nell' Abbazia di San Vittore delle Chiuse, a Genga (AN), un altro piccolo gioiello dell'architettura romanica.

   

L'unica altra figura di rilievo che appare ancora sulla facciata esterna è la rappresentazione a bassorilievo del Presepe che si trova sopra l'architrave dell'ingresso laterale, sulla fiancata destra della chiesa, con i tre Magi a cavallo che avanzano verso la Natività.

L'interno della chiesa è scarno e sobrio, ed è suddiviso in tre navate. Al termine di ciascuna navata, sulla parete di fondo, è addossato un altare. Non sono presenti affreschi e anche le decorazioni, se si escludono le poche lastre decorate con motivi ad intrecci ed a nodi che separano la navata destra dall'altare e dall'ingresso alla cripta, sono molto scarne.

Un elemento, però, è degno della massima attenzione: sono i due serpenti che si trovano l'un sopra l'altro in bella vista su uno dei capitelli della navata sinistra. Il più corto dei due si estende in tutta la lunghezza, mentre l'altro a circa metà lunghezza si avvolge su una spira. È una figura simbolica, chiaramente allusiva alle energie ctonie ed ai culti della terra di cui avevamo trovato tracce anche sulla facciata. Alcuni legano questa figura a quella semi-leggendaria del Serpente Regolo, o Reale, molto diffusa nelle tradizioni popolari dell'Appennino Toscano ed anche laziale: un enorme serpente dal corpo tozzo, le squame lucenti e due piccole ali sul dorso, che apparirebbe ogni secolo nelle zone citate, in cerca di cibo terrorizzando i malcapitati che hanno la sfortuna d'incontrarlo, perché la sola vista della creatura provoca l'ipnosi. Secondo le leggende popolari, questi serpenti sarebbero guardiani di tesori favolosi. La leggenda del Serpente Regolo ricorda quella simile del Basilisco, altra creatura della mitologia fantastica a metà tra un gallo ed un serpente: non è un caso che il termine latino 'regulus' e quello greco 'basiliscos' abbiano lo stesso significato, e cioè "piccolo re". Cosa ci faccia, al di là delle leggende e delle superstizioni, questa raffigurazione nella pieve di Corsignano, è tutto da scoprire. La sensazione che ci troviamo in un centro sacro di energie sottili si rafforza mano a mano che procediamo nell'ispezione della chiesa.

È nella cripta, tuttavia, che si trova l'ultimo indizio per scoprire la chiave di lettura di questo edificio sacro. Il piccolo ambiente sotterraneo, oggi spoglio, presenta una serie di piccole volte a crociera sorrette al centro da un unico pilastro in forma di colonna. Sulla parete di fondo si apre una nicchia semicircolare, mentre su quella di sinistra, lato chiesa, un'intercapedine protetta da una grata poteva accogliere, un tempo, un qualche reliquario. Una piccola finestra sul lato opposto fa filtrare un filo di luce dall'esterno, troppo poca, in realtà, per osservare bene questo ambiente.

      

L'indizio rivelatore si trova alla base della colonna, dove troviamo scolpito un bellissimo Centro Sacro in rilievo, con punto centrale ben marcato da un piccolo cerchio. È un segno usato spesso come marcatura di un 'Omphalos', un centro sacro, appunto, di energie della Terra, e ciò basta a spazzare via ogni dubbio. È anche uno schema del gioco del tris, ovviamente, ma la posizione e l'aspetto, in questo caso specifico, escludono certamente l'ipotesi che si tratti di uno schema ludico o semplicemente decorativo. In contropartita, all'altra estremità della colonna, e cioè sul capitello, ma orientato nella direzione opposta, compare un'altra figura che desta attenzione per la sua 'innaturale dissimmetria'. Si tratta, con tutta probabilità di un altro schema simbolico, per il quale, tuttavia, al momento mancano elementi certi o di raffronto per analizzarne la simbologia.

Alla luce di quanto emerso dall'analisi delle simbologie celate negli elementi architettonici e decorativi di questa pieve, si può pensare che l'idea di trasformare l'attiguo ed antico borgo di Corsignano in un centro armonico e ideale di vita da parte del papa Pio II, borgo che da lui verrà successivamente rinominato Pienza, non si stato soltanto un vezzo o un capriccio papale. Il Piccolomini con tutta probabilità conosceva la vera natura di questi luoghi ed ha dato via al suo progetto con sapienziale consapevolezza. Ma se anche tutto ciò fosse soltanto una piacevole fantasia, resta il fatto che una visita in questa chiesa, e nel vicino paese, lascia sicuramente un segno anche nel visitatore più distratto e frettoloso. E se poi i giovani innamorati, camminando per i deliziosi vicoli del centro storico, si sentano attratti percorrendo i caratteristici "Vicolo del Bacio" o "Vicolo dell'Amore" che portano entrambi al suggestivo Belvedere, un motivo ci deve pur essere…


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)