racconto
Forte come l’Amore
di Ruggero Scarponi
La piccola carovana si apprestava a ripartire. Prima però Alvaro chiamò a sé Rocco.
- C’è il caffè – disse – vieni, intanto che è caldo.
Suo figlio continuò per qualche istante a sistemare i bagagli nella roulotte e finalmente si decise ad entrare nell’abitacolo.
I due uomini restarono in silenzio mentre sorbivano la bevanda, calda e fumante. Era presto e l’aria nella campagna era fresca e umida. Susanna dormiva ancora.
- Tua sorella – disse il vecchio – lasciala dormire, si deve riposare.
Rocco non rispose e finì di bere il caffè.
- Vado a sistemare – disse, dopo qualche istante.
- Fa piano… Che la svegli! -
Il giovane rispose con uno sguardo risentito.
- E tu però, fai piano lo stesso. – Aggiunse il vecchio come se il figlio avesse risposto a parole.
Rocco serrò i denti.
- E poi Rocco ti devo raccontare una cosa di ieri sera – Continuò l’uomo, come se riprendesse un discorso, appena interrotto - c’era un ragazzetto che le ronzava intorno, non è la prima volta che lo noto. La sta puntando. Ci segue di piazza in piazza, da un po’ di tempo. Quello pensa che non me ne sono accorto perché si mette nascosto in mezzo al pubblico. Mi è bastato incrociare lo sguardo di Susanna che l’ho scovato. Non mi piace. Parlaci tu e digli di stare alla larga, fammi ‘sto piacere.
- Susanna ha sedici anni - disse Rocco - Che male ci sarebbe …?
- Tu non capisci. Susanna è bella, troppo, per quello sbarbatello. Nessuno me la deve sciupare. Fin tanto che sta con me, è mia. Se qualcuno s’azzarda… Io l’ammazzo! Per quanto è vero Dio!
Tua madre me l’ha affidata perché lo sapeva che c’era qualcosa che non andava nella sua testa. A lei ci bado io.
Alvaro mentre parlava alzò lo sguardo al cielo. Un gesto istintivo. Gli capitava spesso quando parlava della moglie.
Rocco l’ osservò con preoccupazione.
- La mamma è morta. …- disse calmo. - Te ne devi fare una ragione…
- Che ne puoi sapere tu…?- Mormorò Alvaro – con lo sguardo perso… Ma poi ammutolì e restò a capo chino, gravato dalla tristezza dei ricordi.
- Rocco, io…- riprese con serietà – C’è un’altra cosa che devo dirti…di lavoro…
Ma suo figlio non lo stava ascoltando immerso nei preparativi e allora lui gli pose una mano sulla spalla per costringerlo a voltarsi:
- Rocco…Il tempo! Sulle note tua sorella ha da volare! E tu la trattieni…Rocco, la gente vuole vederla girare, girare e volare! È bella Susanna… Hai capito?
Rocco sbuffò spazientito.
Nel frattempo Susanna si era svegliata. Uscita dalla roulotte si era messa a vagare nella piazzola senza uno scopo.
- Susanna! – la chiamò Rocco vedendo che stava in camicia da notte – svelta, vestiti che partiamo, non vorrai venir via così? -
Alvaro sollevò lo sguardo sulla figlia e il viso gli s’illuminò tutto.
La ragazza accennò un passetto di danza incurante del richiamo del fratello.
- Rocco! – Chiamò Alvaro – portaci il latte a tua sorella che deve fare colazione prima di partire.
Lei continuava a danzare. Ora con più foga, provando persino qualche piroetta.
- Ma papà – obiettò il ragazzo – è tardi…
- Fa’ come ti dico! – rispose Alvaro.
Rocco, scuro in volto, lasciò cadere in terra un borsone e si diresse verso la roulotte.
Susanna intanto aveva smesso di danzare.
- Vado a vestirmi Pa’? –
- Aspetta – rispose Alvaro – aspetta che Rocco ti porta la colazione…
Ma Susanna era già sparita dentro il vano della roulotte.
Alvaro scosse la testa e raggiunse il figlio.
- Tua sorella è andata a vestirsi. La colazione la farà alla prima sosta…
Rocco ebbe un gesto d’impazienza e fece per uscire.
- Siedi…- intimò il genitore imperioso - Siedi ti dico…Non ti devi permettere…Io sono tuo padre…
- Io sono stufo, lo capisci ? – gli urlò in faccia suo figlio.
Gli animi si erano surriscaldati.
Sulla soglia intanto era comparsa Susanna, si era infilata svelta una gonnella corta e una camicetta, non si era neanche lavata e aveva tutti i capelli scarmigliati.
La giovane assisteva all’ennesima litigata tra padre e figlio, silenziosa, in disparte. Soffriva per suo fratello Rocco.
- Ma papà – provò ad intervenire – cos’ha fatto? Ieri sera …
- Tu sta zitta! Che ho dovuto “portarti” io col tamburo.
- Non è vero! – Urlò esasperato Rocco –
- Davvero Pà – gli diede man forte Susanna – sei ingiusto con lui…
- Ingiusto? – Urlò minaccioso.
Susanna si mise a piangere spaventata.
Alvaro si quietò subito e corse a stringerla tra le braccia per consolarla.
- Chi ti vuole più bene di tuo padre?
Susanna taceva.
Rocco disse:
- Andiamo, è ora.
Finalmente si avviarono.
Possedevano due automobili con roulottes. Con quelle si spostavano di paese in paese per allestire spettacoli di musica popolare. Di preferenza si esibivano all’aperto, sulle piazze, nelle feste paesane.
Da qualche tempo la bellezza di Susanna e la sua danza coinvolgente si stavano imponendo all’occhio esperto degli impresari che avevano preso a reclamarli ovunque se ne presentasse l’occasione.
A metà mattina, durante il viaggio, si fermarono come previsto per fare una sosta. Entrarono in un’area di servizio per rifornirsi di carburante e prendere un caffè.
- Mangia qualche cosa figlia mia – disse Alvaro rivolto a Susanna. E poi a Rocco – Pigliaci una brioche e un cappuccino a tua sorella… Per me prendo un caffè.
- Papà – disse Susanna – io… Dovrei andare…
Alvaro assentì col capo, e mentre si accomodava a un tavolo disse:
- Guarda Susanna che i bagni sono dietro. Devi girare l’angolo. Rocco!- chiamò - Accompagnala…
- No, papà – si risentì la ragazza – vado da sola, non mi perdo.
Di nuovo Alvaro assentì silenzioso.
Appena fuori, Susanna, fece con la testa, un cenno quasi impercettibile mentre si avviava ai bagni. Poco dopo, svoltato l’angolo, s’incontrò con Tommasino.
- Susanna! – esclamò a bassa voce il ragazzo – finalmente! Dammi un bacio, amore mio, ti sto inseguendo da giorni.
Si abbracciarono, ma subito Susanna si staccò.
- Ora va via Tommasì. Se ci scopre, t’ammazza!
Il ragazzo esitò. Non sapeva che fare.
- Va’! T’ho detto – ripeté la ragazza – va’ che è pericoloso…
Tommasino le dette ancora un bacio fugace sulle labbra e scappò via.
- A stasera, amore mio – le disse in un sussurro mentre si allontanava.
Quando Susanna fu di ritorno Alvaro, guardandola in tralice, esclamò con finta ingenuità:
- C’hai messo tanto! Ti sei fermata a parlare con qualcuno ? –
Susanna non rispose e si mise a mangiare la brioche inzuppandola nel cappuccino.
Alvaro la guardava mangiare compiaciuto.
- Una bambola, ‘sta figlia mia. Guardala Rocco, che boccuccia di cerasa tiene tua sorella. E’ una pittura. Un capolavoro abbiamo fatto vostra madre e io.
Susanna piena di gratitudine rivolse al padre un sorriso radioso.
- Fortunato l’uomo a cui ti darò…-
- E se a lei non piacesse? – intervenne Rocco, stizzito – a questo non ci hai pensato?
- lasciamo perdere ‘sti discorsi, per favore. - Concluse Alvaro - Tu sai come la penso, non c’è bisogno di ripetersi.
Quando Susanna ebbe finito di mangiare, prima di riprendere il viaggio restarono un poco a parlare dello spettacolo serale.
Il clima si era disteso e Alvaro era tornato di buon umore.
- Modestamente – disse col sorriso sulle labbra – col tamburo, qui nella provincia, non c’è mai stato nessuno che potesse competere con me. Vostra madre, se ci fosse, lo confermerebbe. Sono uno dei pochi che sa battere come si deve il contro-tempo. E d’altronde Susanna, - disse rivolto alla ragazza - dillo pure tu, che quando inizi a girare sul palco, se non ti dessi il ritmo con il contro-tempo, come faresti ad ancheggiare in quel modo eh?
Susanna lo ascoltava rapita, e annuiva convinta, con la testa. Voleva bene a suo padre. Se non fosse stato per quel carattere, possessivo e autoritario...
- Beh adesso figli miei – disse alla fine Alvaro - dobbiamo proprio muoverci. Coraggio si parte!
Durante il viaggio Alvaro, seguiva con la sua auto, quella dei figli. Era cupo e sospettoso.
Giunsero al paese nel pomeriggio. Giusto in tempo per preparare il palco messo a disposizione dal Comune sulla piazza principale, provare qualche pezzo e fare uno spuntino per stare in forze durante lo spettacolo che si annunciava lungo e faticoso.
La sera, finalmente, tutto era pronto. Come al solito il pubblico era affluito numeroso occupando tutti i posti a disposizione compresi i balconi e le finestre delle case che si affacciavano sulla piazza.
Susanna lanciava con insistenza sguardi furtivi sul mare di teste assiepato sotto il palco. Alvaro, senza farsene accorgere la spiava accigliato.
Rocco, accompagnandosi con la chitarra, dette inizio allo spettacolo intonando la prima canzone. Era il preambolo che anticipava l’entrata in scena della sorella. Di rimando Alvaro prese a percuotere il tamburello. Ne ricavava dei ritmi lenti e ben scanditi e poi sincopati e incalzanti.
D’un tratto la musica si arrestò. E sulla scena comparve Susanna. Con un solo balzo aveva guadagnato il centro del palco. Anche il pubblico era ammutolito al suo apparire, un’entrata ad effetto che non lasciava indifferenti.
Le luci l’avvolgevano sensualmente con giochi di chiaro scuro che ne esaltavano le curve provocanti. I capelli aggiustati in riccioli sapientemente scarmigliati le conferivano un’aria selvaggia e ribelle. Stringeva tra le mani un foulard. Era bellissima, con una camicetta bianca annodata appena sotto il seno e una gonna zingaresca che lasciava ampiamente scoperta una gamba fino alla coscia. Alvaro iniziò a picchiettare con le dita sul tamburo e Susanna quasi spinta da una forza magnetica prese a dondolarsi sulle gambe, battendo appena l’accento ritmico. Poi all’improvviso cominciò a muoversi più velocemente e a frustare l’aria con il fazzoletto. Alvaro insisteva con il tamburo e Rocco ora lo affiancava con rapidi arpeggi di chitarra. Susanna si sollevò prima su una punta, poi sull’altra in rapida alternanza e infine prese a camminare intorno alla scena muovendo i fianchi come fossero onde marine. Rocco evidenziava con la voce i passi repentini della danza, emettendo toni acuti e strozzati, a seconda che ne volesse esaltare la forza vitale o la drammaticità. Il tamburo di Alvaro non dava tregua. Susanna obbediente ne assecondava i ritmi e danzava, piroettava, saltava, agitava le mani, roteava il foulard disegnando nell’aria figure e arabeschi. Il pubblico la seguiva incapace di distogliere lo sguardo, trascinato dalla musica ossessiva. Il trio continuò a lungo, in una successione di musiche e danze senza soluzione di continuità
Finché Susanna sfinita non si lasciò cadere a terra sommersa dagli applausi.
Era andata bene.
Rocco lanciò uno sguardo verso il padre in cerca di conferma.
Alvaro fece cenno di sì.
Susanna era sempre a terra mentre il pubblico si era alzato e batteva le mani con entusiasmo.
- Susanna, dai, alzati, vatti a prendere gli applausi – la incoraggiò Alvaro.
- Rocco, anche tu – disse rivolto al figlio che era rimasto indietro.
I due ragazzi tenendosi per mano si affacciarono sul limitare della scena.
Il pubblico era in delirio.
- Pà – chiamarono i figli – vieni!
Alvaro li raggiunse e il trionfo fu completo.
- Forza – disse Alvaro – a cambiarci ora, per la seconda parte.
Corsero alle roulottes.
In quella di Susanna si era nascosto Tommasino.
La ragazza se lo trovò inaspettatamente davanti e trattenne a stento un urlo.
- Tommasì – esclamò sorpresa – ma che ci fai qui, tu sei tutto matto. Vuoi farti ammazzare?
Per tutta risposta Tommasino la cinse alla vita e l’attrasse a se.
- Per te rischierei la vita cento volte – rispose, tentando di baciarla sulla bocca.
- Vattene, pazzo che sei. E poi adesso no. Non c’è tempo. Devo prepararmi.
- E allora a stanotte. – Disse risoluto Tommasino – Qui. Stanotte.
Susanna non rispose. Aveva sentito girare la maniglia della porta.
- Tommasì… – fece in tempo a sussurrare.
La porta si spalancò con il fragore del tuono.
Apparve Alvaro, torvo e scuro.
- T’ammazzo con le mie mani!– urlò verso il ragazzo
Susanna si era appiattita contro una parete.
Tommasino estrasse un coltello.
- Se ci provate ve lo ficco nella pancia – urlò contro Alvaro, con il braccio teso e tremante per l’agitazione.
L’uomo si arrestò come se avesse ripreso il controllo dei nervi.
- Vattene, vattene via, esci di qui. – pronunciò con un tono incredibilmente calmo.
Tommasino prese con la mano un braccio di Susanna.
- Lei viene con me – rispose con aria di sfida.
- Tu devi essere pazzo, ragazzo. Vattene finché sei in tempo. E da solo o da qui non esci vivo, parola mia!- Ruggì Alvaro con un’espressione feroce.
Susanna urlò terrorizzata.
Ma Alvaro aveva tirato fuori un coltello anche lui e ora si fronteggiava con Tommasino nell’angusto spazio pronto a sferrare l’assalto.
- Prendi ! – Urlò Tommasino affondando con il braccio in direzione di Alvaro.
- Sei un pischelletto – lo schernì l’uomo, schivando il colpo.
Stava a sua volta per affondare quando entrò Rocco.
Costui comprese immediatamente la situazione e cercò d’interporsi.
- Non facciamo pazzie, calmatevi, abbassate i coltelli. Tutto si può aggiustare.
Alvaro sembrava non avesse neanche udito le parole del figlio.
- Scansati! – gli ingiunse – Questo vigliacco lo scanno come un agnello.
- Papà, no! – Implorò Susanna.
Il colpo di Tommasino partì rapido.
Rocco si mosse.
Tommasino lo infilzò alla base del collo.
E subito si arrestò incredulo.
- Maledetto! – imprecò Alvaro gettandosi furente sul ragazzo. Lo colpì più volte con la lama del suo coltello.
Tommasino stramazzò quasi istantaneamente trascinandosi sopra Alvaro che a sua volta finì infilzato sull’arma del ragazzo.
Susanna crollò inebetita sul pavimento, inondato di sangue.
L’urlo di dolore della ragazza segnò il cielo notturno come una fiammata.
Cominciò ad affluire gente…