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Cinema

Nymphomaniac, Vol. I

Il nuovo film di Lars Von Trier porta nell'abisso
della disperazione con Bach e Allan Poe

di Giada Gentili


Definire Nymphomaniac un film porno non gli rende giustizia.

Se si va a ricercare il significato originario greco del termine, “rappresentare esplicitamente gli atti sessuali”, possiamo trovarci d'accordo.

Se invece da spettatori vi aspettate trashate o porcate di genere avete sbagliato film.

Lars Von Trier, nel volume I della sua nuova fatica invita alla commozione e alla pietà, dando sì fastidio agli occhi in molti momenti ma con poesia, poi ironia, poi angoscia.

   

È la storia di Joe, interpretata da Charlotte Gainsbourg, che racconterà la sua storia erotica all'anziano che la raccatta per strada, l'attore Stellan Skarsgard, in 8 capitoli: dalla scoperta della sua sessualità all'autodiagnosi della ninfomania.

Come aveva già fatto in Melancholia, il regista danese scava nel profondo abisso dell'essere umano e non concede nessuna ricetta miracolosa ai mali che affliggono l'uomo: la depressione o la ninfomania appunto.

Non ci sono storie agghiaccianti durante la loro infanzia che permettano allo spettatore di fare spallucce e dirsi “ah, è per questo che è diventata così!”.

Si attraversa il loro tormento interiore, la disperazione più profonda e sta a chi guarda, se vuole, trovare spiegazioni sociopsicologiche.

Oppure, ci si può lasciar trasportare, senza troppe domande, nel film.

   

La repulsione di Joe verso sé stessa e la sua indifferenza verso chiunque le si avvicini, la consapevolezza che il suo disturbo le ha dato come compagna solo la solitudine.

Le metafore del sesso con l'arte della pesca e con le polifonie di Bach, l'accostamento del numero di amanti della donna con la sequenza di Fibonacci, evocare Edgar Allan Poe.

Tutto questo pòsto al momento giusto è ulteriore prova che il Von Trier controlla e manovra in modo quasi impeccabile la cinepresa e le immagini.

Alcuni momenti si dilatano troppo, il racconto dell'infanzia, le passeggiate nel bosco, ma si aggiungono scene grottesche e momenti di pura comicità (assicuro che l'intera sala rideva sonoramente) a bilanciare il giudizio.

Uno su tutti: Uma Thurman, moglie tradita disperata, trascina i figli a casa dell'amante di suo marito, Joe appunto, che nel frattempo attende un altro incontro. “Ricordate questo letto”, sussurra ai figli facendoli sedere sul luogo del delitto. Si ride e qualche minuto dopo la disperazione della donna per la fine di un matrimonio ventennale, invade anche lo spettatore.

   

Provocatorio sì, basti pensare che in Danimarca è uscito nel giorno del santo Natale e che in una scena del film un club di adolescenti recita “Mea vulva, mea maxima vulva”.

Da Von Trier nessuno si aspettava una brodaglia smielata. Ma c'è spazio anche per il sentimento (non sentimentalismo) “l'ingrediente segreto del sesso è l'amore”, afferma la giovanissima amica della Joe adolescente.

Attendiamo il volume II per una critica completa.

Lars Von Trier ha dato il suo benestare per la suddivisione in due film (così uscirà anche in Italia a Marzo grazie alla GoodFilm) ma non ha partecipato ai tagli e al montaggio.

La versione che si vedrà nelle sale dura 4 ore, due per ciascun film, quella originale forse farà il suo debutto al Festival di Cannes in una maratona di 5 ore e mezza.

   


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