Arte
Le Parole e le Persone
Claudio Marini
un artista che coltiva l’Arte...
Intervista
di Giada Gentili
Ho incontrato l’artista nel suo studio, poche parole e... via!
Vale la pena di parlare di Arte oggi?
E’ un discorso che deve valere sempre. E’ una necessità inderogabile. Anche se oggi il consumismo brucia tutto e il consumatore si adagia su quello che gli viene proposto, senza avere la capacità di esprimere un minimo di critica. Purtroppo c’è da rimarcare un fatto: che l’Arte contemporanea è ignorata anche dalla gran parte di coloro che visitano musei o gallerie. Basta osservare le file per vedere una mostra sul Caravaggio o gli impressionisti, perennemente di moda. Questi ultimi sono molto apprezzati perché non impongono fatica, sono facilmente fruibili. Ma già una mostra di espressionisti è più faticosa, ci vuole preparazione. Ma il non saper leggere ed interpretare il valore dell’Arte contemporanea è responsabilità principale della scuola. La Storia dell’Arte dovrebbe essere insegnata partendo dall’oggi e andando a ritroso, fino ai classici. Questo forse vale anche per la letteratura e la storia. La storia dell’Arte è divisa troppo in settori, non sembra che ci sia un filo conduttore. E invece c’è. A scuola si arriva al Barocco in modo rabberciato, ma poi basta. Il novecento non si tocca, non si studia. L’arte dovrebbe essere insegnata per tematiche.
Esempio?
La disperazione che ci può essere nella cacciata dal Paradiso del Masaccio, raffrontata con alcune opere dell’espressionismo del primo novecento. E’ un argomento forte, universale, che ci tocca tutti: il dolore, l’esistenzialismo, la solitudine. In questo modo, lo studio dell’Arte potrebbe essere più apprezzato, soprattutto se ancorato al contesto storico. La natura morta è nata nel ‘600 con il Caravaggio. Se uno pensa a certe evoluzioni di Cezanne o Picasso o Morandi: come e perchè la natura morta ha preso questa strada? C’è un cammino che sarebbe interessante studiare.
Marini dimostra, ancora e per sempre, che l’Arte ha radici in una necessità e in una vocazione strettamente legate al mondo e al momento storico, che il suo prezzo segreto è la rinuncia ai compromessi, che la sua forza trainante è la fedeltà alle antichissime tradizioni dell’arte tramandate da uomo ad uomo.
L’Arte riesce a comunicare sentimenti?
Ho avuto uno studio, sempre aperto. Entrava gente, curiosi di ogni età, anche ragazzi. Non è così difficile capire l’Arte e neppure quella contemporanea, talvolta accusata di essere troppo cerebrale, troppo di pensiero, filosofica. Ma un minimo di sforzo intellettivo si dovrà pure richiedere. Quello che uno spettatore può provare è legato alla sua cultura. C’è un’interpretazione soggettiva. Ognuno ci può cogliere personali sentimenti, emozioni. O perfino il nulla, il niente.
L’arte contemporanea interpreta il momento?
Sta addirittura avanti e ci può far riflettere.
Profezia?
E’ lo specchio del proprio tempo. Potrebbe illuminare? No, non credo, non c’è questa funzione. E’ un prodotto di nicchia. Torniamo alle stesse critiche.
Claudio Marini possiede, oltre la sua grande Arte professionale, l’arte del minus dicere, del nascondere, dell’allontanare la curiosità e gli apprezzamenti sulla sua persona: è un’arte tipica del grande artista. Chi abbia a frequentare assiduamente il mondo dell’Arte, si accorgerà ben presto che la semplicità dimora in alto.
Portare i ragazzi a vedere mostre classiche? Vale sempre?
Meglio quelle che niente.
Qual è l’atteggiamento giusto? Insomma: come ci si deve rapportare?
Le mode condizionano tutto. Chi è Monet? Non lo sa nessuno. Pochi. Parli del Caravaggio. Uno dei più grandi, un rivoluzionario. Hai visto le file? Hai visto come le persone attraversano i saloni? Camminano, osservano e tirano avanti, come ad uno shopping. Pare di sentire brani di conversazione:” Sei stata dal Caravaggio?”. “Macchè, ho mia suocera a casa. Com’era?”. “Bella, un po’ troppo lunga, però!”
Riparliamo dei Cascami?
Rappresentano la mia vera nascita artistica. Un momento forte, personale. Iniziato nel ’77, per caso, osservando questi fili colorati intrecciati che mi hanno fatto pensare ai quadri di Jackson Pollock (uno dei più grandi esponenti dell’espressionismo astratto e dell’Action Painting). Ma i Cascami sono legati anche al dadaismo. Poi ho cercato altri materiali. Li ho ripresi nel ‘97. E poi quattro o cinque anni fa ma in modo diverso. Sui materiali di scarto c’è ancora molto da dire, come li adopero o li abbino ad altri materiali.. Fino a quando mi diverto, vedo che mi dà situazioni nuove, mi piace continuare a lavorare nei Cascami.
Adesso?
Sto lavorando ad un mio viaggio personale sulla Luna iniziato l’anno scorso per i quaranta anni dal primo sbarco dell’Uomo. Ora ce li metto anche io i piedi, ma con la fantasia, dato che non ci posso andare fisicamente. Sto lavorando con colori particolari: argenti e rossi. La Luna è detta Astro d’Argento. Oltre al colore, si comincia a vedere qualche oggetto, le tracce dell’Uomo. In ultimo c’è una discreta apparizione dei Cascami. Non è un ciclo compiuto. Sento di avere altre possibilità da esplorare. Vedremo…Quando inizio a lavorare ad un ciclo parto con delle idee, ma poi il lavoro cambia, si evolve, non so mai dove andrò a finire. Quando mi accorgo di cadere nel manierismo di me stesso, mi fermo.
Burri, la tua nascita artistica...
Personalmente non l’ho conosciuto. Ho quasi proseguito il suo lavoro. Burri ha iniziato con i famosi sacchi di iuta. E’ stato un grande sperimentatore di materiali. Ebbe questa grande intuizione. Personalmente sono stato influenzato anche dalla pittura americana.
Arte nell’Orto...
E’ nata come un fatto privato, per gioco. Avevo questo spazio, invece di coltivare la vigna, coltivo l’Arte. Il 16 luglio faremo la terza edizione. Ne riparleremo.
Come un giardino, come la vita?
Certamente. Giorgio Galli ha fatto questa specie di nuvola con i materiali riciclati di ferro della ferrovia. Vincenzo Pennacchi ha costruito questa installazione, una specie di palafitta. L’interesse è cresciuto a dismisura, un passaparola.
Materiali di scarto, oli, colori, il suo rosso, l’argento, le bandiere rivisitate. Sembra quasi che non uno dei suoi lavori sia stato realizzato per chi dovrà osservarlo. Marini possiede, a nostro parere, quell’indifferenza per lo spettatore o l’acquirente che è l’arte suprema dell’artista. In un’epoca di attenzione orizzontale, il solo atteggiamento giusto pare sia quello verticale: guardare in alto. Solvitur in excelsis, il motto di Mallory, lo scalatore dell’Everest. Che significa? Simile tensione artistica è di pochi, cioè dei veri artisti. Tali miracoli sembrano accadere in questi colombari sperduti, come la stanza di Amherst di Emily Dickinson o quella foderata di sughero di Marcel Proust in boulevard Haussmann. Claudio Marini è, tra gli artisti del territorio, colui che meglio ha abbracciato questa clausura artistica. Attendiamo, con vera impazienza, i suoi prossimi lavori.