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Cinema

A proposito di Davis

La vita di un inetto

di Giada Gentili

C'è tutto e niente da dire A proposito di Davis.

C'è l'humor nero dei Coen ben dosato e il dramma umano dell'elaborazione del lutto che stagna in un limbo come un cane che si morde la coda, incapace di uscire, incapace di agire.

C'è la fotografia grigia e angosciante di Fargo, la prima opera che consacrò il regista a due teste, Joel e Ethan Coen, ad entrare nella rosa di grandi interpreti del nostro tempo, e si conferma la scelta di raccontare vicende di fallimenti e di uomini passivi alla vita, sulla scia de Il grande Lebowski.

La storia è ispirata al musicista Dave van Ronk, alla ricerca del successo, per cui la musica “non è un gioco”, non è compromesso.

Non accade nulla di sconvolgente nell'ora e 40 in cui scorrono i rifiuti discografici, le delusioni d'amore vissute dal cantante ribattezzato Llewyn Davis.

L'unico capace di scuotere il protagonista è un grosso gatto arancione, identico a Gatto di Colazione da Tiffany (e nella storia siamo nel 1961, anno di uscita dello storico film con la Hepburn) che forzò l'affetto di Holly Golightly come Ulisse fa con Davis.

Ulisse. Stesso nome del protagonista di Fratello di dove sei?, film ispirato all'Odissea ed il gatto, come George Clooney, alla fine torna in famiglia. La ricerca della stabilità emotiva ma sopratutto esistenziale è l'odore di cui sono impregnate tutte le opere dei registi.

   

A proposito di Davis c'è da aggiungere che la musica folk americana degli anni 60, che conobbe massima fama con Bob Dylan, è razionata nel migliore dei modi e che a testi assurdi, privi di senso, ma cantati da un Justin Timberlake in una veste ironica riuscita, sono alterati pezzi sullo stile cantautoriale di Blowing in the wind.

L'interprete, Oscar Isaac, è antipatico e riluttante alla vita, non c'è intenzione di creare un personaggio a cui il pubblico possa affezionarsi (molto meglio il gatto), si finisce per compatirlo solo quando il racconto tocca il dramma del suicidio dell'amico e spalla musicale di Davis.

Ancora una volta, ai titoli di coda allo spettatore viene voglia di riguardare il film, perché forse qualche particolare è sfuggito, perché i Coen lasciano tante briciole di Pollicino che bisogna raccogliere per arrivare ad una comprensione più o meno completa dell'opera.

I fratelli Coen si buttano ancora una volta in una prova che pur mantenendo la loro firma si distacca dalle tipologie di film precedenti. La paura di annoiare o sbagliare non è tra i loro presupposti e questo è tra i loro pregi migliori, nonostante il film dell'anno prima sia stato un successo, quello seguente è un salto nel buio, una nuova sperimentazione.

Questa forse un po' meno accattivante de Il Grinta e meno rischiosa di Fratello di dove sei? ma comunque una biografia riuscita a differenza delle molte altre che passano al momento sul grande schermo.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)