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Teatro

Iacchetti a gogo

di Margherita Lamesta

Il repertorio di Gaber rivisitato con gli occhi di chi l’ha conosciuto a fondo, per farci toccare il suo pensiero profondamente umanistico
e tendenzialmente anarchico

Con lo spettacolo Chiedo scusa al signor Gaber, Martedì scorso, ha debuttato al teatro Lo Spazio di Roma Enzo Iacchetti, lo showman che deve soprattutto al tg satirico di Antonio Ricci la sua popolarità, ormai collaudata da un ventennio. In scena fino al 27 Aprile, nel piccolo teatro definito dallo stesso Iacchetti “Off Broardway”, confinante con la basilica di San Giovanni e diretto da Alberto Bassetti e Francesco Verdinelli, il comico fa un omaggio umano e artistico a un grande maestro della parola e del pensiero, qual è stato Giorgio Gaber, suo amico personale e mentore.

Con una performance che inizia e finisce all’insegna di Bacco, Trani a gogo e Barbera e Champagne, l’artista lombardo ha catturato sobriamente il pubblico, con la sua recitazione brillante, mettendo a nudo una sapienza musicale che non si può improvvisare.

Alla domanda: “Cosa avrebbe pensato Gaber di questo spettacolo?”, Iacchetti risponde di essere in stretto contatto con lui e di avere la sua approvazione tutte le sere…

   

La scelta del repertorio è caduta sui brani più gioiosi del signor G, proprio perché nella vita profondeva un’allegria che, forse, non ci si sarebbe aspettati da quell’intellettuale raffinatissimo e arguto che è stato – ha affermato l’”Enzino nazionale”. I tempi, oltretutto, sono mostruosamente ripiombati in un medioevo del pensiero con urgente bisogno di renaissance, cui il ricordo di Gaber e l’attualità della sua filosofia potrebbero contribuire in modo non secondario.

Trentacinque anni di carriera suffragati da una sana e prorompente autostima, durante i quali non si è mai perso d’animo, nonostante le grandi difficoltà iniziali, hanno portato il comico di “Striscia” verso una scommessa vinta e una maturità artistica, i cui primi passi televisivi ci riportano indietro di almeno vent’anni, al suo quiz originale - che teneva in gara solo i concorrenti non vincitori – proiettato tutte le sere all’interno di “T’amo TV”, un programma satirico molto sagace condotto da Fazio su TMC.

   

Certamente i monologhi di raccordo con i brani cantati, scritti da Iacchetti e Centamore, non nascondono il gusto per il gioco cabarettistico che strappa applausi ed estorce risate ma lo fa con una padronanza scenica indiscutibile. Forse, secondo alcuni commenti captati in sala la sera della prima, non proprio tutte le trovate comiche sono perfettamente calzanti con l’allure di Giorgio Gaber (il racconto della fabbrica dei termometri o della misurazione a scuola dell’”orgoglio maschio”, con conseguenti frustrazioni) ma, tutto sommato, anche gli stessi sono stati offerti con una comicità garbata e raffinata in coerenza con lo stile “gaberiano” e “iacchettiano”.

Del resto, la sensibilità di Iacchetti - che a differenza dei più non ha dimenticato le difficoltà iniziali - verso le opportunità di prova rivolte ad artisti più giovani e sconosciuti, l’ha portato a dare fattivamente il propio contributo a un piccolo teatro, sfruttando la sua popolarità, perché solo tenendo in vita le piccole realtà si può sperare in un confronto costruttivo e artisticamente vivo, smantellando il monopolio degli stabili e dando speranza anche a quei talenti senza “santi in paradiso”. Una bella lezione di solidarietà, dunque, per chi, invece, preferisce la strenua e sterile salvaguardia del proprio orticello.

Con il comico, sul palco, il pianista e arrangiatore Marcello Franzoso e il trio triestino Witz Orchestra, di cui è impossibile tacere la bravura della voce soprano. A lei, infatti, è stata interamente affidata l’originale interpretazione di Mamma, un brano classico anni quaranta di Cesare Bixio.

Iacchetti demolisce lo stile congenito del maestro del teatro/canzone, per offrirci un’angolazione meno nota e per innalzarlo, così facendo, a una materia mitica, mescolando il suo pensiero all’eco di altri autori - Zucchero, Iannacci, Jovanotti - ma anche farcendolo con accenni di sinfonia classica. Le sculture luminose di Lodola sono la divertente ciliegina sulla torta di uno spettacolo esilarante. Certamente la contaminatio non è una novità nella musica, come non lo è nel teatro o nel design, ma quella usata in questo spettacolo è molto rispettosa dello spirito di Gaber, pur riuscendo a far emergere di Iacchetti sia l’interprete, con le sue proprie specificità comiche, sia il cantante navigato, che ha mosso i suoi primi passi nella musica a partire dai nove anni di età.

In sintesi, il repertorio di Gaber rivisitato con gli occhi di chi l’ha conosciuto a fondo, per ricordarlo con una chiave di lettura leggera, aerea, così da farci toccare il suo pensiero profondamente umanistico e tendenzialmente anarchico, mondandolo di uno schieramento precostituito, al fine di percepirlo in modo personale e libero da una lettura già filtrata e indirizzata.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)