Cinema
Perfette “Apes” e zero “Revolution” nel seguito de
“Il pianeta delle scimmie”
di Giada Gentili
Il secondo capitolo de “Il pianeta delle scimmie” inizia con e da Cesare, la scimmia dall’intelligenza umana che 15 anni dopo la sua fuga dalla città (narrata nel primo film), è riuscita a permettere l’evoluzione dei suoi simili, fondando una vera e propria colonia di esseri primitivi nella foresta di sequoie a San Francisco. La città invece è diventata la New York di “Io sono leggenda”: deserta e inquieta in un mondo distrutto dal virus letale che ha lasciato pochi sopravvissuti, questo l’incipit di “Apes Revolution”.
La nuova pellicola delle saga tocca momenti di tensione notevoli: il pianosequenza di Malcolm (il protagonista Jason Clarke) che fugge dalle scimmie è da cardiopalma, l’espressività di Koba (la scimmia cattiva) perennemente in tensione da vita ad un personaggio (in)credibile e carico di cattiveria. Ma due ore e 10 sono troppe, non necessarie, e non hanno niente a che vedere con il vigore calibrato de “L’alba del pianeta delle Scimmie”, il primo capitolo uscito nel 2011 con James Franco (della durata di 105 minuti).
James Franco non manca solo a Cesare, ma anche allo spettatore: il pathos che si percepiva dalla loro amicizia, sulla falsa riga di E.T. ed Elliot, quasi da commozione, non si ritrova nel nuovo legame stabilito da Cesare con Malcolm. L’unione tra i due nasce, cresce e si evolve troppo in fretta, nonostante le due ore piene di film. Il finale è diluito in numerose scene che, seppur spettacolari, sono già viste (vedi la distruzione della biblioteca simil “Il cavaliere oscuro-Il ritorno”), molti concetti diventano didascalici (“Scimmia non uccide scimmia”, “Gli uomini sono cattivi”), e in definitiva il film ha preso più una piega retorica che antropologicamente fantascientifica.
Mancano dei veri personaggi, mossi da motivazioni che vadano al di là delle semplice sopravvivenza della specie: allo stesso Dreyfus, interpretato da Gary Oldman, sfuggono la giusta carica e il dovuto spessore. Gli effetti 3d rimangono comunque un piacere per gli occhi, le scene d’azione tra le scimmie sono costruite magistralmente e Matt Reeves, il regista del film, sa cosa fare con una telecamera in mano, e lo aveva ampiamente e genialmente dimostrato in “Cloverfield”. Perfette le “Apes” ma poca “Revolution” e per azzardare ad un terzo film (considerato il finale, a meno di un incasso a perdere, un seguito ci sarà) bisognerebbe porre attenzione anche sugli esseri umani, oltre che su quelli primitivi.