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Alberi monumentali e animali

Buccine – (Arezzo)

Leccio di Poggio Amaro

Questo albero monumentale davvero unico, deve la sua particolare
forma all’intervento dell’uomo che nel corso del tempo l’ha costretta
a svilupparsi in modo tale da favorire una vecchia pratica che farà inorridire gli animalisti ma che, dopo circa tre secoli di vita,
ha reso la pianta qualcosa di straordinario

di Federica Fasciolo




Bonobo
È un primate simile al più noto scimpanzé (Pan troglodytes) ma
molto più raro. Le stime sono scarse ma si parla di una
popolazione tra i 5.00 e i 10.000 esemplari viventi .
Tra tutte le scimmie antropomorfe è quella più simile all’uomo,
sia come aspetto, sia come comportamento, sia a livello genetico,
infatti condivide con l’uomo oltre il 98 % del proprio DNA.

Perché ho scelto di parlarvi del Bonobo?
Perché noi - che in questo mese siamo in vacanza,
vorremmo fare un po’ più i giocherelloni: scherzi con l’acqua e arrampicate sugli alberi
e i bonobo sono uno stimolo.
La specie è talmente interessante e curiosa tanto da essere presa ad
esempio come simbolo di pace e di amore, contro la guerra, da un
famoso gruppo rock italiano”I Caparezza” che in una canzone
dell’ultimo album (Bonobo power) li definiscono l’evoluzione
della specie umana

L’albero in questione è un esemplare di leccio che si trova nelle immediate vicinanze di Bucine, comune immerso nel verde della campagna aretina a ridosso delle colline del Chianti, e fin da piccolo è stato “plasmato” dalle genti del luogo per trasformarlo in un roccolo: un tipo di trappola per uccelli che, detta in due parole, consiste nel costruire una struttura costituita in genere da vegetazione (arbusti e/o alberi) e disposta di solito a semicerchio o a ferro di cavallo; sulla struttura vengono disposte delle reti in verticale a formare una vera e propria muraglia invalicabile all’interno della quale, tramite richiami o l’utilizzo di uccelli vivi, vengono attratti i malcapitati volatili che rimangono intrappolati tra le maglie della rete. La pratica è oggi vietatissima ma in passato aveva una sua giustificazione e era divenuta quasi un’arte: famosi sono i roccoli della valle di Scalve, tra le province di Bergamo e Brescia, di solito sono costituiti da dei boschetti debitamente coltivati nel corso del tempo.

   

Qualcosa di simile è stato fatto con il leccio di Poggio Amaro solo che al posto del boschetto qui è stato usato un solo albero, particolare rivelatore delle dimensioni della pianta. Il leccio, al quale si attribuiscono 300 anni circa di età, è infatti alto più di 12 metri, ha un fusto di 3,5 metri di diametro alla base e una chioma che copre qualcosa come 270 metri quadri! Per favorire la funzione di trappola il fusto è stato tenuto molto basso ma dal quale partono tre rami che sono stati nel tempo forzati a svilupparsi parallelamente al terreno e se da un lato hanno reso l’albero un esemplare possente dall’altro lo hanno reso squlibrato tanto da dover puntellare i rami principali per non farli stroncare in due sotto il loro peso.

Sotto l’enorme chioma l’albero ha in passato ospitato anche molte feste e sagre oltre e ancora oggi rappresenta un luogo di ritrovo favorito anche dalle panchine e dal tavolo in pietra che trovano spazio alla base della pianta: le foto che vedete sono state scattate in estate e posso assicurarvi che con il caldo che faceva la sua fitta ombra ha rappresentato qualcosa di salvifico…

L’albero è davvero molto bello e merita senz’altro una visita: si trova all’interno di una proprietà privata ma risulta accessibile, maggiori informazioni le trovate nella  scheda redatta dall’Arsia Toscana.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)