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Racconto

I dolori di Zippo

di Ruggero Scarponi

Zippo viveva in un garage da quando era nato. Non aveva certezze in merito, poiché non ricordava quasi nulla di quando era stato cucciolo, neanche chi fossero i suoi genitori. L’unica cosa che ricordava era la catena e la ciotola con il cibo. Riguardo alla catena che lo teneva legato a una colonna, non era sicuro se facesse parte del suo corpo oppure no. Gli sembrava di averla avuta addosso da sempre. Però non era buona, questo lo aveva sperimentato. La coda sì, invece, era buona, nonostante fosse una specie di catena, più breve, però, e che lui poteva manovrare a piacimento. La coda era buona. Per esempio gli permetteva di scacciare le mosche quando nella stagione calda e umida, nel garage l’aria era soffocante e i minuscoli insetti alati lo tormentavano senza tregua. Allora era sufficiente agitare la coda per scacciarli. Ma sulla catena, non aveva nessun potere. A volte si era sforzato, concentrandosi al massimo, di smuoverla oltre una certa distanza ma senza risultato. Dunque la catena era cattiva. Anche perché poteva procurare dolore in alcune circostanze. Non era come la coda che lo seguiva dovunque senza mai tirarlo violentemente. La catena, al contrario, bastava allontanarsi oltre certe mattonelle sul pavimento, che subito cominciava a tendersi per poi bloccarlo senza nessuna speranza di riuscire a divincolarsi. Qualche volta aveva tentato con la forza.

Specialmente di notte quando nel garage non c’era movimento e l’uomo che restava nella guardiola si metteva a russare. Aveva provato a raggiungere la distanza massima consentita là dove la catena si tendeva in tutta la sua lunghezza e poi facendo perno sulle zampe posteriori aveva cercato di continuare ad avanzare. Aveva provato più e più volte, ma senza risultato. E alla fine aveva dovuto astenersi, stremato e con la base del collo che sarebbe rimasta dolorante per alcuni giorni. La ciotola era buona. Tutto era buono della ciotola. Il suo colore, brillante, soprattutto quando in certe giornate, un po’ della luce del sole scendeva giù, nel garage fino alla sua cuccia e riempiva la ciotola di riflessi festosi. E il rumore che faceva quando gliela portavano piena di cibo. Un rumore sordo che stava a indicare una quantità abbondante. Zippo non era un cane filosofo, non aveva neanche una chiara percezione di se stesso, eppure, talvolta, mentre ingeriva avidamente succulenti bocconi di carne e riso, si lasciava andare a qualche brandello di riflessione. Per esempio, aveva provato a valutare, anche se in maniera puramente intuitiva, se ci fosse corrispondenza tra la catena e le razioni giornaliere di cibo. Queste riflessioni gli venivano spontanee. Lui stesso se ne meravigliava e a volte ne era anche infastidito. Pensare era un’attività faticosa e che gli procurava disagio... nella pancia… Sì, proprio nella pancia. All’improvviso sentiva uno strano spasmo.

   

Un’inquietudine. E questo non lo faceva stare per niente bene. E la cosa strana era che la spiacevole sensazione si localizzava là nello stesso posto dove scendeva il cibo da cui traeva un indubbio godimento. E le due cose erano contrastanti. Da perderci il sonno. Una volta questi pensieri cui non sapeva dare risposte, lo avevano agitato a tal punto che nel pieno della notte, senza volerlo, aveva cominciato a ululare. Solo così era riuscito a liberarsi da quella specie di male, quella solitudine, che l’opprimeva dentro e che non riusciva proprio a definire. Zippo in quelle circostanze sentiva di poter organizzare le immagini che gli si affollavano nella mente, almeno un poco. Ed era in grado di comprendere come il dolore potesse avere forme diverse. Non c’era solo quello fisico, come la catena che tira, le busse dell’uomo della guardiola, le punture degli insetti, il gelo del pavimento d’inverno e certi odori che producono le scatole metalliche degli uomini, che ti entrano nel naso e bruciano come un fuoco. E che comunque sono tutti dolori che provengono dall’esterno. Ci sono dolori interiori che sono molto più temibili perché non si riesce a individuarli, non si sa bene come combatterli, e che forse non sono nemmeno dei dolori ma delle vibrazioni, simili ai tremori per il freddo come se dentro la pancia si formasse del ghiaccio e non c’è calore che possa scioglierlo. Erano i momenti in cui Zippo sentiva nostalgia. E anche questo era un sentimento confuso attraverso il quale però gli sembrava di scorgere qualcosa di lontano, di antico.

Allora sdraiato a terra lasciava vagare lo sguardo per cominciare a sognare a occhi aperti. Solo così poteva intravedere qualcosa che gli comunicava calore e in più un altro strano sentimento simile a quando gli uomini gli passavano una carezza sulla testa. Ma a pensarci bene era una sensazione ancora più intensa. A volte in quella posizione si addormentava. Durante il sonno veniva scosso da tremiti, agitava le zampe ed emetteva brevi guaiti. Un giorno vide dentro una di quelle orribili scatole che utilizzano gli uomini, un cane, una femmina. Con sé aveva un cucciolo. Zippo sentì una fitta dentro e per un istante riuscì a organizzare delle immagini nella sua mente. Ricordare era molto complicato bisognava fare uno sforzo quasi fisico. Cominciò ad agitarsi e sentì l’esigenza di abbaiare ai due cani. Non voleva essere ostile, aveva solo bisogno di scaricare l’ansia che non capiva e che non riusciva a contenere. Un uomo gli urlò qualcosa, era molto arrabbiato. Zippo aveva imparato a sue spese che non doveva abbaiare dentro il garage se c’era l’uomo della guardiola. Poteva abbaiare solo se stava da solo o se entravano degli estranei di notte. S’accucciò timoroso, pronto a ripararsi nel caso fossero fioccate le busse. Se ne stette tutto il giorno disteso e triste. Durante la notte però si sentì meglio. Ricordò una dolcezza che gli riempiva il cuore e che lo faceva stare bene. Ricordò sua madre. Ricordare sua madre era cosa buona, specialmente di quando lo teneva tra le zampe e gli leccava la testa, e lui si sentiva sicuro e tutto gli appariva più bello. Decise tra sé che l’’avrebbe ricordata ogni volta che “dentro”si fosse sentito quello strano senso di freddo e di vuoto. Ora quando lo desiderava, riusciva persino a mettere in fila delle immagini nella sua testa, per ricordare cose piacevoli… e anche durante il giorno sarebbe stato bello addormentarsi con tutti quei ricordi invece che per la noia e la tristezza. Anche dormire – pensò - sarebbe stata una cosa buona.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)