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Economia

L’economia Italiana vacilla
sull’orlo di una crisi irreversibile

di Fiorenzo Grollino

Di questi tempi, con una maggioranza di larghe intese per nulla affidabile vuoi perché il Pdl è troppo Berlusconi-dipendente alle prese con i suoi guai giudiziari e con la procedura di decadenza da senatore davanti ad una commissione che non è disposta a fare sconti, e nel tentativo di salvarsi, potrebbe puntare alla crisi di governo; vuoi perché il PD ormai frammentato in correnti tra loro in lotta non è certamente nella condizione di sostenere compatto il premier Enrico Letta, che è stata una scelta più di Giorgio Napolitano che del suo partito di appartenenza.

Il Governo, quindi, vive in una situazione di equilibrio instabile, più che di prospettive per il suo futuro.

      

L’Italia, da poco uscita dalla procedura di inflazione per deficit eccessivo, rischia ora di ricaderci, perché l’obbiettivo di chiudere i conti pubblici del 2013, con un disavanzo sotto il fatidico 3% appare quanto mai problematico. La questione non è di lieve momento, non solo perché la riconquistata reputazione di serietà del paese sarebbe vanificata, ma anche perché c’è in ballo una cospicua dote di molti miliardi di euro (circa una dozzina ) che potrebbero essere investiti nel 2014 a condizione che non si verifichi lo sforamento del 3%. Il che significa: o si chiude il 2013 rispettando le regole europee oppure la speranza di un rilancio dell’economia nel 2014 risulterà gravemente compromessa.

Il governo di Enrico Letta ostenta un certo ottimismo, ma il compito che attende il premier non è facile.

I conti pubblici, infatti, non tornano in ordine a diverse poste: a cominciare dalla prevista contrazione del PIL all’1,3% mentre a consuntivo adesso si stima circa l’1,8%, mezzo punto in più con effetti negativi sul gettito. C’è la spesa per interessi sul debito, per la quale il calo del differenziale con i bund tedeschi non deve ingannare, perché sui titoli del tesoro si pagano rendimenti superiori a quelli della scorsa primavera. Pesa, infine, e non poco, la scelta di rinunciare agli incassi dell’Imu sulla prima casa, costata 4 miliardi di euro.

      

E non finisce qui, perché per l’intenzione di cancellare l’aumento dal 21 al 22% dello scaglione iva, nonché per l’esigenza indifferibile di rifinanziare la cassa integrazione occorrono altri soldi. “Il sole 24 ore” ha fatto un po’ di conti ed ha calcolato che il governo deve trovare entro fine anno 6 miliardi di euro. Una stima che ci sta tutta e mette in evidenza due punti : il primo è la faciloneria con cui si è cancellata la prima rata dell’Imu per soddisfare la demagogia berlusconiana, il secondo è che per riaggiustare i conti si dovrebbe quantomeno ripristinare la rata dell’Imu di dicembre.

In presenza di questa preoccupante situazione finanziaria, il governo, per bloccare l’iva 2013 e riportare il deficit sotto il tetto del 3%, deve tentare una manovra da mettere in campo entro la corrente settimana, ricorrendo alla vendita di immobili, a tagli delle spese dei ministeri, all’aumento degli acconti irpef e alle accise.

Certamente dire che il governo è con l’acqua alla gola è poco, perché la maggioranza delle larghe intese, in particolare il Pdl, non ha ancora capito che senza risorse è impossibile cancellare entrate indispensabili alla sopravvivenza del governo stesso.

         

Il presidente Napolitano si è reso conto che il governo è in difficoltà ed ha organizzato consultazioni informali, dopo aver chiamato ieri Angelino Alfano, Dario Franceschini e Guglielmo Epifani, per rinsaldare la maggioranza ed avere assicurazioni sul cammino del decreto per la correzione dei conti pubblici. In questa riunione informale, sarebbe opportuno che i partecipanti non si lascino sfuggire l’occasione di un esame del “rapporto sulla competitività” che la Commissione europea presenterà oggi 25 settembre ad opera del Commissario all’industria Antonio Tajani. Dal rapporto emerge un quadro desolante dell’Italia che risulta essere il Paese europeo che perde produttività, essendo entrato ormai da tempo in una fase di rapida deindustrializzazione. In esso appare che la stessa Grecia fa meglio dell’Italia, mentre la Spagna ci ha già superato da qualche anno.

L’Italia risulta essere la cenerentola d’Europa, in quanto “sta attraversando una vera deindustrializzazione, corroborata dal fatto che dal 2007 in poi l’indice della produzione industriale ha perso venti punti percentuali”, come si legge nello stesso rapporto. Le imprese italiane hanno perso ogni competitività rispetto alle concorrenti degli altri Paesi europei. Le cause di questo disastro, secondo il citato rapporto, sono: l’eccesso di una burocrazia inefficiente, la scarsa spesa in ricerca ed innovazione e la difficoltà di accedere al credito bancario, nonché l’altissimo costo dell’energia che è il più alto dell’Unione. Così l’Azienda Italia è destinata ad uscire dall’Europa.

      

Essendo questa la fotografia dell’Azienda Italia, che non crediamo possa essere messo in discussione, essa, se non cambia rotta, non trarrà vantaggi dalla globalizzazione, saranno ben pochi quelli che investiranno, pur avendo un “made in Italy” di tutto rispetto (moda, beni strumentali, robotica, agroalimentari), non avendo alcuna attrattiva nei confronti degli investitori esteri, che si tengono lontani dal nostro Paese per tre motivi: sistema giudiziario; pubblica amministrazione inefficiente e burocraticizzata; sistema fiscale esoso e persecutore.

Ora, è bene che i partecipanti alla citata riunione facciano anche una riflessione sui motivi per cui il nostro paese non cresce, mentre il governo dovrebbe indirizzare la propria azione verso la crescita.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)