Poesia
La zucca rapita
di Antonio Bruni
Sbocciata al di fuori di rete
in cerca di libero spazio
(perché non ama il recinto?)
la forma bizzarra e creativa
diversa dalle sue sorelle
sviluppa volume e colore
si offre ma insipida e acerba
dovrebbe crescere al sole
notturna una mano la ruba
Liturgia del silenzio
di Alessandro Gentili
Vuoto, attimo che il nulla serba
nel giorno che si scioglie questo Tempo,
attimo eterno d’un filo d’erba
onde per cui acqua fu Lavacro e Scempio –
Pena che s’attarda sulla mia strada,
sasso che prolunga l’angolo
e il passo freme come chi bada
a tenersi in veglia, raccolto, come Angelo –
Tutto lasciamo dentro lo specchio,
un debole respiro che appanna il vetro,
un debole vagito subito vecchio.
Si procede innanzi e poi si esce dal retro.
Ora che sepolto hai il brindisi del mare,
tu cerchi l’eco del frenetico Lete:
sol che la fiamma è solo un divampare
e il Verbo che disvela per ora è la tua Sete –
Non sfuggi, ovunque e teso, al raccolto
Che conchiude: La scia ad altri l’apertura
Della stagione estiva. Mai così folto
Fu l’attimo della chiusura –
Fuggono le mura antiche, amico
Che mai trovasti la guida
Per le nascenti risa: ora un nemico
Giù per la boscaglia ora un Giuda
Di marmo, una bestemmia una preghiera
Che urla. Ora dimmi: è già sera?
Trovai un’iscrizione su quelle mura:
“Divino l’attimo e sei già Eterno.
Così non troverai malattia salute o cura”
Mi chiedi: è già inverno? Rispondo: ancora non discerno.
Lì non v’é spazio o rovina.
Solo un’ombra un tramonto una china –
È l’uomo che al Divino s’inchina-
Così... così e così...
di Bruno Nencioni
Con la penna in mano
mi perdo nel giardino a posteriori
delle vecchie tane piene di fantasmi,
dove soffri di stanchezza
e ti abbandoni a guardare
dalla finestra della grande casa di campagna.
Tutto è un umido sorridere ma
piano, piano, senza disturbare,
come il ragno che scende
lungo il filo dal soffitto
e cerca nuovo appiglio per la ragnatela,
e così scrivo, scrivo,
sopra un rigo d'erba.
Canto d’amore
di Elisa Carrafiello
Risalta il cielo,
nubi di contrasto.
In fondo al borgo
si apre un varco.
È un piccolo porto,
clamore d'inverno.
Lui vedo in ombra,
onda di tristezza;
Lontano, ignoto
come un segreto stanco.
Cantano madri,
vuota è la mia mano.
Cantano poeti
segreti lontani.
Nenia d'amore, nenia
di dolore;
che tutto intorno a lui
era già arcano
e ancor ricordo,
ancor più strano.
Sogno d'estate,
sogno di giovinezza,
chi mai ti inseguì
con avida gioia?
Tutta ha un suo posto
e se la mia voce è stanca
amore canta,
amore mio incanta.
Sorpresi
di Francesco Mammana
Sorpresi
a evitare meteoriti
con abili giochi del corpo
traditi
da una stella cometa
che ci ha lasciati
sospesi
aggrappati soltanto a noi stessi
mai sconfitti e
protesi
a cercare in altri universi
la certezza assoluta di un Dio
amico che ci chieda consigli
per poi svelarci il mistero
confuso
dell’esistenza di un unico Nord