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racconto

Suwarrow dei desideri

di Ruggero Scarponi

Ed ecco Suwarrow, finalmente. Un punto minuscolo contornato dalla barriera corallina. Così appare sulla pagina dell’Atlante nel mezzo dell’Oceano Pacifico. Si tratta di un atollo, per la verità, di circa cinquanta miglia di circonferenza, scoperto nel 1814 da una nave russa, la Suwarrow, per l’appunto, lontano da tutte le rotte commerciali e disseminato da una dozzina di isolette ricoperte per intero da arbusti e palme da cocco. La più grande è Anchorage, lunga poco più di ottocento metri e larga duecentocinquanta, è l’isola dei desideri, come il titolo di un libro scritto tanti anni fa da un romantico navigatore inglese che vi dimorò alcuni mesi. Vi si respira il fascino dell’isola deserta, della natura incontaminata. Alcuni hanno provato a viverci da soli, pochi sono riusciti nell’impresa, anzi a quanto ne sappia io, uno solo: Tom Neale, un neozelandese di cinquant’anni.

Da solo su un’isola deserta è il titolo del libro scritto da Tom e che racconta l’esperienza da lui vissuta a più riprese dal 1952 al 1963. Ci vuole una tempra speciale per improvvisarsi novello Robinson. Tagliare i ponti con la civiltà e chiudersi in un piccolo universo senza radio, telefono o altri strumenti sofisticati messi a disposizione dell’uomo dal progresso tecnologico. Ci vuole un equilibrio e una saldezza interiore non comuni. Eppure il mito di una vita solitaria su un’isola deserta continua a solleticare la fantasia di tanti uomini e donne. Basterebbe il successo del libro scritto da Tom a certificarlo. Ma non solo. Ogni anno velisti di tutto il mondo programmano una crociera a Suwarrow per provare l’emozione di visitare i luoghi su cui il vecchio Tom ha vissuto in completa solitudine dimostrando come sia possibile un ritorno alla natura e nella natura. Scorrendo le avvincenti pagine del libro si resta colpiti dalla lucidità dell’autore. Mai che sottovaluti l’impresa. Soffre, vive momenti di ansia, forse di angoscia ma sempre con un’idea chiara in testa, vivere la vita come un’avventura del corpo e dello spirito. Da solo su un’isola deserta è la concreta realizzazione di una metafora della vita. Questo Tom non lo ha mai detto. Anzi in tutto il libro non spiega mai la ragione della sua scelta così radicale. Lascia al lettore di darne l’interpretazione che preferisce. Ma a leggere e rileggere quelle pagine apparentemente semplici, pagine di diario, in realtà vero e proprio trattato di filosofia, si capisce come l’isola deserta possa ben trovarsi dentro ognuno di noi. Quando affrontiamo un esame, per esempio o una malattia, un viaggio... Allora è come se facessimo scalo a Suwarrow, per provare a cavarcela da soli, davvero.

   

Comunque Suwarrow è incantevole. E questo basterebbe a spiegare il desiderio di andarci a trascorrere un periodo in solitudine. Splendide le pagine in cui Tom descrive l’appressarsi della sera sulla laguna, in riposo, dopo una dura giornata di lavoro. Seduto sulla spiaggia bianca, sotto le palme che formano una specie di volta vegetale, mentre la grande distesa d’acqua appare immobile fino alla barriera corallina appena rivelata da una spumetta effervescente dovuta al frangersi delle onde sui coralli sommersi.

Sembra di vederlo, perso con lo sguardo sull’orizzonte, in un perfetto equilibrio con la natura, con in mano una tazza di tè caldo e i due fedeli gatti, a fare le fusa sulle ginocchia. E intorno il silenzio. Oltre duecento miglia di silenzio, fino alla più vicina isola abitata.

Tom è un uomo comune. A parte la ferrea volontà, non ha nessuna particolare specializzazione che lo abiliti alla vita solitaria. Ha gestito spacci commerciali prima di partire per Suwarrow.

La sua abilità nel trovare le soluzioni ai problemi di sopravvivenza deriva esclusivamente dalla ferma determinazione di portare a compimento il suo progetto.

Con il lettore è sempre sincero, non bara, non nasconde il turbine delle emozioni. Confessa senza falsi pudori il vago stato di angoscia che lo prende all’inizio della sua avventura appena sbarcato su Anchorage. O al momento dei saluti dopo aver ricevuto qualche visita di amici o di curiosi che sono andati a vedere come fa a vivere in solitudine.

Per fortuna è uno pratico, che sa adattarsi e infatti riesce a trasformare l’isola in un rifugio accogliente, a cominciare dalla baracchetta, eredità di qualche predecessore, mezzo diroccata e in stato di completo abbandono e che renderà capace di resistere perfino a un tifone tropicale.

La vita sull’isola deserta si rivela ricca di episodi di tutti i generi che il vecchio Tom appunta diligentemente sul suo diario. Dalla pesca con l’arpione nelle basse acque della laguna a quando scampa fortunosamente a un attacco di squali, dall’epica ricostruzione di un molo per l’approdo delle imbarcazioni con blocchi di corallo recuperati qua e là per l’isola, alla curiosa amicizia con un’anitra selvatica dal carattere piuttosto scontroso.

E ancora, quando è costretto a eliminare uno a uno i cinghiali, cinque per l’esattezza, che infestano la piccola isola, responsabili delle devastazioni del suo prezioso orto. Come un guerriero primitivo li abbatte a colpi di lancia, calando su di essi dai rami di un albero.

Oppure quando riesce ad attirare i polli selvatici nel suo pollaio, appena costruito, in modo da assicurarsi una riserva di uova per la colazione e uno stufato di pollo alla domenica.

Ad Anchorage Tom si ciba prevalentemente di cocco e pesce, di banane, del prezioso uto, una polpa estratta dal germoglio delle noci di cocco, degli ortaggi che coltiva con pazienza certosina, difendendoli strenuamente dagli attacchi dei terribili paguri, i coconut crab che di notte risalgono dalla laguna per divorare ogni prodotto commestibile. I frutti del prezioso orto dicevo e che in mancanza di insetti impollinatori (su Anchorage non ci sono api, ma nemmeno mosche e zanzare!) provvede egli stesso a inseminare mettendo a contatto i fiori fra di loro per favorire il processo naturale.

Il vecchio Tom vive e affronta giorno dopo giorno quello che la vita selvaggia e solitaria gli manda. E impara un po’ alla volta a procurarsi solo il necessario per vivere. Ogni mattina al sorgere del sole la bellezza incontaminata dell’atollo lo colma di gioia. I pesci multicolori pullulano nelle pozze tra i coralli della laguna e stormi di fregate e rondinelle di mare si alzano in volo disegnando nel cielo complicate geometrie. Tutto sembra muoversi secondo precisi ritmi ancestrali. Saper cogliere la bellezza del creato è un dono che Tom sa apprezzare come pochi. E questo può bastare.

Tuttavia Tom è uomo concreto, capace di comprendere quando sia arrivato il momento di lasciare il suo paradiso terrestre. L’avanzare degli anni, un po’ alla volta, lo priva delle forze necessarie per continuare a vivere da solo sull’isola deserta. Un giorno, un banalissimo colpo della strega, lo immobilizza nel suo lettuccio. Rischierà di morire d’inedia essendo incapace di alzarsi persino per nutrirsi. Lo salvano degli occasionali visitatori, capitati da quelle parti come fossero usciti fuori da un romanzo di Conrad. Ma l’avvertimento è chiaro, è il momento di lasciare. In realtà Tom dopo essersi curato non riuscirà a troncare di netto il suo amore per Suwarrow. Vi tornerà ancora per soggiornarvi lungamente, sebbene con la cautela di portare con sé degli antidolorifici di scorta. Poi, però, l’arrivo sull’isola di alcuni simpatici ma chiassosi pescatori di perle, determinerà la fine dell’incanto, del sogno, come dice lo stesso Tom convincendolo a chiudere con la sua straordinaria avventura avendo dimostrato al mondo intero come sia possibile vivere da soli su un’isola deserta ed essere felici.

Disegno dell’autore



Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)