Fotografia
Triennale di Milano, Milano
“To Face”
Le fotografie di Paola De Pietri in “To face” mostrano un paesaggio naturale che nulla ha a che vedere con la rappresentazione della montagna consolidata nell'immaginario del turismo, fondato sulla magnificenza e sulla meraviglia.
Il Museo di Fotografia Contemporanea presenta una selezione di opere dalla serie "To Face", lavoro fotografico che Paola De Pietri ha realizzato lungo il fronte italo-austriaco della Prima Guerra Mondiale tra il 2009 e il 2011 e che indaga il lento mutamento del paesaggio di montagna segnato dai bombardamenti, dalle trincee, dai residui della guerra.
Dove un secolo fa c’era la guerra, ora c’è la natura; i segni che quella ha lasciato sono confusi nella pietra della montagna o nell’erba che tutto ricopre. Solo esili indizi possono ricondurci alla complessità e alla durezza degli eventi, ora nascosti sotto il paesaggio naturale. Anche se in alcune immagini è possibile riconoscere ciò che resta di una trincea, Paola De Pietri ha fotografato ciò che non c’è più: la sua fotografia è dunque soprattutto pensiero, memoria, è ricerca della storia degli uomini nelle tracce materiali del paesaggio.
L’artista ha osservato il silenzioso lavoro della natura che si riappropria lentamente di luoghi modificati dalla storia degli uomini. Le immagini mostrano una quotidianità del paesaggio naturale che nulla ha a che vedere con la rappresentazione della montagna consolidata nell’immaginario del turismo, fondato sulla magnificenza e sulla meraviglia.
Con il suo consueto rigore e il suo elegante approccio concettuale, Paola De Pietri evita sapientemente il rischio e l’inganno della bellezza del paesaggio, dei colori saturi e brillanti, delle luci attraenti nella loro straordinarietà, scegliendo invece un tipo di fotografia dai toni smorzati, sottilmente e dolcemente documentaria, antispettacolare. Il grande formato delle opere (130 x160 cm) aiuta l’osservatore a entrare nell’ampiezza dei paesaggi e a vivere una dimensione spazio-temporale sospesa.
Il progetto ha vinto il prestigioso Renger Patzsch Award 2009, istituito dal Folkwang Museum di Essen e sostenuto dalla Dietrich Oppenberg Stiftung, ed è pubblicato nella sua interezza in un volume edito dall’editore tedesco Steidl. La mostra è stata presentata anche al MAXXI di Roma nella primavera scorsa.