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Cinema

Viva la libertà

Il cinema e il suo doppio

di Luigi Capano

...Certo se Bersani ciaveva er gemello... sono appena uscito dall’Eurcine dove proiettano Viva la libertà di Roberto Andò - protagonista Toni Servillo, tra gli attori più validi nel panorama cinematografico italiano - mentre mi giunge questa pasquinata dolceamara di uno dei numerosi spettatori; e mi sento improvvisamente distratto dall’illusione incantata della sala.

   

Il riferimento sconsolato dell’anonimo pasquino all’esito delle recenti elezioni mi catapulta in uno di quei grandi viali dell’Eur postbellico desolatamente affollati, con l’effetto di una fanciullesca secchiata di acqua gelida su un sogno a occhi aperti. Roberto Andò è un consumato regista di teatro nonché autore del romanzo Il trono vuoto, da cui ha tratto questa ben riuscita versione cinematografica che tratteggia una impietosa favola sul mondo ambiguo della politica.

Il segretario di un grande partito – si tratta chiaramente del PCI o di una delle sue successive declinazioni (il ritratto di Berlinguer sulla parete dell’ufficio non lascia dubbi interpretativi), preso a simbolo del partito leviatanico, divoratore implacabile della res publica - il segretario di un grande partito, dunque, è fortemente contestato in una pubblica assemblea e decide di scomparire dalla scena politica.

Viene rimpiazzato – grazie ad una straordinaria somiglianza - dal suo fratello gemello, un filosofo geniale affetto da disturbi psichici che, grazie alla sua spontanea e vivace intelligenza, risolleva le sorti del partito riscuotendo inaspettati consensi.
Fino a giungere all’enigmatico e misterioso finale.

Straordinaria la doppia interpretazione di Toni Servillo che offusca i pur bravi Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon e Anna Bonaiuto (si segnala, inoltre, la partecipazione straordinaria di Gianrico Tedeschi, vecchia gloria del teatro e del cinema italiano).

   

Il tema del doppio in letteratura è antichissimo: per scovarne le origini bisogna risalire almeno fino a Plauto e ad Ovidio.

Ma è un archetipo sempre potente, che resiste ai secoli e ai millenni assumendo forme sempre nuove. Perché rimanda al mistero dell’esistenza, all’intricato regno della dualità con le sue diadi primordiali: nascita e morte; maschile e femminile.

Si potrebbe pensare- inseguendo una suggestione hegeliana - ad una dialettica dei contrari non fine a se stessa, ma protesa verso una superiore sintesi.

Anche se in Hegel il processo dialettico sembra svolgersi con la regolarità del meccanismo, cui difficilmente soggiace ciò che possiede vita.

Queste filosofiche considerazioni ci conducono dritto all’inaspettato quanto sconcertante finale del film. In questa ottica, la confusa contesa democratica tra maggioranza e opposizione, così come l’omnipervadente gioco del calcio, sembrano alludere più ad una necessità metafisica che ad un espediente sociale.

E sfogliando il grande libro della storia apprendiamo come anticamente il monarca, ospitasse presso di sé il buffone di corte, quel singolare doppio che, a testa in giù, sbeffeggiava il mondo da una prospettiva specularmente capovolta.

   


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)