Teatro
Teatro Argo studio - Roma
La solitudine
del Maratoneta
di Alan Sillitoe
adattamento e regia di Nicola Pistoia
con Alfredo Angelici Dimitri Urbano Antonella Civale
versione in lingua inglese Denise Mc Nee
Esistono storie che non hanno tempo. Né luogo.
La solitudine del maratoneta è una di queste.
Sillitoe la scrive nel 1959, in Inghilterra, nel pieno della rabbia della classe operaia.
Egli stesso proviene dalla working class. Ed è un Giovane Arrabbiato, anche se la definizione non gli piace.
Contro una vita che sembra non dare scelta, contro le classi ‘sovrane’ che schiacciano tutto e tutti, contro la povertà, la malattia, la morte a cui la classe a cui appartiene sembra essere destinata.
Contro le regole imposte. Ma per la Libertà.
E il protagonista del romanzo trova la sua libertà attraverso la corsa.
Attraverso quel particolare tipo di solitudine intensa, paradossalmente comunicativa, in cui i pensieri scorrono a fiumi e ci si ri/conosce, in cui ci si sente unici ma non isolati.
Quella solitudine che solo in alcuni speciali attimi del correre si scopre.
E, chi corre lo sa, si predilige.
E oggi?
Oggi la scelta di metterlo in scena parte anche dal riconoscersi dell’attore in quella storia.
Nicola Pistoia, che ne firma la regia, ha trovato in Alfredo Angelici l’interprete ideale.
Insieme hanno curato l’adattamento di un testo che entrambi hanno ‘sposato’.
Angelici ama la corsa, ha praticato per anni la maratona, non poteva che riconoscersi nelle emozioni e sensazioni del protagonista.
Nella corsa, dice,‘ si trova la giusta misura, il momento per stare con se stessi, la libertà nella solitudine, il tempo fuori dal tempo’.
Oggi essere Arrabbiati significa essere consapevoli di un fuoco che brucia, ascoltare la propria passione, un motore che se riconosciuto porta al cambiamento. Non si parla più di classe operaia, ma della totalità della popolazione. Il tempo della consapevolezza e dell’impegno non è terminato. Quello dello spaesamento e dell'indifferenza sì.
“È quando ti sei fermato che cominci veramente a correre” dice il protagonista.
La proposta è proprio questa: fermarsi, riflettere sul senso del cammino, scegliere se e come partecipare e solo dopo, ricominciare a correre. Verso l’unica possibile onestà: quella con se stessi.
Sinossi
"La solitudine del maratoneta" è un breve romanzo di Alan Sillitoe pubblicato nel 1959 e da cui Nicola Pistoia ha elaborato l'adattamento teatrale. Dal romanzo fu tratto il famoso film "Gioventù, amore e rabbia" di Tony Richardson.
Un giovane è recluso in un istituto. Quel giovane ha un talento per la corsa. Un talento allenato soprattutto durante le numerose fughe effettuate dopo aver commesso reati. Ogni mattina si allena per vincere una prestigiosa maratona, cui parteciperanno atleti-detenuti provenienti da tutte le carceri .
Questa sua attitudine alla corsa, lo porta a trovarsi in una condizione privilegiata rispetto agli altri reclusi. Ha la possibilità di uscire dall’istituto ogni mattina per allenarsi e preparare la gara. E quando è fuori, respira.
Il direttore del riformatorio crede in lui, ed è convinto che vincerà. Lo tratta come un cavallo di razza, gli prospetta una vita da libero ed onesto, gli promette che, una volta uscito, lo aiuterà a diventare un maratoneta professionista.
Ma ad un certo punto, nel cuore del protagonista, c'è un corto circuito: un pensiero di libertà espresso durante i suoi lunghi e solitari allenamenti.
Note di Regia
Il maratoneta è solo, sempre. Come lo siamo tutti noi il mattino che ci svegliamo per andare a lavorare. In auto, in metro, sullo scooter, in bicicletta, siamo soli quando andiamo a lavorare.E ci troviamo a pensare, a quello che siamo, a quello che ci fanno fare, a quello che ci fanno comprare, desiderare. Ma noi quando siamo soli non si pensa a tutto ciò perché se fosse così allora si dovrebbe prendere coscienza, che quello per cui si vive è sbagliato, è amorale. Quello che noi subiamo da quando ci svegliamo a quando torniamo a dormire non è vita. E il maratoneta nella sua solitudine è ognuno di noi che vuole riscattare la propria libertà, coscienza, morale.Correre per tornare a scegliere per tornare a vivere. La corsa è la nostra ribellione, il nostro riscatto personale di dignità per dire ai grandi, alle banche, ai mercati, ai politici, alle mafie, alle droghe, alle guerre, al petrolio, al business, a tutti “non sarò mai come mi volete voi”. Correre senza nessun traguardo da tagliare per non tradirsi per non essere più alla mercè del potere. (Nicola Pistoia)
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