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Teatro

“Je ne regrette rien” secondo Franca Valeri

di Margherita Lamesta

Le risposte di una grande artista alle molteplici domande sul teatro oggi.

Si è concluso a Roma presso Santa Maria in Montesanto - meglio conosciuta come la Chiesa degli artisti - un ciclo di incontri, dal titolo Frammenti di bellezza, che ha interessato varie angolazioni dell’arte: arti figurative, musica, architettura, danza, letteratura e teatro. Sei incontri per una riflessione approfondita su sei ambiti artistici, che il Vicariato di Roma ha curato, concludendo proprio col teatro. Per ognuno di questi appuntamenti, si è fatto riferimento ad un esponente d’eccezione e, nel caso del teatro, la scelta è ricaduta su una delle attrici italiane più singolari e raffinate: la signora Franca Valeri.

Quanto conta il teatro, oggi? Quanto è diversa la concorrenza? Perché al teatro si toglie sempre più il suo valore di aggregazione – si va a teatro? Cosa sono lo scopo e la speranza per un attore o per un artista? È difficile dare risposte esaustive a queste domande di natura quasi esistenziale ma, con l’aiuto di un’attrice dalla lunghissima carriera e dall’altrettanto ragguardevole esperienza di vita, il giornalista Brunori ha cercato di sviluppare degli spunti di riflessione.

   

Testimone di un percorso artistico di calibro difficilmente raggiungibile, la signora Valeri ha esposto la sua senza riserve, con la stessa spontaneità elegante con cui, nel corso del suo lavoro, ha caratterizzato i suoi personaggi. Negli anni 50, l’Italia vantava molti talenti artistici all’interno della performance ma Franca Valeri si è particolarmente distinta fra tutti, per aver portato alla ribalta un tipo d’attrice originale e nuovo. L’ironia, su cui ha poggiato tutta una carriera, scaturiva già dai testi che lei stessa assieme a due amici, Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci, scriveva, dando vita insieme al trio dei Gobbi. I tre giovani autori-attori, già nel ‘50 ebbero vita dura in patria, preferendole i teatri parigini, dove trovarono spazio più benevolo. Insomma, un’attrice di testi propri stagliati su se stessa, secondo la nota della commedia, che ben si accostava a quella più smaccatamente comica degli altri due amici-colleghi.

Un inizio senza ostacoli, dunque, e, come ogni vocazione che si rispetti, la signora Valeri non ha fatto mistero della sua predisposizione all’osservazione del mondo circostante né del suo gusto per la stessa, al fine d’individuare facilmente i tipi di cui scrivere prima e da interpretare poi. Erano altri tempi, gli anni 50-60 e, avendo individuato per sé un tipo d’attrice così particolare, non si è dovuta scontrare con le difficoltà peculiari del lavoro attoriale di oggi. La concorrenza, ora, è molto più spietata e man mano che la storia dell’uomo va avanti, aggiungo, il “già detto” e il “già sperimentato” si amplia sempre più, rendendo man mano più complesso individuare originalità e novità. Quel che resta immutato è invece, secondo la grande caratterista, il coraggio di essere se stessi e di esporsi e lottare per questo, ammesso che ciò interessi interlocutori sempre più assuefatti e assopiti. Quel che conta, in sintesi, è rieducare all’ascolto e all’analisi più profonda, dunque.

   

Del resto, nonostante queste difficoltà, il teatro nasce e resiste agli strali del tempo: basti pensare al fatto che ogni città, anche piccola, ha un teatro – continua Franca Valeri – questo perché non si è mai potuto e non si può mettere a tacere il valore della parola, l’importanza della divulgazione e della riflessione. Sono punti nodali che hanno sempre resistito ai tempi, maggiormente laddove e quando questi sono stati più ostici e più propensi a soffocare il diritto di parola, perché il teatro stesso nasce per il bisogno di andare controcorrente e di esporre qualcosa di inconsueto, qualcosa che non si può dire apertamente. È nel conflitto, nella rivelazione di qualcosa d’altro che risiede il valore del teatro, in fondo, e questo è un bisogno che non potrà mai morire, perché fa parte della natura dell’uomo!

Tornando, perciò, alla particolarità dell’arte teatrale di Franca Valeri, per ironia della sorte, l’esercizio di un’osservazione della realtà presenterebbe oggi anche più frecce al proprio arco, perché la società diventa sempre più comica, conclude l’acuta signora.

Resta in lei, comunque, nonostante tutto, la speranza della donna di fede, della grande attrice, che ha vissuto la sua arte e la sua vocazione all’insegna dell’eleganza e senza mai soffermarsi sul rimpianto. Ciò che non si è fatto non si doveva fare, perciò è inutile piangersi addosso, sprecando così un’energia essenziale per un rialzo intelligente ed un rilancio dell’arte, del talento, della classe, dell’ironia. Resta, dunque, una grande lezione di vita per noi giovani, perché sempre gli attori hanno avuto vita difficile. Si è passati dalle sepolture in terre sconsacrate alla bolla di donne di malaffare, mi sento di sottolineare. Insomma, un mestiere, quello dell’attore, mai riconosciuto, mai apprezzato, mai meritevole di un suo albo professionale, come accade per ogni altra professione. Eppure il valore sociale dell’attore è innegabile. Non resta che stringere i denti ed andare avanti, dunque, prendendo spunto dalla lezione di speranza e di originalità di una grande attrice come Franca Valeri, perché senza uno scopo, un votarsi a tutto per uno scopo, non c’è passione che possa essere chiamata tale!

...parola di Franca Valeri.


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