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Arte

Palazzo Sciarra - Roma

Il “teatro della memoria” di Louis Nevelson

di Margherita Lamesta

Presso Palazzo Sciarra, il prof Emanuele ha fatto allestire una mostra d’arte contemporanea americana (aperta al pubblico fino al 21 luglio), curata da Bruno Corà: un’artista donna, Louis Nevelson, che assieme a Georgia O’keeffe si è imposta all’attenzione di tutto il mondo, compresa la vecchia Europa, regina per secoli di tutte la arti.

La raffinata propensione del prof Emanuele, per quelle personalità artistiche meno note ai più e assolutamente interessanti per la loro singolare biografia umana prima che artistica, fa degli spazi da lui diretti uno dei fiori all’occhiello della capitale.

Nevelson – come molti celebri artisti americani anche di altre arti: Chaplin, Wilder, ecc. - comunque, l’Europa ce l’aveva nel sangue. Leah Berliawsky nacque vicino Kiev, in Ucraina, nel 1899, per diventare statunitense d’adozione già nel 1905 e newyorkese dal 1920, fino alla conclusione della sua vita, nel 1988. Quel che più attrae di questa donna - che non ha mai voluto sentirsi femminista, preferendo ad ogni costo la gonna al pantalone - è la lucida differenza, perentoriamente da lei professata tra un credo artistico al maschile e uno diversissimo al femminile. La donna conserva e rivela una particolarità verso le sfumature che è del tutto assente nell’uomo - riteneva l’artista Nevelson - così come il suo essere multitasks per natura, rendono la donna più propensa al valore e all’assemblaggio della memoria, sarebbe da aggiungere.

(Louise Nevelson, Ancient Secrets II, 1964, Legno dipinto nero,
Courtesy Fondazione Marconi, Milano)

La migrazione presente nella vita di Louis Nevelson, e in quella genetica di tutto il popolo ebraico, sviluppò in lei il bisogno di esprimere una memoria collettiva e cromosomica nella sua arte, attraverso cui poter trasmettere anche un sentimento di pietas e un desiderio di restituire nuovo vigore a quel che è immerso nell’oblio. Legno, tattistone, alluminio, nero, oro, bianco sono i materiali e i colori usati dalla Nevelson nel corso della sua vita, tutti scanditi dal tempo e dal significato che lei dava a quel materiale e a quel colore, in un preciso momento della sua esistenza. Ossessionata da una quarta dimensione che, a suo avviso, solo Picasso è riuscito a definire con il cubismo, Nevelson traspose i suoi nudi in una quarta dimensione scultorea, non casualmente nera, memore della lezione del disegno e carica dello sgomento di una crisi matrimoniale in corso.

Per lei la materia aveva bisogno di essere trasformata con la “pietra filosofale” del pensiero, traducendola in una forma d’arte la quale, secondo un’aura sciamanica tipica dell’artista, qualificasse meglio la vita e lo spirito dell’uomo.

   

(Louise Nevelson, Dawnʼs Host, 1959, Legno dipinto bianco
Collezione Privata, Courtesy Fondazione Marconi, Milano)

(Louise Nevelson, Untitled, 1980 circa, Legno dipinto nero
Collezione Privata, Courtesy Fondazione Marconi, Milano)

Uno degli esempi più forti in questa direzione è dato dal suo ciclo di Arte Maya del 1980, presenti in mostra. Si tratta di sculture evocative, dove l’ombra diventa identità volumetrica, rievocando chiaramente delle colonne totemiche. Questa specie di totem c’introducono ad un’arte cosiddetta Environmental, perché si tratta di opere che partecipano sia di se stesse sia di quel che le circonda. Siamo sempre di fronte ad un concetto scultoreo basato sull’aggiungere - come degli strati mnemonici, appunto - non sul togliere con lo scalpello, così come avviene nella scultura classica.

   

(Louise Nevelson, Untitled, 1976-1978, Legno dipinto nero
Courtesy Fondazione Marconi Milano)

(Louise Nevelson, The Golden Pearl, 1962
Legno dipinto oro Collezione Privata,
Courtesy Fondazione
Marconi, Milano)

Restando in questa direzione, ad esempio, la scultura longilinea di una superficie lignea, Senza titolo, in cui gli oggetti si susseguono come i capitoli di un racconto, è un microcosmo completo ed evocativo fortissimo. Allo stesso modo, una porta fantastica, oltre la quale si cela chissà quale realtà, sembra invitarci a varcare il muro della mente, dentro cui sono appunto stampati i ricordi. Entrambi gli esempi menzionati sono presenti in mostra.

Se pensiamo ai primi lavori della Nevelson, in perfetta sintonia morfologica con i loci - forme scatolari dentro cui riporre gli scomparti della memoria, secondo un teatro della memoria - vediamo come questa memoria, nel corso degli anni, esce dalla tebaide dello studio dell’artista, per espandersi in forme sempre più grandi, meno rinchiuse in perimetri, fino a conferire a quella materia dimenticata una nuova vita, grazie al suo nuovo riassemblaggio in opera d’arte votata al recupero.

Un altro esempio degno di nota è dato dall’opera lignea Golden Pearl, del 1962, presente in mostra, in cui l’artista torna ai loci ma con il color oro dà vita alla materia, omaggiando così anche la sacralità ebraica, che usa l’oro come sfondo nelle iconografie religiose.

Un’artista, la Nevelson, nata come predestinata. A nove anni, infatti, rispose a chi glielo chiese che da grande avrebbe fatto la scultrice, così da non essere aiutata neppure dal colore. Risposta inquietante per una bimba in lacrime, perché spaventata da se stessa; rivelatrice, tuttavia, di una personalità fortissima, tanto da saper imporre la propria “materia filosofale” all’attenzione degli atri.

Se, dunque, con le avanguardie e l’astrattismo, qualsiasi cosa è stata investita della possibilità di elevarsi a opera d’arte, senz’altro c’è bisogno che questo concetto sia affiancato da personalità particolarmente spiccate, non essendoci una folgorazione immediata, da parte dello spettatore neofita alla vista delle loro opere, ma piuttosto un desiderio di analisi filosofica decisamente affascinate del loro pensiero. È in questa direzione che s’inserisce dunque tutta l’arte contemporanea ed astrattista, compresa l’opera di Louis Nevelson, e, parlando di mondi sempre più omologati, la divulgazione di personalità così affascinanti è quantomeno pedagogica e indicativa di una strada futura.

La mostra, infine, allestita fino al 21 luglio, è a disposizione di chi voglia approfondire la materia, attraverso la migliore della macchine fotografiche, i nostri occhi, per poter raffinare sempre più il proprio gusto, in una direzione via via più acuta.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)