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Piccoli grandi musei italiani

Bologna

Cimitero metropolitano della Certosa

di Alessandro Gentili

Se non si osasse frequentare marciapiedi o portoni sconosciuti delle metropoli, borghi austeramente dimenticati o personaggi invisi alle mode di turno, non si potrebbe parlare, neppure qui, di luoghi tradizionalmente appartenenti alla scaramanzia popolare e saremmo messi alla porta tra gli ironici sorrisi degli accademici. La cialtroneria dilettantesca dei salotti televisivi o dei bar o dei mercati rifiuta approcci che non siano quelli, rimasticati, del popolo della suburra: politica, sport, l’ultimo amore del calciatore o della velina…

Esistono in Italia, tre cimiteri che sono musei a cielo aperto e di cui si avrebbe tanto desiderio di parlarne: la Certosa di Bologna, Staglieno a Genova e l’Acattolico a Roma.

   

La Certosa, dunque: vasto convento seicentesco, poi cimitero cittadino, imponente distesa di abitazioni funerarie, scenario ideale di una tragedia spagnola. Grandi cappelle aristocratiche che si aprono ai lati dei porticati, palazzo quasi orrorifico e sede ideale di cupi e crepuscolari scene di vampiri e anticristi, fughe di porticati che aprono e chiudono corridoi e sale, monumenti sepolcrali, vero abisso di demenza, tra malattia, dolore e morte.

Mani che implorano, ghirlande di fiori, donne avvinte a colonne smozzicate, medaglioni, sudari, infanti e ragazzi raccolti nell’attimo supremo, angeli, busti, piagnone inginocchiate o straziate, figure mitologiche e arcaiche.

   

Il Cimitero fu istituito nel 1801, riutilizzando le preesistenti strutture della Certosa di San Girolamo di Casara, fondata a metà del ‘300 e soppressa nel 1797 da Napoleone. La forte passione della nobiltà e della borghesia per la costruzione dei sepolcri familiari trasformò la Certosa in un vero e proprio museo, tappa obbligata del grand tour italiano di pellegrini, studiosi, artisti e letterati dell’800: la visitarono Byron, Dickens, Mommsen, Stendhal.

In particolare il chiostro Terzo (o della Cappella) è un ciclo notevole di ispirazione neoclassica e simbologia illuminista: uniche al mondo le tombe dipinte a tempera e quelle realizzate in stucco e scagliola. Qui sono sepolti molti personaggi importanti della storia italiana: i pittori Morandi e Saetti, Giosuè Carducci e il suo discepolo prediletto Severino Ferrari, lo scrittore Riccardo Bacchelli, il compositore Ottorino Respighi, l’ufficiale polacco Giuseppe Grabinski, gli industriali Macerati, Weber e Zanichelli.

   

Ma, appunto, tutto ciò viene bandito dalle conversazioni a cui siamo obbligati oggi. Ricordo l’attesa in uno studio medico. Pazienti e rappresentanti medici. Uno di loro leggeva “I racconti di un pellegrino russo” nella preziosa edizione Rusconi. E ne raccontava la leggendaria Bellezza su cui studiano da sempre i catecumeni ortodossi. Il pubblico ascoltava tediosamente. A toglierlo d’impaccio, l’arrivo provvidenziale di una professionista che subito spandeva le sue chiacchiere inutili sulle prestazioni tennistiche di un comune conoscente. Il lettore del “Pellegrino” si ritirava in un angolo, sconfitto, e gli altri s’insozzavano, felici, nella lordura del facile pettegolezzo.

Loro, per carità, stiano lontani dalla Certosa di Bologna.

   


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)