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Racconto

Per ricordare che il 18 luglio ricorre il 195mo della nascita Ignazio Semmelweis, emblema del “perseguitato” avendo egli intuito a metà dell'ottocento senza strumentazione adeguata i principi della contaminazione batterica. Per la sua geniale scoperta subì un'incredibile quantità d'ingiustizie da parte della scienza ufficiale che lo portò a finire in un manicomio dove poi venne barbaramente ucciso da altri malati.

La Variante Semmelweis

di Ruggero Scarponi

Mi sono permesso di prendere in prestito dal gergo scacchistico il termine “variante” pur trattando di altro argomento. Vero è che l’eterna lotta tra la vita e la morte si potrebbe rappresentarla, altri già l’hanno fatto, come una partita a scacchi costellata di mosse e contromosse e destinata a concludersi (a Dio piacendo) solo alla fine dei tempi. E dunque torniamo alla nostra “variante”, alla formidabile intuizione che a metà dell’ottocento avrebbe potuto sottrarre alla morte precoce un’infinità di vite. Tutto ebbe inizio in Ungheria il 18 di luglio del 1818 a Tabàn, un vecchio quartiere di Buda (all’epoca non ancora unita a Pest) luogo e data di nascita di uno dei più grandi geni della medicina un certo Ignazio Filippo Semmelweis. L’Europa era appena passata attraverso gli strapazzi della Rivoluzione Francese e delle guerre napoleoniche e i cadaveri di migliaia o forse anche di milioni di uomini riempivano i campi e i cimiteri di tutto il continente. Stavolta in più, fatto davvero insolito, c’erano anche quelli di un re e di una regina. La morte, durante quei primi decenni del XIX secolo, banchettava allegra sopra la stoltezza degli uomini che si sa le sono spesso i più fedeli alleati. E non solo sui campi di battaglia per sbudellarsi a colpi di baionetta o sulle piazze a issare patiboli con forche e ghigliottine, ma soprattutto, là dove l’amore e la carità dovrebbero trovare più facile accoglienza, nelle corsie degli ospedali. Oh! Naturalmente gli uomini, essendo il “prodotto” più progredito dell’evoluzione, mettendo in campo la scienza e l’intelligenza riescono a volte con il solo ragionamento, a gonfiare talmente tanto i palloni della presunzione e del pregiudizio da perdere completamente di vista i fatti, anche quelli più semplici. In fondo, la “variante” Semmelweis, consisteva proprio in questo, nell’osservare i fatti per quello che sono senza sentirsi chiamati, in virtù di un titolo accademico, a spiegare agli altri, cumuli di verità presunte. Povero Dottor Semmelweis, dover pagare con la vita l’ingenuità e il candore del vero filosofo, di colui che si fa umile di fronte alla natura e che osservando, scopre i segreti dell’esistenza. Scacco alla morte! Verrebbe da dire per bocca di Semmelweis, come quando intuisce il mistero dell’infezione puerperale, senza strumenti adeguati e con la sola osservazione dei fenomeni. Semmelweis è allora un giovane medico, la sua carriera è stata travagliata e prima di approdare alla medicina ha tentato altre strade, persino la botanica. Poi giunto a Vienna trova fortunosamente un impiego presso l’ospedale cittadino al reparto maternità. Non sto qui a ripercorrere per intero la sua storia, chi volesse, potrà approfondirla leggendo la bellissima tesi di laurea di Celine intitolata appunto Il Dottor Semmelweis, disponibile praticamente in tutte le librerie. Quel che interessa ora, a 195 anni dalla nascita, è rendere un piccolo omaggio all’uomo, alla sua fede e al suo coraggio. A Vienna, dove il reparto maternità è diviso tra due cliniche, non tarda a rendersi conto di come la mortalità delle partorienti, per infezione, è molto più alta in una clinica piuttosto che nell’altra. Le statistiche parlano chiaro, si muore di più dove le cure sono praticate dai giovani laureandi diretti da un medico famoso piuttosto che da semplici ostetriche. Non solo. Semmelweis resta sgomento quando scopre che nella “clinica degli orrori” si muore addirittura di più che in strada, dove a volte, povere donne diseredate e giovani ragazze madri, sono costrette a partorire per mancanza di qualsiasi aiuto materiale e spirituale. Purtroppo Semmelweis e la scienza ufficiale a quel tempo non sono ancora in grado di penetrare i microscopici segreti della biologia e tutto l’universo degli agenti infettivi resta sconosciuto. Ma l’osservazione è pur sempre un dato concreto, realistico. Su questo si batte il giovane medico. Intuisce che i portatori delle infezioni sono proprio gli studenti di medicina, non sa ancora perché ma così deve essere, lo confermano i numeri agghiaccianti dei decessi delle donne da essi visitate. Divenuto direttore del reparto maternità impone un protocollo igienico che prevede l’obbligo del lavaggio delle mani con una soluzione disinfettante, prima di visitare le partorienti.

A questo punto la storia assume i contorni di una tragedia surreale. Scoppia il finimondo. I medici insorgono, sono indignati. Come si permette il piccolo “ungherese” di trattare proprio loro, i benefattori dell’umanità per antonomasia, le cui mani sono considerate sacre, come fossero dei volgari profanatori. Volano parole e insulti. L’atmosfera si surriscalda. Si chiedono pareri persino a livello internazionale. L’orgoglio di casta e la supponenza impediscono di vedere la cosa più semplice e banale: da quando i giovani laureandi osservano il protocollo Semmelweis, disinfettandosi le mani, in specie, dopo aver praticato, sezionamenti su cadaveri, la mortalità nel reparto maternità, è crollata. Ma l’orgoglio e l’invidia accecano gli esimi professori di Vienna che ricorrono perfino ai massimi livelli istituzionali e al sovrano pur di ottenere ragione contro l’evidenza. Gli ungheresi, poi, in quel periodo non sono di moda nella capitale asburgica. A Budapest c’è la rivoluzione, si rivendica l’indipendenza dall’Austria. Semmelweis viene allontanato. Perde il posto, è costretto a tornare in patria. A leggere la sua vita non si sfugge all’indignazione, alla rabbia quasi, e viene spontaneo ricordare battuta di Amleto, a proposito degli “oltraggi che il merito paziente patisce”. Non si riprenderà più. La sua battaglia contro l’ arroganza, la cecità e la falsità, è persa. L’uomo ne resta stroncato, pochi anni dopo, nel 1865, solo e abbandonato salvo che da pochi intimi, morirà in una clinica per malati di mente. Per la riabilitazione si dovrà attendere Louis Pasteur che nel 1879 dopo aver dimostrato gli effetti della contaminazione batterica, darà piena conferma alle sue tesi. Eppure sarebbe stato sufficiente ascoltarlo, comparare i fatti che gli davano clamorosamente ragione. Con la sua morte si chiude una brutta pagina per la scienza ufficiale e il tardivo riconoscimento non fa che accrescere l’amarezza. Quante sofferenze, quante vite si sarebbero potute salvare con appena un po’ più d’umiltà. Resta ancora un dubbio angoscioso: quanti Semmelweis inascoltati ci sono ancora oggi nel mondo?


Racconti d’altri tempi  

L’Amicizia

di Agnolo Camerte

Ciao Cesarino, come stai? Bene, grazie, e tu? Bene, bene….Ci facciamo una vasca su per l’aringolo? (da agorà, piazza, passeggiata , luogo di ritrovo). Come no! Almeno non perdiamo l’abitudine.

Carletto, ti vedo un po’ pensieroso….che stai rimuginando…

Mi conosci, Cesarino, ogni tanto mi piace riflettere e ricordare alcune esperienze ; con te le commento sempre con equilibrio. In fondo sei il mio migliore amico, non abbiamo mai litigato durante tutti questi anni che ci conosciamo. Ma Cesarino rispose immediatamente! Ma non è così! Un paio di volte abbiamo litigato di brutto; Carletto…. la memoria…..sarà l’età?....Non ti ricordi quando abbiamo litigato dentro il cortile della Veterinaria perché mi avevi bucato il pallone….Siamo andati a finire a furia di spintoni tutti e due dentro quella maledetta pianta grassa piena di spine, tu Carletto con la capoccia ed io con la schiena e la testa. Ci siamo ritrovati pieni di spine……Risultato: rapati tutti e due, iniezione antitetanica e niente merenda con la marmellata di zia Marittuccia ( marmellata fantastica con i petali di rosa!) finchè non avessimo fatto pace…….Ti ricordi poi le risate che ci abbiamo fatto? E si!.... Ma l’altra lite quale fu?

Fai finta di non ricordarti perché quella volta te l’ho fatta io; - rispose Carletto - Era inverno e c’era tanta neve, la Zia si raccomandava di non bagnare e sporcare il corridoio percè si era stufata di starlo sempre a pulire a causa nostra che giocavamo fuori nella neve. Naturalmente, tu con le tue palle di neve eri terribile, avevi una mira infallibile ed io mi dovevo riparare dietro il portone di casa. Come hai fatto ancora me lo chiedo….hai centrato la fessura del portone e splasch tutto il corridoio pieno di neve. Fu vendetta immediata, presi la pala e ti buttai una palata di neve dentro il tuo corridoio….Naturalmente tu ne buttasti altre tre e via dicendo finchè dentro quell’immacolato corridoio ormai c’era mezzo metro di neve nel mio ed altrettanto nel tuo…..Va bene va bene, ora ricordo tutto….. ma come abbiamo fatto poi?

Te lo dico io, le abbiamo prese…..e poi abbiamo fatto pace… sennò che amicizia sarebbe stata la nostra? E poi , non abbiamo più litigato mi pare….nemmeno per l’uovo per il quale tu mi facevi portare l’ago da lana per bucarlo, mi facevi bere la chiara e tu ti fregavi il rosso….!

Ma và: tu ti ricordi sempre tutto! Non mi lamento, ma la cosa per la quale rifletto sull’amicizia oggi è dovuta al caso: certe volte capitano delle coincidenze strane. Ho saputo di due persone che dopo tanti anni di amicizia improvvisamente si sono allontanate….che strano pensai. Eppure, dimmi se sbaglio, l’amicizia è un sentimento importante della nostra vita. Dovrebbe essere difesa attentamente, con cura. Pensa che il grande Cicerone ha scritto un dialogo bellissimo sull’amicizia. Il De Amicitia appunto. Lui scrive “L’amicizia infatti non è che un pieno accordo su tutte le cose divine ed umane, accompagnato da benevolenza ed affetto”.

La benevolenza sulla quale l’amicizia prende vita, ha per lui il suo fondamento nella natura, nella spontaneità, nell’amore.

Cesarino con facezia sosteneva che non era il nostro caso perché “come si fa a voler bene ad uno come te che in bicicletta me lo perdo sempre!....” Ma no! Cesarino ascolta che mi capita……A parte che in bicicletta ancora te le do…….Ma tu che faresti, che diresti se io ti facessi un torto senza alcun motivo?

Cesarino mi stupì perché mi confidò che a lui era capitata una cosa del genere, un torto, una cattiveria del tutto gratuita e sensa senso, ma molto offensiva, ricevuta da chi considerava un’amico. Ne rimase molto sorpreso e dispiaciuto, perché era sensa senso, ma pura cattiveria.

Ti ricordi che mia nonna diceva sempre il rosario, continuò Cesarino….sapeva leggere a malapena ma la Bibbia la conosceva ; poi se la faceva leggere da me quando non ci vedeva più….

Giorni fa mi è capitata di nuovo in mano quella Bibbia mentre mettevo a posto dei libri.

La aprii a caso e leggendo:

“Come comportarsi con gli amici (Siracide 22,27)”

Chi punge un occhio lo fa lacrimare,
chi punge un cuore ne scopre il sentimento.
Chi scaglia un sasso contro gli uccelli li mette in fuga,
chi offende un amico rompe l’amicizia.
Se hai aperto la bocca contro un amico,
non temere può esserci riconciliazione,
tranne il caso d’insulto, di arroganza,
di segreti svelati e di un colpo a tradimento;
in questi casi ogni amico scompare.

Cesarino, che bravo, replicò Carletto….forte tua nonna che ti ha saputo inquadrare…Facevi il chierichetto ! Peccato che poi ti sei rovinato sul crescere…….

Comunque dai ! Siamo stati fortunati noi due…tutti questi anni anche se molti vissuti lontano l’uno dall’altro, hanno cementato la nostra amicizia che è un regalo bellissimo donatoci dalla Provvidenza…Io la penso prorio così: chi trova un amico trova un tesoro….anche se tu sei come l’oro di Bologna Cesarino…..Vali poco, ma io valgo meno di te..!

L’amicizia caro Carletto ti sembrerà ancor più straordinaria e da curare, se pensi alla vita di certi Santi: S.Francesco per esempio: era riuscito a farsi amico anche di un lupo! Come avrà fatto!...

Bella forza, disse Carletto: lui era un Santo, ma noi non lo siamo. Noi siamo soltanto come le pulci: anche loro ogni tanto hanno la tosse! Ma abbiamo anche tanta pazienza! Adoperiamola!


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)