racconto
Joseph e le carbonaie
di Ruggero Scarponi
- Schhhhh, schhhhh, è lo sciabordio, - sibilò Joseph, tenendo il palmo della mano aperto con le dita davanti alla bocca, di profilo, mentre vi soffiava - schhhh, scivolano via, silenziose, sull’acqua e smuovono dalla prua certe piccole onde piene, quasi mute, che si allargano fino a dissolversi sulle rive. Sono le carbonaie, le chiatte che trasportano carbone. Tutte in fila, una dopo l’altra, come giganteschi e mansueti animali preistorici. E i segnali che emettono, dalle sirene, sono struggenti, assomigliano a dei richiami per i loro simili, come i canti delle balene quando vanno in amore. Sembrano immobili per quanto sono lente. Enormi e lente. Eppure entro stasera raggiungeranno la banchina di scarico e prima di mezzanotte, saranno già di ritorno. Scorrono sulla corrente, lievi con le loro grandi masse, lente, lente. Quasi... non si avverte il rumore nell’acqua.
Sai Hans, - disse Joseph con aria assorta - credo che le chiatte carbonaie, siano la cosa più lenta che esiste.
- Davvero? – risposi distratto – Ma che razza di problemi...! Non hai niente di meglio cui pensare?
Joseph ed io ce ne stavamo distesi in mezzo all’erba sulle collinette che dominano il fiume prima della grande ansa. Erano quasi le quattro del pomeriggio di una domenica di fine estate. L’aria non più torrida era densa di profumi. Joseph da sempre nei momenti di noia voleva a tutti i costi salire quassù per guardare i battelli che transitavano pieni di passeggeri o di merci di ogni tipo. Ma erano soprattutto le grandi carbonaie a entusiasmarlo.
- Ci pensi Hans? Se fossimo là sopra...
- Finiscila – troncai secco.
Al contrario di Joseph non avevo nessun interesse per quello spettacolo e mentre lui restava a guardare, io avevo tirato fuori dalla tasca un giornalino e mi ero messo a leggere per ammazzare il tempo.
- Sembrano addirittura ferme. - proseguì Joseph - Ehi! – si mise a gridare in direzione di una chiatta, agitando tutte e due le mani in segno di saluto. Ehi! – gridò ancora. Finalmente dalla carbonaia qualcuno si accorse di lui e rispose alzando un braccio, stancamente, per poi ritornare al lavoro.
- Mi hanno risposto Hans! Mi hanno risposto, ti dico! –
- E con questo? Lasciami in pace, sto leggendo.
Dal fiume ci arrivavano le note di un’allegra marcetta. Stava passando un battello sul quale un’orchestrina suonava mentre sul ponte, alcuni giovani, ragazze e ragazzi ballavano allegri. Le ragazze avevano dei fiori tra i capelli o infilati tra i nastri di graziosi cappellini e i giovanotti erano tutti impettiti. Seduti su delle panche addossate alle murate, alcune persone guardavano compiaciute la scena mentre sorseggiavano bibite e liquori. L’imbarcazione era completamente pavesata con bandierine colorate che pendevano da un cavo sospeso tra due antenne e che attraversava il battello da una parte all’altra.
I musicanti s’impegnavano con un ritmo vivace e il tamburo marcava il tempo con colpi secchi, quasi comici, suscitando la divertita approvazione dei passeggeri.
- Ti piacerebbe stare lì sopra a ballare con quelle signorine eh! – dissi ammiccando, dopo essermi girato a guardare, attirato dalla musica.
- Io... danzerei volentieri con... quella laggiù – rispose serio, additandomene una.
- Quale, quale ti piace?
- Come non la vedi? E’ la più carina. Laggiù, vicina al parapetto...
- Quellaa... che balla... con quel ragazzo in divisa, quella bruna?
- Sì, lei, E’ proprio lei. E’ carina no?–
- Veramente – dissi con indifferenza - da qui sembrano tutte carine...ma non darti tanta pena Joseph che tu ed io, per quelle laggiù, siamo ancora troppo piccoli. Avranno almeno diciotto anni...
Joseph aggrottò la fronte e chiese:
- E quando verranno per noi i diciotto anni?
- Quando verranno? – risposi con sufficienza – verranno quando verranno, come per tutti.
- Quando verranno – mormorò Hans, - chiederò a mio padre di farmi imbarcare su una carbonaia.
Lo guardai incredulo e cominciai a sghignazzare.
- Non fare lo scemo! – Protestò Joseph
- Ma scusa, è colpa tua. - Replicai - Non mi sembri normale... Cosa ci trovi in quelle assurde chiatte? Trasportano carbone, Joseph, non fanno altro là sopra.
Ma intanto lui si era alzato in piedi.
- Ehi! Ehi! – ora Joseph aveva preso a salutare i giovani che danzavano sul battello.
Mi alzai anch’io e mi affiancai a lui.
Ehi! – gridavamo insieme.
Il battello stava passando proprio davanti alla nostra collinetta e la musica si sentiva distintamente.
Continuammo a gridare, e a fare grandi cenni con le mani.
- Ecco, ecco, guarda! – disse tutto contento Joseph – guarda ci hanno sentito e rispondono.
Ora Joseph, aveva preso coraggio e si faceva intraprendente.
- Lei, lei...quella laggiù! – urlava a piena voce, cercando di farsi notare dalla ragazza bruna, che ballava con il giovanotto in divisa.
I nostri schiamazzi avevano attirato l’attenzione dei passeggeri che se ne stavano seduti a bere sulle panche. Alcuni di loro si alzarono a risponderci gioviali, sollevando calici e boccali.
- Ehi! Ehi! Urlava Joseph. – E cercava in tutti i modi d’indicare la ragazza bruna.
Qualcuno sul battello doveva aver intuito la richiesta del mio amico.
- Ehi! Ehi!– anch’io cercavo di richiamare l’attenzione della giovane.
Una signora allora, ci fece un cenno d’intesa e poi indicò alla ragazza bruna che qualcuno la stava salutando.
Questa dapprima si arrestò perplessa nel mezzo di un ballo e poi si mise a cercare con lo sguardo sulle collinette nella nostra direzione schermando i raggi del sole con il palmo della mano. Ebbe un’esitazione, e finalmente dopo averci individuato, ci regalò un sorriso luminoso e un saluto. A quel punto l’intera comitiva del battello prese a sbracciarsi verso di noi che saltavamo in mezzo all’erba a piedi uniti per farci vedere. Ci applaudirono tutti e la ragazza bruna ci lanciò baci con le mani.
- Hai visto? – esclamò Joseph entusiasta – abbiamo fatto colpo!
- Non ti esaltare troppo – commentai senza alzare gli occhi dal mio giornalino – è meglio che torni a interessarti delle carbonaie...per un bel po’ di anni, immagino. –
- Schhhh, schhhhh, - mormorò sottovoce Joseph.- Mi parte il cervello Hans al solo pensare a quante carbonaie ci vorranno per arrivare ai nostri diciotto anni.
- Tante, tantissime anzi – bofonchiai, dopo una pausa.
Joseph invece si era disteso nell’erba, mordicchiava con i denti lo stelo di un fiore e guardava sognante il cielo, dove le nubi trasportate da una brezza leggera s’inseguivano allegre.
- E sono proprio lente, sai Hans? Le carbonaie, sono la cosa più lenta che esiste.
Non detti peso alle parole di Joseph e continuai a leggere senza rispondere.
Sul battello che si allontanava scintillante alla luce dorata del tramonto, l’orchestrina aveva attaccato un’aria di walzer che andava a perdersi malinconica nella corrente del fiume.
Sospirò Joseph. Poi inspirò profondamente, socchiuse gli occhi, sospirò ancora, canticchiò qualcosa che aveva a che fare con il ballo ma che non compresi. Infine si mise a imitare di nuovo il rumore dello sciabordio dell’acqua sulla fiancata delle chiatte.
- Uffa, ancora?- protestai infastidito.
- Cosa?
- Quella cosa che fai tu Joseph, schhhh, schhhhh...
- Ah! Hai ragione Hans – disse girandosi su un fianco, verso di me. - Il tempo Hans, - esclamò eccitato – Quel rumore! Quel rumore delle carbonaie sull’acqua... poi, quasi per un’ispirazione improvvisa, fece per continuare... ma si arrestò, muto, perso in qualche fantasia. Intanto, sotto di noi, sul fiume continuavano a scorrere lente le grandi chiatte, lente come il tempo dei ragazzi, prima di ogni inevitabile risveglio .
L’inventiva
di Agnolo Camerte
Rieccoci è l’ora della passeggiata! Ciao Cesarino, che fai?... il solito, che vuoi, la solita passeggiata... Dopo i compiti se non altro serve a schiarire un po’ le idee.
Non me lo dire...sono stato tutto il pomeriggio a combattere con la traduzione di una lettera di Cicerone...
Ti pare! Il Professore, ci carica di compiti come somari e poi a me Cicerone, quando soprattutto filosofeggia, mi fa venire il latte alle ginocchia... In compenso ora la passeggiata sarà la solita noiosa passeggiata.
Dai Carletto riprese Cesarino, ma che vuoi fare per svagarti un po’, e poi ancora non hai capito che questo è un paese di gente apatica, che sonnecchia..Nessuna iniziativa per fare qualche cosa di divertente.
In palestra non ci si può andare: è pericolante, al campetto del pallone non si può andare, è sempre occupato da quelli di S.Venanzio, non si può fare niente! Il tennis è per i signori!
Figurati che l’altra settimana, sono andato al teatrino del Toniolo con la chitarra, c’era Eugenio che suonava quella piccola batteria e Peppino che pigiava i tasti di quello sgangheratissimo pianoforte.
Non suonavamo la Messa cantata, e neanche un de profundis, ma un semplice ballabile per noi giovani! Che lavata di capo mi fece Don Renzo!!!! Come! suoni questa robaccia per ballare, no, no, non va bene, sei un corruttore di anime se suoni musica da ballo!... Me ne sono andato senza dire nulla; che non fosse arte la nostra esecuzione era un fatto sicuro, ma addirittura che strimpellando una canzone diventassi un corruttore di anime!!... Ma se la musica è l’arte dei suoni, se è davvero uno dei doni più belli regalatoci dal Signore!...io non ci credo! Disse Carletto! Anzi sai che ti dico? Mi do da fare per creare un gruppo. Un gruppo? Disse Cesarino, per fare che? Per suonare musica da ballo, per rallegrare un po’ la gente, per divertirmi e per far divertire gli altri...Forse che non è già stato detto che un esecutore, un artista per commuovere l’ascoltatore deve prima commuovere se stesso? Sorridendo Cesarino e portandomi in giro mi disse “ stai tranquillo, ci riesci, perchè suoni da far piangere!... ” Certo Carletto che quando ti metti in mente una cosa....Tu di inventiva ne hai tanta, sei un testardo e chissà che non ci riesci! Stai tranquillo Cesarino, la sai la storia che “gutta cavat lapidem?” (la goccia scava la roccia).
Vediamo se questo detto funziona.....al lavoro! L’inventiva, la fantasia, contro la noia, l’apatia e la passeggiata inconcludente su e giù per l’aringolo.
Punto primo: occorre un piano operativo, un programma per organizzare un gruppo musicale.
Si doveva trovare un batterista, un suonatore di basso elettrico, due chitarre, un sassofono una tromba, una tastierista... una o un cantante. Io la musica la conosco perché ho studiato la tromba al liceo musicale, inoltre so suonare un pochino la chitarra... rimuginava Carletto, tra se e sé...Certo gli altri...sono scarsi... ci vorrebbe un maestro che ci insegni qualche cosa. Il Maestro si trovò subito, Ossu era bravo con il sassofono e con la fisarmonica... Benissimo, sentiamo se vuole aiutarci...Si partì da quell’interesse e da quella immediata disponibilità dimostrata dal Maestro.
Iniziai il giro per cercare i ragazzi interessati e.almeno un po’ dotati...
Batteria... trovato... Eugenio era bravissimo: suonava tutto anche le pentole della mamma, che si dannava ad inseguirlo perché gliele ammaccava tutte... ;
Basso...trovato, Piero aveva una bella voce e grande sensibilità naturale. Non conosceva un rigo di musica, ma ad orecchio non sbagliava una nota...in famiglia aveva musicisti che suonavano nella banda; non aveva però lo strumento ed il basso acustico non sempre lo davano in prestito ed era poco efficace.....
Chitarra... trovato... Guido, grande orecchiabilità, una chitarra elettrica, zero conoscenza di musica, ma grande voglia e temperamento... Aveva inoltre una soffitta dove si poteva andare a fare le prove senza disurbare nessuno.
Unico inconveniente: vi faceva un freddo cane e la stufa più che scaldarci ci affumicava di brutto.
Tromba e chitarra... Carletto, che con i suoi amici si lanciò con entusiasmo nell’avventura musicale guidata e suggerita con pazienza e discrezione dal Maestro “Ossu”.
Arrivarono tramite lui i primi spartiti che incominciammo a leggere con estrema fatica, ma con tanta voglia di far bene e con tanta pazienza. Prova e riprova sbaglia e correggi, stona e strazia, fuori tempo e fuori tonalità, accordo maggiore e settima diminuita, la minore re minore, sol settima, do, Blue Moon e Tintarella di Luna, La gatta e Twist Twist... Ecc. ecc. Tra uno sbaglio e l’altro, invece di ciondolare su e giù per l’aringolo, cercavamo di fare, di creare, di costruire qualche cosa di apprezzabile.
Le difficoltà non mancavano... mancavano gli amplificatori, i microfoni, il basso elettrico, il tastierista..Inoltre come se non bastasse Eugenio il batterista ci abbandonò; poi per fortuna Giammario fu una vera rivelazione e divenne il nostro giovanissimo batterista stabile.
Erano gli inizi degli anni sessanta ed i nostri venti anni erano permeati da un turbinio di idee, innovazioni, tendenze, un fervore musicale proprio della provincia e di noi ragazzi ormai già all’Università.
Nel nostro piccolo gruppo accade la stessa cosa. Gutta cavat lapidem...e fu così! Imparammo davvero a suonare come gruppo musicale. E poi?... Chiese Cesarino, che cosa hai fatto....Te lo dico un’altra volta...ora è tardi, ho fame e vado a cena...rispose Carletto...