Piccoli Grandi Musei Italiani
Cefalù – (Palermo)
Museo e Fondazione Mandralisca
di Alessandro Gentili
Pure, è un fatto che ad un primo esame critico, od estetico, o intellettuale o, meglio ancora, viscerale, è vero che, come si espresse Gombrich, non esiste l’Arte. Esistono gli Artisti. Molti i luoghi, visibili o nascosti, in cui un’aggregazione in uno stesso sito possa concentrare una tale gamma di proposte, di situazioni, di incontri, di esperienze. Di Artisti, appunto.
Enrico Pirajno (Cefalù 1809-1864), barone ma soprattutto illuminato mecenate, trasse la sua convinzione dal valore dell’istruzione e dell’Arte. Il Museo Mandralisca conserva tra le sue antiche mura il patrimonio artistico, ma anche l’eredità di memorie del Pirajno che il 26 ottobre 1853 redigeva il suo testamento con il quale destinava tutti i suoi beni alla Fondazione.
Il Museo in questione è un bell’esempio interdisciplinare perché comprende, oltre alla pinacoteca, una collezione archeologica, uno splendido monetario, una collezione malacologia (branca della zoologia che studia i molluschi), nonché mobili ed oggetti di pregio.
Fiore all’occhiello del museo sono tuttavia due capolavori: il magnifico “Ritratto d’uomo” opera di Antonello da Messina e il cratere siceliota a figure rosse su fondo nero detto del “Venditore di tonno”.
È sul primo che vorrei soffermarmi perché su questo dipinto Vincenzo Consolo ha dato alle stampe, nel 1976, un suo splendido romanzo: “Il sorriso dell’ignoto marinaio”. Il libro è percorso da alcune immagini-chiave prima tra tutte la figura umana celebrata dal pittore in cui, essa figura, è fissata “per sempre nell’increspatura sottile, mobile, fuggevole dell’ironia”. Stessa chiave con cui lo scrittore apre sul mondo che è tutta in quel sorriso del marinaio: “ Il Mandralisca si trovò di fronte un uomo con uno strano sorriso sulle labbra. Un sorriso ironico, pungente e nello stesso tempo amaro, di uno che molto sa e molto ha visto, sa del presente e intuisce del futuro; di uno che si difende dal dolore della conoscenza e ha un moto continuo di pietà”.
Da qui il valore e la sapienza che tale Museo ci offre: questi vasi comunicanti che gli Artisti (veri, non le marionette di turno) sanno catturare nello vita, nello studio, nell’Arte: “Il mio lignaggio di uomo e di scrittore s’è nutrito lì. Nei vasi comunicanti di quell’edificio, tra secondo e primo piano…con quei maestri, quegli studi, e fra i sortilegi di incunaboli, di raccolte, di libri, di figure, di psicologie, di narrazioni, di paesaggi, di oggetti, di forme e del magnetico Antonello…” (Antonio Castelli, altro nome inviso alle mode, appartato ma di grande sapienza letteraria).
Il Museo Mandralisca ci ricorda che una delle evoluzioni del Tempo (una delle più felici) è data dal rapporto tra ampiezza della distanza e abbattimento della stessa; laddove, appunto, uomini e donne sanno collegare, sanno dialogare, sanno trasfigurare e adattare ciò che altri, prima di loro, hanno realizzato per consegnare al Tempo una nuova traccia della loro fragilità.