Teatro
Teatro Belli – Roma
La Pace Perpetua
di Jacopo Gassmann
In un luogo segreto, tre cani competono per ottenere l’agognato
collare bianco e con esso la qualifica di cane militare di elite,
“una professione dal grande avvenire”. Attraverso una serie
di prove fisiche e psicologiche sempre più complesse,
emergono alcuni dei più importanti temi
e dilemmi della vita politica e sociale di oggi
“Il teatro accade nel pubblico. Non nei ruoli ideati dall’autore. Nemmeno nella scena che occupano gli interpreti. Il teatro accade nell’immaginazione, nella memoria, nell’esperienza dello spettatore.”
È da questa intuizione fondante e costitutiva del pensiero di Juan Mayorga che nasce la nostra estrema fascinazione per la sua opera. Affrontare un testo come la Pace Perpetua vuol dire operare costantemente in bilico fra la passione e il bisogno di trovare soluzioni espressive alle infinite domande che sottendono il testo e la consapevolezza che tutto ciò che verrà proposto in scena dovrà recare con sé una certa meticolosa, consapevole incompiutezza che potrà forse soltanto definirsi nel corto circuito fra palco e platea: rigenerandosi cioè come ulteriore domanda.
Juan Mayorga è un autore classico e contemporaneo al contempo. I temi che fanno da spina dorsale al suo teatro riguardano senza dubbio le emergenze e le contraddizioni del nostro tempo ma solo in quanto queste possono offrirci una lente di ingrandimento e responsabilizzarci rispetto a tutto ciò che è già stato e a tutto ciò che resta da fare.
Nel testo sono molti i riferimenti alla guerra, alla tortura, alla violenza dei nostri giorni (la violenza intesa come sopraffazione degli individui nei confronti di altri individui ma anche la violenza dei miti, delle idee, dei linguaggi che sovrappopolano il nostro quotidiano) ma volutamente non si prende nessuno di questi come esempio specifico e, di conseguenza, lo spazio scenico è piuttosto uno spazio pluripotenziale e interiore.
È uno spazio e un tempo della scelta, di domande che ci si affollano nella testa, che latrano, che abbaiano, quasi, come quelle di moltitudini di uomini, i più deboli, gli oppressi, le persone costrette a vivere nel terrore, e i soldati, i militari o i ribelli-rivoluzionari ma, questa è la cosa interessante, anche ogni uomo è qui l'interlocutore di Mayorga. Il suo grande dono è quello di sapere offrire a tutti noi, senza mai volerci educare, delle possibili chiavi di lettura, dei possibili spunti di riflessione rispetto ai conflitti e ai paradossi che ci abitano e che ci dominano.
Immanuel, John-John, Odìn e Casius, i cani protagonisti della nostra opera, sono tutti parte e parti di noi stessi. Sono cani parlanti e pensanti, come in una moderna allegoria Kafkiana, che però preservano il loro istinto, il loro fiuto e il loro cuore animale, e il cui silenzio spesso ci pone di fronte alla nostra impotenza (vergogna?) di non avere soluzioni di fronte alle nostre stesse contraddizioni, alla nostra “zona grigia” , come se qui l'animale potesse davvero essere l'anello di congiunzione fra l'uomo e l'aldilà del suo limite, del suo mistero. Quelli che ci porgono i protagonisti di questo spettacolo sono allora anche quesiti dei diversi momenti della vita cui ognuno risponde con la sua diversa maturità (come il Sigismondo Calderoniano de “La vita è sogno”): John John è il cane giovane e irruento; Odin è nell’èta della forte affermazione di sé e Immanuel in quella della piena maturità, così come Casius è vicino a un suo ritiro dal mondo. Le loro storie, le loro domande ci pongono dei conflitti della ragione, del sentimento, dell’istinto e dell’idealità e che, solo nel finale, nel momento della responsabilità collettiva, chiamano ciascuno dei protagonisti a compiere una scelta, forse indicibile, forse irrappresentabile ma soprattutto, ed è quel che conta, invitano ciascuno di noi ad assumere comunque un punto di vista critico. Perché, come sostiene Mayorga, solo “una cultura critica prepara un uomo a relazionarsi con gli altri, e non a dominare gli altri o a rassegnarsi al loro dominio”.
Note
Il Regista de “La pace Perpetua” Jacopo Gassmann è nato a Roma nel 1980.
Si laurea (Bachelor of Arts) in regia cinematografica alla New York University e, in seguito, consegue un Master of the Arts in regia teatrale alla Royal Academy of dramatic arts di Londra.
Durante la permanenza negli stati Uniti ha frequentato corsi di regia teatrale e cinematografica in diverse università americane (Harvard, UCLA) e ha realizzato diversi lavori tra cui il mediometraggio About the house (2004, da un’opera di Julio Cortazar, concorso video al festival di Locarno).
È autore di documentari tra cui: La Voce a te dovuta, presentato ai festival di Locarno, Montpellier, Istanbul, Montreal, Brasilia; Il più bel gioco del mondo, presentato in Campidoglio a Roma e al Genova film festival.
Nel 2005 ha curato insieme a Luca Sossella e firmato la regia teatrale dello spettacolo Il minore ovvero preferirei di no con Roberto Herlitzka (in scena all’Auditorium Parco della musica di Roma e ripreso successivamente nel 2008).
Negli anni successivi è stato responsabile delle selezioni artistiche del Festival di Palazzo Venezia (documentari sull’arte e sulla musica) e del Sole e Luna Doc Fest a Palermo (documentari sul Mediterraneo e sull’Islam) ed ha collaborato con il Centro Sperimentale di Regia di Milano.
Tra il 2010 e il 2012 vive a Londra, dove firma la regia dello spettacolo teatrale Nocturnal di Juan Mayorga (presso il Gielgud theatre della Royal Academy of dramatic arts) e collabora come consulente di drammaturgia contemporanea presso il Soho Theatre.