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Racconto

L’Iniziazione

di Ruggero Scarponi

Di seguito si può leggere il contenuto di tre tavolette, da me rintracciate durante una campagna di scavi in Mesopotamia. Erano molto danneggiate e ho impiegato anni a tentarne la ricostruzione. Sembrerebbero i primi capitoli di un testo letterario, di cui è ignoto il titolo. Anche l’autore e la storia restano un mistero visto che la maggior parte dei materiali sono andati presumibilmente perduti. A distanza di tanti secoli, però, queste tavolette, con quel poco che si è conservato, ci commuovono, perché ci restituiscono un momento di vita quotidiana e fanno affiorare dalle nebbie del tempo un delicato sentimento di amicizia che unì due fanciulle di un’antica città nonché il loro turbamento nel momento di affrontare un rito di iniziazione alla vita adulta e al matrimonio. Buona lettura.

Il risveglio (tav. I)

Tutti gli anni, dal quindicesimo giorno del quinto mese di H’aruk, del ciclo di Kos, le belle vergini fanciulle, terzogenite, della onorevole città di Shawrandhall, compiuti quindici anni, venivano condotte allo stagno di Kelhor per essere iniziate.

Khalina quella mattina si svegliò di buon’ora. Vide le stelle pallide e la luna argentata alta sull’orizzonte. Il sole non era ancora sorto e il sonno gravava indolente sugli occhi del mondo.

Khalina quel giorno compiva quindici anni ed era felice. Per questo si era svegliata presto. Prima dell’anziana schiava Ikhut, che presto si alzava per accendere il fuoco sul grande focolare. Prima della mamma che presto si alzava per impastare la farina per le focacce da cuocere sulla pietra per la colazione degli uomini. Prima del babbo che presto si alzava per mangiare la focaccia prima di andare al lavoro nei campi. Prima delle sorelle che presto si alzavano per andare alla fonte a lavare le vesti e ad attingere l’acqua. Prima dei fratelli che presto si alzavano per mangiare la focaccia prima di prendere l’arco e le frecce e andare alla caccia sui monti. E prima della sacra gatta di Nahor che tardi si svegliava prima di mangiare il cibo che il sacerdote del tempio preparava per tutte le sacre gatte di Nahor. Khalina era felice anche perché, quel giorno la dea Belt, la dea dei fiori e delle fanciulle le avrebbe finalmente parlato allo stagno di Kelhor ed era impaziente di ascoltare il tenue sospiro profumato che la dea avrebbe soffuso su di lei, così come era stato scritto e tramandato da innumerevoli anni.

Lo stagno di Kelhor (tav. II)

Khalina era ansiosa di ascoltare la Dea. Nell’attesa, si sarebbe seduta sulla pietra minshoil presso la riva dello stagno di Kelhor e al sorgere del sole avrebbe per la prima volta nella sua vita rivolto lo sguardo alla superficie, proprio nel momento in cui i raggi del sole l’avrebbero illuminata e lei per la prima volta avrebbe conosciuto se stessa, lì, sulla superficie di cristallo dello stagno di Kelhor. Alle fanciulle, quel giorno, era consentito di entrare nella fresche acque e disciogliere le proprie vesti per poter conoscere tutte le membra dei loro giovani corpi. In quel giorno a nessun altro era consentito di accedere allo stagno e le giovani vergini potevano trascorrere tutto il tempo in cui il sole compiva il suo cammino nel cielo, rinfrescandosi nell’acqua cristallina prima di ritirarsi negli ombrosi cespugli e cogliere in solitaria attesa il sussurro profumato di Belt la dea dei fiori e delle fanciulle.

La bella Manshay e il canto interrotto (tav. III)

La bella Manshay cantava il canto dell’usignolo, circondata dalle altre vergini di Shawrandall. Bella era la sua voce di delicata seta intessuta. La bella Manshay presa d’amicizia per Khalina volle con lei svelare le proprie membra nello stagno, sciogliere e poi legare insieme i lunghi capelli color della notte e intrecciare le bianche dita della mano destra. D’amicizia era presa per Khalina e le giovani vergini di Shawrandall le cosparsero entrambe dei profumati fiori di Rhan mentre la bella Manshay cantava il canto dell’usignolo. Belt, la dea dei fiori e delle fanciulle aveva soffuso sulle belle vergini terzogenite il tenue sospiro profumato. La dea aveva soffiato dolcemente sull’orecchio destro di Khalina il nome di Shaliran, che significa il Piccolo fiore sorridente. Il sole ardente scaldava l’acqua dello stagno di Kelhor mentre le giovani vergini si tuffavano nelle sue acque cristalline o riposavano sulle verdi rive coperte di morbida erba rigogliosa. La bella Manshay guardò rapita Kalhina e osò indugiare, con lo sguardo nei suoi occhi, più trasparenti dell’acqua montana. Poi, spense per sempre il suo canto... E sciolse le dita intrecciate e i lunghi capelli color della notte, salì sulla verde riva dello stagno di Kelhor, nascose il volto tra le mani e pianse un pianto dirotto...

(qui il testo diviene illeggibile e la storia si interrompe)

Conclusione

Purtroppo ad oggi non sono state rintracciate altre tavolette e non siamo in grado di fare ipotesi sulla storia che l’antico autore ha stilato oltre venticinque secoli or sono. Restano le delicate immagini tramandatici e il loro forte potere di suggestione. Le ricerche (di Shaliran, sarà stato questo, il titolo della storia?) continuano...


Racconto dl'atri tempi  

Carletto e Giustiniano

di Agnolo Camerte

Mentre Carletto studiava il diritto romano, la sua gattina Ruby faceva le solite fusa , e si infilava, ormai senza più esitazioni, dentro il caldo rifugio della giacca da camera. Quella era la sua tana preferita! Tutto sommato era una simpatica compagnia; chissà – pensò Carletto - che in un’altra vita non sia stata una giurista! Ma Carletto non credeva alla metempsicosi, anzi , sorrideva quando pensava che un’illustre professore di veterinaria, era convinto di essere la reincarnazione di un sacerdote egizio, grande imbalsamatore....Baggianate! Ruby era solo una gattina affettuosa con il suo padrone; meno male che gli faceva compagnia, altrimenti a studiare solo Giustiniano, senza distrazioni intermittenti, il cervello sarebbe andato in tilt!.

Vuoi vedere che la micia capisce pure il latino di Giustiniano? Carletto le parlò declamando: HONESTE VIVERE, ALTERUM NON LAEDERE, UNIQUIQUE SUI TRIBUERE.......Nel dubbio che non capisse, tradusse : VIVERE ONESTAMENTE, NON DANNEGGIARE IL PROSSIMO, DARE A CIASCUNO IL SUO... Non fece in tempo ad incominciare la traduzione che Ruby già faceva le fusa, ma cosi forti e con tale intensità ,come se avesse capito. Ma si! Aveva proprio capito! Bah! Chi lo sa! In fondo non sono principi tanto facili da capire!........Li può capire una gattina?...

Riflettendoci su, se Giustiniano duemila anni fa avesse aggiunto a quei principi anche la Carità in senso Cristiano......oggigiorno quale evoluzione....Macchè! Dopo tanti anni, ricordando quel giorno, Carletto provò un gran senso di delusione. Ma quale evoluzione! A lui parve che l’etica, il senso dell’onestà e del servizio, al contrario fossero in regressione... Non bisogna fare di tutta un’erba un fascio, d’accordo, è una regola giusta; tuttavia il mondo della nostra politica oggi sta evidenziando scandali su scandali. Sono ormai davvero troppi! Come non sentirsi deluso ! Il servizio pubblico, che dovrebbe almeno essere ispirato anche a quei pricipi enunciati da Giustiniano, pare sempre più asservito agli interessi personali degli eletti che non a quelli degli elettori. Non confondiamo il lessico, eletti in senso di gente mandata al governo della Nazione, per lo più sconosciuta agli elettori e non per loro scelta.

Un mio umile ma onesto conoscente sosteneva che “sti politici, chi voti voti, fanno come la somara mia: basta che la porti dentro la stalla e chiudi la porta, che quella subito se mette alla greppia a magnà!”........

Ma la Politica implicitamente deve agire nell’interesse della “ Polis”. I Cittadini sono i destinatari della Sua azione; chi per sua “sorte” ha il privilegio di agire nell’interesse del suo prossimo, deve comportarsi in modo ineccepibile. Al contrario, appaiono sconfortanti gli episodi di corruttela, di incapacità gestionale, di percepita indifferenza di taluni, alle severe e stringenti problematiche dei cittadini. Carletto pensava che forse era meglio se in un momento di generosità, la classe politica si dimettesse in blocco, per fare posto a gente migliore, a quella classe politica, auspicata anche dal Santo Padre; vivere onestamente, significa pensare, agire, sentire con quella onestà prodiga di frutti per tutta la comunità governata. In questo senso, pensava Carletto, la Politica può diventare la più nobile delle attività dell’Uomo. Di questo concetto bisogna avere grande rispetto, perché è solo avendo fermo esso nella mente e nel cuore, che si può affermare di espletare degnamente il servizio pubblico.

Sono davvero ormai troppe le anomalie che il cittadino (anzi direi oramai suddito) percepisce a suo danno; sono sotto gli occhi di tutti le appropiazioni indebite di danaro pubblico , per le quali la Magistratura sta intervenendo. Beninteso agli inquisiti spetta pur sempre il beneficio del dubbio e finchè non intervenga la condanna definitiva, sono innocenti. Ma i conti non quadrano, e visto che quei personaggi non sono stati eletti direttamente, anche chi li ha scelti ha grosse responsabilità morali..

Questi “Signori” danneggiano il prossimo, fanno il contrario di quanto Giustiniano duemila anni fa aveva enunciato. Non danneggiare il prossimo...-pensava Carletto- fanno peggio di quella somara sulla greppia... - Ma il fieno ce lo mettiamo noi cittadini, con la speranza di taluni che vada a beneficio anche dei più bisognosi di aiuto! Non sempre accade.

Eh!....vorrei vedere taluni di questi signori alle prese con l’ultimo concetto di Giustiniano; pensò Carletto... -Dare a ciascuno il suo!..- La giustizia deve avere il suo equilibrio e per certi comportamenti penderebbe certamente da una parte. Ad essere ottimisti per taluni personaggi il “dare a ciscuno il suo “ , dovrebbe essere pesantissimo! Carletto pensò a quanto disse il padrone della somara che tra il faceto ed il serio sosteneva che certi “eletti” sbagliavano perché non avevano mai conosciuto la vera fatica, il lavoro che fa sudare. Se meritavano il carcere secondo lui era troppo poco! Meritavano di essere messi dentro sun quadrato di terra con attorno il filo spinato e l’alta tensione, quattro riflettori, una pala ed un piccone; lui avrebbe detto loro: vuoi magnà? Bene scava e piccona, da magnà sta là sotto, lavora!

Eccessivo, commentò Carletto tra se e sé, nemmeno la mia gatta sarebbe d’accordo, nemmeno Giustiniano! Semplicemente non bisogna votarli più, mandiamoli tutti a casa!


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)