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Un Natale lungo... 22 anni
“Non era un’insegna ma stella,
		    un presepe in versi”
breve intervista a Antonio Bruni
Il giorno di Natale e l’intero periodo delle festività è già alle nostre spalle, già tutto dimenticato.
Ma vogliamo qui ricordare che per ogni uomo della terra è Natale ogni giorno: ovunque l’uomo viva la sua condizione, ad ogni risveglio, ad ogni sua alba, sarà come un bambino a cui è regalato un altro giorno da vivere come il primo, come l’ultimo, come l’unico. Un giorno per apprendere ad amare senza misura, senza paura, nel tempo senza fine… un nuovo Natale.
Con questo spirito abbiamo incontrato un poeta dei nostri giorni e ci siamo lasciati trascinare nel vortice della sua visione della vita oggettiva del tempo, con le sue durezze, ma mai disgiunta dal soffio della speranza che nasconde tra le pieghe dei suoi versi e che ha voluto in qualche modo far affiorare attraverso le gouaches di una giovane pittrice, Liuba Novozhilova, raffiguranti simboli presenti nel nostro sentire spirituale più intimo: gli angeli.
Antonio Bruni doveva inviare i consueti biglietti di auguri: era il Natale del 1991.
Cosa scrivere di non formale ed usuale? Tentò allora una breve storia in versi, ambientando la Natività nei nostri giorni: tre magi arrivano alla grotta portando doni strani tra cui filo spinato, bombe e pubblicità. Il bambino trasforma tutto in un gesto di pace.
Nel ‘92 abbinò la nascita alla vicenda di una giovane somala aggredita dalla folla.
Di anno in anno scrisse una storia di Natale in versi come lettera di augurio per gli amici, una consuetudine che dura: siamo arrivati alla ventiduesima poesia.
Fino a qualche anno fa Bruni le spediva per posta firmandole e dedicandole una ad una su carta avorio. Il giro dei corrispondenti divenne ampio; era troppo ponderoso dover imbustare centinaia di lettere ad ogni dicembre. Decise di diffondere la poesia solo per email o tramite il web, con poche eccezioni di persone anziane che non usano il computer o di collezionisti delle lettere cartacee. Un professore di greco le ha incorniciate tutte riempiendo una parete di casa.
Alcuni gli obiettano: perché le tue storie hanno un senso di tristezza invece di esprimere gioia e serenità?
“È vero – risponde Bruni – non voglio inviare agli amici una lettera cioccolatino. Mangiamo già troppi dolci per le feste.
		    La Natività   di Cristo avvenne in condizioni estreme, così ci raccontano i Vangeli.
		    Il Salvatore decise di incarnarsi povero tra i poveri: due umili genitori viandanti che ebbero come unico appoggio per il parto la mangiatoia di due animali. 
		    Cristo rinasce ogni giorno in un bambino e più la situazione è difficile e più lo si riconosce. 
		    La precarietà della Natività non appartiene solo alla povertà materiale ma anche alla guerra, agli odii etnici, all’indifferenza dei ricchi, alla solitudine, al gelo dei sentimenti.
		    La mia lettera in versi vuol solo ricordare che la gioia della nascita è una grazia nel mondo colmo di sofferenza.”
Scorrendo solo i titoli delle ventidue poesie (sul sito www.antoniobruni.it) emergono numerosi personaggi contemporanei di questo presepe: un astronauta, un teologo, una bambina, un ostaggio, un pastore nomade, uno scrittore, molte figure di donne che si confrontano con la maternità, la cometa che irrompe in internet, un concerto di immigrati, il parto in una discarica o sul tetto di una casa allagata.
A Natale del 2007 il direttore artistico della Domus Talenti di Roma, Maurizio Angeloni, organizzò una lettura pubblica a cui fu dato il titolo Non era un’insegna ma stella, un presepe in versi, invitando cinque attori di livello europeo: Lucia Poli, Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, Silvia Siravo e Pamela Villoresi che interpretarono le storie insieme a quattro registi di cinema e fiction televisiva: Gianfranco Albano, Franco Bernini, Claudio Bonivento, Cinzia Th. Torrini che accettarono con molto coraggio di accostare la loro voce a quella dei grandi interpreti, accompagnati dal flauto di Carolina Pace e con la regia di Idalberto Fei.
Tre magi
Tre magi vennero insieme alla grotta.
			  Il moro, affamato, spingeva un orcio
			  pesante e vuoto, di odore sereno
			  Il giallo, un cesto di filo spinato
			  da cui liberò colombe spaurite
		    Il bianco, una borsa con carte, parole,
		    salute, ricchezza, luci, vestiti.
Alzarono un canto presi per mano
			  promesse e auguri con bombe e mitraglie.
			  Il moro piangeva,  il giallo gridava
			  il bianco dormiva sazio, già stanco;
			  poi vennero pecore e lupi, pesci e
		    cammelli, portavano fiori di paglia.
Su tutti il bambino accese una stella.
Il paese del Bianco Natale
Veniva dall’Africa il Magio
			  parlava elegante educato
			  cercava i fratelli dispersi
			  3
			  bambini soldati rapiti
			  ragazze violate vendute
			  e uomini schiavi in catene
			  6
			  voleva incontrarli contarli
			  racchiudere in scrigno i racconti
			  per fare dei loro dolori
			  9
			  mattoni ed erigere torre
			  più alta tra tutte nel mondo
			  un simbolo nero dei giusti
			  12
			  si spinse nell’umido nord
			  e giunse in un piatto paese
			  cartelli  ”qui è il Bianco Natale
			  15
			  da noi si lavora e produce
			  civili puliti evoluti
			  cacciamo chi è senza permesso”
			  18
vigilia di festa le luci
			  le auto in stereo rombanti
			  i giovani in corsa eccitati
			  21
			  non c’erano volti stranieri
			  nessuno di aspetto dimesso
			  superbi gendarmi di ronda
			  24
			  “eppure ci sono immigrati!
			  lo dicono tele e scritture
			  faticano in fabbriche e case”
			  27
			  uscì dalle strade splendenti
			  trovò un sentiero tra i fossi
			  figure avvolte di scuro
			  30
			  andavano insieme cantando
			  in tono sommesso e gioioso
			  seguì quel drappello orientato
			  33
			  da luce improvvisa una stella
			  segnava una tenda nel freddo:
			  è nato un bambino ed è nero!
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Trittico degli angeli
L’angelo dell’annuncio
Vi porto la luce
		    riflessa su ali
		    non fiaccola alta
		    su torre
		    né insegna ammiccante
		    su strada
		    il raggio non ordina
		    o vieta
		    non chiama a comprare
		    è un corpo celeste
		    dal manto avvolgente
		    che spazia sui monti
		    riempie i deserti
		    illumina i boschi
		    ripiana i sentieri
		    il volo accompagna
		    di nostra legione
		    si unisce all’argento
		    di suoni esultanti
		    l’annuncio è portento
		    agli estremi del mondo:
		    è nato un bambino
		    in stalla deserta!
L’angelo del risveglio
		    
Destatevi tutti nei letti
		    nessuno fatichi
		    ad alzarsi
		    più dolce del sonno
		    è la luce
		    che toglie da palpebre sabbia
		    sussurra zampogna
		    alle orecchie
		    invita ad unire la voce
		    a estendere
		    i volti nel coro
		    allaccia pacifiche dita
		    riscalda
		    il fiato di armenti
		    intreccia 
		    nei passi il fervore
		    che insegue la traccia cometa
		    al punto che è il centro universo:
		    vagito che i cuori rallegra!
L’angelo della grotta
Il buio che porta paura
		    è stato fugato da stella
		    portate bisacce e monili
		    tessuti capretti e unguenti
		    ma senza indossare le armi
		    spariti briganti e gendarmi
		    la notte ha un unico borgo
		    arcangeli in guardia alla grotta
		    non hanno le spade 
		    ma trombe
		    accolgono in toni splendenti
		    chi arriva con cuore sincero
		    potete cantare e gioire:
		    il figlio su paglia
		    vi dona speranza!
Breve storia degli angeli
Tra i tanti tentativi di dare una identità e una organizzazione gerarchica degli spiriti angelici, si può accennare a quella più accreditata che è la sistemazione indicata da Dionigi l’Areopagita (secolo V d.C.) nel suo libro “De celesti Hierarchia”. Secondo questo autore, che si rifà ad alcuni passi della Sacra Scrittura, le schiere angeliche sono ripartite in nove ordini, raggruppati in tre cori angelici.
La prima schiera, più sublime e più vicina a Dio, è costituita da Serafini, Cherubini e Troni; la seconda da Dominazioni, Virtù e Potestà; la terza da Principati, Arcangeli e Angeli.
La prima schiera, secondo Dionigi, sarebbe “illuminata” direttamente da Dio, la seconda attraverso la prima, la terza attraverso le prime due. Ad ogni schiera sarebbe stato affidato da Dio un compito specifico. Pur tenendo presente che tutti e nove i nomi di queste schiere angeliche si riscontrano nella Sacra Scrittura e che quasi tutti ricorrono spesso nella liturgia, tuttavia la Chiesa Cattolica non ha mai dato ufficialità allo schema dell’Areopagita, né ha fatto proprie classificazioni analoghe, neanche se redatte da grandi santi.
I nomi degli Arcangeli
Dalla frase presente nel Libro di Tobia: “Io sono Raffaele, uno dei sette Angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della maestà del Signore” (Tobia 12,9), è diventata opinione diffusa che gli Arcangeli principali siano sette. Purtroppo solo di tre, Raffaele, Gabriele e Michele, la Bibbia ci fa conoscere il nome. Così la corsa a rintracciare nome e funzioni degli altri quattro si è fatta, fin dall’antichità, così caotica e spesso aberrante che la Chiesa, per evitare abusi ed eresie sconfinati nella magia, nella Cabala, nell’occultismo e nell’esoterismo, si è sentita costretta a più riprese, in Sinodi e Concili, anche sotto pena di scomunica, a proibire di dare nomi e funzioni agli Arcangeli, al di là di quelli messi in evidenza dalla Bibbia. (cfr. Laodicea 360, Roma 745, Aquisgrana 799).
Gli Angeli senza ali
Le prime immagini di Angeli comparvero nei primi secoli del cristianesimo. La più antica che conosciamo è quella dell’Annunciazione raffigurata nella catacomba di Priscilla (fine II inizio III secolo). Interessante notare che sino alla fine del IV secolo gli Angeli erano rappresentati senza ali, probabilmente per evitare che si confondessero con divinità pagane alate. Una volta uscito dalla clandestinità e riconosciuto ufficialmente dopo l’editto di Costantino (anno 313), il cristianesimo poté... mettere le ali agli Angeli. Questo va a smentire quanti hanno affermato che gli Angeli sono la semplice traduzione dell’immagine della Vittoria, dea alata pagana.
Durante lo scorrere dei secoli l’interesse per gli angeli ha conosciuto alti e bassi, momenti di enfasi e momenti di marginalizzazione. Il Medioevo, ad esempio, ha rivolto un’attenzione particolare, talvolta anche esagerata, agli Angeli. Spesso sono state agitate con passione, da opposti schieramenti, questioni un poco assurde. Per esempio, Quanti sono gli Angeli?; gli Angeli hanno un sesso?, se affermativo, di che sesso sono?; oppure, quanti Angeli possono danzare sulla punta di uno spillo?
È bene precisare che tutte queste strane domande derivavano da una questione importante che riguarda la natura degli Angeli. Gli Angeli sono puri spiriti o hanno un corpo? Sono come immagini astratte o occupano uno spazio concreto? Sono “sostanze” puramente intellettuali o sono dotati di un corpo in qualche modo spiritualizzato?
È l’eterno dilemma dei confini tra materia e spirito, riemerso con forza ai nostri giorni nel mondo della fisica, (si pensi alla teoria della relatività). Quando si cerca di approfondire il discorso sulle particelle sub-atomiche, ci si accorge che ad un certo momento “la materia finisce per perdere consistenza, così da rendere incerti i confini tra spirito e realtà materiale (J. Guitton).
Un sondaggio di quanti credono negli Angeli
Da un sondaggio di qualche anno fa, in Italia circa il 65 % della popolazione crede agli Angeli. Ovvero circa il 71 % dei giovani fino a 20 anni, e circa il 59 % degli adulti fino a 70 anni.