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Costume e societÀ

Le Parole e le Persone

incontro con la monaca A. eremita metropolitana

di Alessandro Gentili


Molte città occidentali ignorano molto di se stesse: l’accresciuto numero di abitanti ha generato una sostanziale indifferenza per il singolo a tutto vantaggio della massa senza nome. Indifferenti ad alte sollecitudini, la maggior parte degli abitanti si lascia coinvolgere e sconvolgere in situazioni o dietro personaggi di poco o nessun valore. Ignorano di avere concittadini se non addirittura coinquilini di notevole spessore: artisti, uomini di scienza, letterati, musicisti.

A. eremita
è nata a Roma nel 1959.
Dai 14 anni comincia a viaggiare; a 15 anni entra nell' Ecòle Superieure d'Art Graphique Met De Penninghen a Parigi.
Esce dall'Accademia un anno prima del diploma.
Dal 1978 al 1990 si occupa di moda e design: realizza e produce collezioni di vestiti, borse, gioielli, tessuti di arredamento e lampade.
Viaggia sempre e vive in diversi paesi del mondo.
Nel 1990 si converte, abbandona il design e comincia nel 1992 a dipingere icone con diversi Maestri: Giovanni Mezzalira, Fabio Nones e gli ultimi tre anni con il più grande iconografo vivente: il Padre Russo Ortodosso Andrej Davidov.
Dipinge icone per 9 anni; nel Febbraio 2001 inizia a dipingere libera e con colori acrilici.
Dal 1993 è consacrata totalmente a Dio; è monaca eremita in un eremo, dove prega e lavora nel più assoluto silenzio e solitudine.

In alcuni sperduti colombari vivono, pare incredibile nell’anno del Signore duemilatredici, nascosti a tutti, per grazia di Dio, eremiti, uomini o donne che hanno lasciato tutto e tutti per dedicarsi ad una vita di silenziosa e oscura preghiera. Una recente indagine ne ha stimati un paio di migliaia solo in Italia. Ma la valutazione è incerta, in difetto o in eccesso. Per i meno avvezzi a tale argomento, ricordiamo che dal terzo al sesto secolo dopo Cristo fiorirono nei deserti di Palestina, Siria, Scete, Tebe, come sorti dal nulla ma in realtà in fuga dall’accomodamento tra Stato e spiritualità (dopo l’avvento di Costantino), un cospicuo numero di celle, abitate da questi padri e madri spirituali: Antonio, Arsenio, Maria l’Egiziana, Poemen, Pastor, Macario il Grande, Mosè l’Etiope, Ilarione.

   

Forse ciascuno di noi non è mai perfettamente compiuto, nella sua essenza/presenza, fino a quando non scopra il luogo, nel tempo destinatogli, che da sempre lo attende. L’eremita è proprio questa figura: o in uno sperduto eremo di montagna o in un appartamento dimenticato in uno dei tanti alveari delle città, realizza la sua vita quando scopre, sicuramente dopo lungo e faticoso cammino, il luogo dove rinchiudersi con il corpo, ma dove può aprire la sua anima, libera di abbracciare l’umanità intera. Perché questo e non altro è il senso dell’eremitaggio. Soli con il Solo, per abbracciare tutti.

   

Abbiamo avuto la fortuna (o la grazia, dipende dai punti di vista) di incontrare la monaca A., vivente in una casetta, schiacciata e nascosta tra un agglomerato di altre casette e appartamenti.

A.ha cinquanta anni, occhi profondi, celesti e vivaci, molto belli, una figura longilinea cui non è difficile immaginare una giovanile bellezza autentica, ma neppure sfiorita. Ha praticato molte vite, all’aria aperta, soprattutto in mare. Poi la conversione. Poi l’eremitaggio. Ci riceve senza portare l’abito monacale. Capelli lunghi, confessa che non porta il copricapo, non è tenuta alla tonsura né a praticare l’ascetismo. Infatti arriviamo prima di pranzo e, mentre si accende una sigaretta, ci offre un saporito aperitivo a base di liquirizia accompagnato da noccioline e salatini. Dipinge. Per anni ha riprodotto icone ma ora lavora al “Cantico dei Cantici”, interpretato con ferrea determinazione corporea. La casa si estende su due piani. Pianterreno: anticamera e cucinino, sala e un bagno. Un grande acquario accoglie un paio di grosse tartarughe. Sotto: sala e bagno. Un altro acquario. Pare che i pesci avvertano la sua presenza o quella degli intrusi. Un piccolo altare dove immagino il Vescovo o il Parroco celebrare Messa. Ma non chiedo. Un terrazzino stracolmo di vasi. La porta-finestra deve restare chiusa perché fuori si aggirano topi. Abbiamo dovuto attendere quasi un anno perché ci ricevesse. Pochi i libri: breviario, Bibbia, qualche libro di “lectio divina”, testi critici sulle icone. Difficile camminare: quasi tutto è occupato dal materiale che le serve per dipingere. C’è un materassino tra un centinaio di bottigliette per i colori. Bisogna togliersi le scarpe. Penso al Monte Oreb dove Mosè dovette camminare scalzo, ma qui le ragioni sono più pragmatiche: bisogna evitare di portare per casa i colori che hanno macchiato il pavimento. Ci cucina un saporitissimo riso al curry. Lei beve vino e termina il pranzo con un limoncello. A parte una breve preghiera prima di pranzo, nessun momento di riflessione spirituale. La conversazione è …secolare e si passa dal caffè alla turca ai minestroni, dal curry alle bibite, dalla pittura alla famiglia. Bah, e questa sarebbe una madre del deserto metropolitano? Altro che cella irraggiungibile o il Monte Atos o la Tebaide! Un eremitaggio senza mura e senza dogmi. E quei capelli lunghi…e quella sigaretta…e i nostri preconcetti…e il nostro atteggiamento, un misto di perplessità e di pruderie. A. è una bella donna. Non esce mai. Possibile? La libertà (la nostra idea di libertà) è a portata di… piede, pochi passi e si è fuori.

   

Ma neanche a Natale o Pasqua? Sempre sola?

Sì. Qualche volta passa mia madre. Ma devo saperlo.

E come fai a sapere quando viene ?

Beh, ho il cellulare.

Ah! E qui casca l’asino! Il cellulare! Ma allora…? Ma intanto non abbiamo visto tracce di televisione, radio, lavastoviglie. La lavatrice è rotta da mesi. Non c’è neppure un armadio. Dove tiene i vestiti? Il fatto è che non ci sono, i vestiti. Guardiamo meglio un quadro del ciclo del “Cantico”. Aguzzando la vista, nelle linee violente che serpeggiano sulla tela, non passano inosservati i dettagli anatomici: è proprio una penetrazione.

Al Vescovo è piaciuto molto. Mi ha incoraggiata a proseguire. Nessuna censura. Il “Cantico” lo interpreto in questo modo. Carnale: nozze mistiche per vie terrene.

Accatastate al muro, decine di grosse tele, due metri per due. Costo: mille e cinquecento euro a tela. Spiego che vorrei comprarne una, ma non ho lo spazio. Ma non immaginavo un costo così alto. Forse lo capisce.

Te l’avrei regalata.

Come fai a tirare avanti?

Mia madre, qualche benefattore e la vendita dei quadri. Ma adesso sono mesi che non vendo. L’ultimo a Natale. C’è proprio la crisi.

Dopo pranzo mi addormento sul letto. Segno di un agio insolito. Insomma, dopotutto è la prima volta che vengo, no? Ma lei manco se n’è accorta o gli ha dato peso. I locali sono caldi e poco refrigerati. Ricomincio a tormentarmi con le classiche comodità dell’uomo moderno. Cerco di misurare l’appartamento: trenta metri quadri compreso il bagno? Poi il sotto, ma lì, lei dice, non ci va quasi mai. Dettaglio: sotto è più comodo, più fresco, più…alla nostra (mia e dei miei amici) portata. Come fa a non uscire? Ma è poi vero? Tempo libero ne avrà parecchio…

Tempo libero? Vediamo: la mattina quasi niente: sveglia, preghiere. Poi esco. Esco solo la mattina. Vado alla Messa, poi al mercato per la spesa. Rientro. Cucino e lavoro un po’. Poi rimetto a posto. Mi riposo. Poi preghiere, la lectio, il lavoro, i Vespri, la cena, la compieta. Alle nove, nove e mezza dormo. Mi chiedevi il tempo libero? Non ci ho mai pensato. Mi sa che ne ho poco.

Tutti i giorni?

Già. Tutti i giorni. Feriali e festivi.

Da quanto tempo?

Qui da cinque anni.

Chi altro vedi?

Cerco di limitare le visite. Quasi nessuno. D’altra parte la mattina incontro molte persone, in Chiesa e al mercato.

Smetto di fare il terzo grado. Avverto la sensazione che andar via mi costerà uno sforzo. A cosa è dovuto? Insomma: chi diavolo è questa monaca? E questa assoluta libertà? Perché di questo si tratta. Domani avrò un sacco di impegni, uno più piacevole dell’altro: il lavoro, il traffico, il commercialista, le tasse, le bollette. Certo, la famiglia: la sera, attorno al tavolo, anche se per pochi minuti, c’è la tivvù che chiama, implacabile. E poi, che diamine, i campionati del mondo di calcio, la manovra economica e gli scandali e il gossip. Nel Sudan e nel Darfur, però, poco è cambiato. L’Iran rispetterà l’accordo anti atomica? Chi vincerà il grande fratello e l’isola dei famosi e la talpa e la lotteria di capodanno. Spero sempre che ci sia la Carlucci: presenta bene e senza enfasi. Devo ricordarmi di confermare la prenotazione per le vacanze di agosto. In spiaggia i prezzi sono aumentati.

Usciamo. C’è un patetico tentativo di invitare la monaca a casa nostra, a cena. Non ricordo neppure la risposta di lei. Era meglio evitare. Mi allontano con un vago senso di colpa e un banale entusiasmo. Ma perché? Ho fretta di allontanarmi. Ma quasi quasi non vedo l’ora di tornare. Avevo un centinaio di domande da fare. Dovrò attendere un altro anno? Mi riceverà? Torno a casa, toccato dalla Grazia che ha condotto nel mio deserto spirituale le orme di una presenza assoluta, senza tempo.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)