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Piccoli grandi musei italiani

Assisi

IV Convegno Nazionale
dei Piccoli Musei

Parla Giancarlo Dall’Ara, presidente dell’Associazione.
Diamo valore ai piccoli musei! Che poi sono il 90 per cento

di Alessandro Gentili


   

Una nuova cultura per valorizzare i piccoli musei: se ne è parlato al IV Convegno Nazionale ad Assisi, promosso dal Centro Internazionale Studi sul Turismo della Cittò Serafica e dall’Associazione Nazionale Piccoli Musei. Attraverso il contributo di moltissimi esperti, sono state proposte nuove soluzioni per fare della visita al piccolo museo un’esperienza originale e memorabile. A coordinare i lavori c’era Giancarlo dall’Ara, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Piccoli Musei, e sulla scia del suoi interventi proviamo a dare alcune risposte ai temi emersi.

Diversi erano gli obiettivi dell’incontro. Il primo, quello di valorizzare la specificità dei piccoli musei, che sono oltre il 90 per cento dei musei italiani. In generale si ritiene che la piccola dimensione sia un problema, mentre è più corretto ritenere che sia anche un vantaggio; imparando a percepirla non come “grande museo rimpicciolito”, quanto piuttosto come musei diversi dai grandi, sia nel rapporto con la comunità locale che nel legame con il territorio.

Il convegno è nato per promuovere una cultura gestionale dei piccoli musei che li sappia valorizzare, e i vari convegni nazionali servono anche a far capire alle Regioni che le normative per i piccoli musei spesso, anziché aiutarli, li penalizzano.

Ma cosa si intende per piccoli musei?

Piccolo museo ha una doppia lettura, si riferiscono una alle dimensioni ridotte, l’altra al particolar modo di gestire un museo, che noi definiamo accogliente. Sono accoglienti perché hanno un rapporto più vicino a chi li visita, sono meglio in grado di trasformare la visita in un’occasione relazionale, in un’esperienza originale. Moltissimi musei dell’Umbria – ad esempio - hanno le caratteristiche di base per poter essere considerati piccoli ed accoglienti.

Ma il dato più interessante è che anche molti grandi musei hanno imparato dai piccoli a riorganizzare i propri spazi, a presentarsi cioè come sommatoria di piccoli musei proprio per riuscire a esprimere al meglio tutte le loro risorse. Un ruolo chiave ce l’hanno i residenti. Se loro stessi non conoscono, non amano, non visitano i piccoli musei, come potranno andarci i turisti?

E se non ci vanno i visitatori, le istituzioni prima o poi li chiudono, e con la loro chiusura il territorio perde un po’ del proprio valore e appeal, capacità cioè di attirare attenzione, non solo turismo, e quindi indotto economico.

   

Quanti siano i piccoli musei in Italia è difficile darne una cifra esatta. Nessuno sa esattamente quanti siano. Le stime ufficiali parlano di poco più di 4.000 musei in Italia, ma si ritiene che siano il doppio. Sfuggono infatti alle statistiche ufficiali gran parte dei musei di piccola e piccolissima dimensione, proprio perché le normative e gli indicatori statistici non partono dalla situazione reale del nostro Paese ma da standard asettici, che molto spesso non hanno riscontro con la realtà. Le norme sono in genere studiate per i grandi musei, che sono una piccola parte dei musei italiani, e per i piccoli si prevedono delle deroghe.

Il buon senso dovrebbe ribaltare il criterio: le norme andrebbero fatte per i piccoli,che sono la quasi totalità dei musei, e per i grandi eventualmente si potrebbero prevedere normative a parte o deroghe. Insomma, c’è molto da fare in questo settore per valorizzare la piccola dimensione.

Ma buon senso e volontà politica – si sa – in Italia non abbondano, e il problema dei musei è tra quelli più trascurati nella complessiva trascuratezza che applichiamo all’arte e ai beni culturali in genere. Così, quando ci si domanda quali siano le principali difficoltà che incontrano questi musei, e sentiamo le varie risposte, ci si meraviglia come mai queste esigenze minime non vengano accolte.

Le difficoltà sono di carattere gestionale, e si sono accentuate con la crisi attuale. In ogni caso, i piccoli musei non chiedono finanziamenti: vorrebbero solo poter contare su norme meno burocratiche, che permettessero loro di essere attivi e vivi, e potessero sfruttare di più le conoscenze e le competenze che hanno, diventando musei multifunzionali, in grado di offrire una gamma ampia di servizi, non solo visite: ampliare la gamma di servizi permetterebbe loro di poter continuare a vivere.

   


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