Cinema
Lo Hobbit II:
Le desolazione di Smaug
Jackson allunga il brodo e si perde nella minestra
di Giada Gentili
Caro Peter, ti è andata bene perché J.R.R.Tolkien dopo secoli ha ancora migliaia di fans in tutto il mondo.
E i suddetti fans andrebbero a vedere film tratti dai suoi libri a prescindere, un po’ per curiosità, un po’ per vedere con gli occhi quello che hanno immaginato per anni leggendo, un po’ per il gusto della critica. Se così non fosse stato, chissà.
È uscito l'undici dicembre la seconda parte de “Lo Hobbit” il prequel de “Il signore degli anelli”, trilogia che diede dal 2001 al 2003 al regista Peter Jackson prestigio mondiale.
Dopo questo trionfo Jackson ha prima lavorato su un progetto personale chiuso nel cassetto, il remake di King Kong, ha poi girato il malinconico Amabili resti che si discostava dai suoi precedenti lavori e collaborato a pieno titolo al film d'animazione TinTin.
Ma già dal 2006 il regista aveva iniziato alla sceneggiatura de Lo Hobbit con Guillelmo del Toro, Fran Walsh e Philippa Boyens (queste ultime sceneggiatrici anche de Il signore degli anelli) per completare la sua opera, per la sua sfrenata passione tolkieniana e forse anche per mancanza di altre idee stimolanti.
Già dai primi mesi si vociferava che il libro sarebbe diventato una trilogia cinematografica e agli appassionati già stonava la suddivisione.
Ma a Jackson si da fiducia, Il Signore degli anelli è stata un'impresa titanica riuscita in pieno e quindi probabilmente ogni film avrebbe trovato il suo senso.
La desolazione di Smaug non ha avuto questo destino.
Molte, tante, troppe le scene carta carbone con La compagnia dell'anello, la storia si diluisce come l'oro dei nani di Moria e perde tutto l'appeal dell'avventura intelligente, finalizzata a grandi scopi, come la riconquista della propria identità e delle proprie terre da parte dei nani o il fascino del potere che inghiotte Bilbo.
Questo secondo capitolo è una serie di grandi sequenze di battaglia, paesaggi affascinanti, dimostrazione dell'estro e della fantasia del regista e del cast, ma poco altro. Poche le scene che fanno eccezione. Il momento degli indovinelli tra Gollum e Bilbo, che tiene fede a quasi tutto il capitolo del libro. La presentazione sintetizzata ma efficace per entrare subito nel cuore dello spettatore, di alcuni personaggi, gli elfi Legolas o il mago Radagast, tanto per citarne alcuni. I collegamenti con i film precedenti che danno ai veri appassionati momenti di vera goduria e sano divertimento.
Ma gli inseguimenti eccedono, compaiono troppi mostri e la storia d'amore tra l'elfo Tauriel (personaggio che nel libro non esiste) e il nano Kili fa prendere al film un strada mielosa che Tolkien non si sarebbe mai neanche sognato.
Nonostante tutto Le desolazione di Smaug va bene perché in certi casi gli effetti speciali impacchettano bene un regalo inutile.
Il film scorre e nelle due abbondanti ore e mezza l'occhio non cade. Ma girare un unico capitolo avrebbe dato tutt'altro spessore all'opera.
Ora si vocifera della realizzazione di un biopic su Tolkien, farne una trilogia sarebbe difficile ma mai mettere limite alle fantasia.