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Ambiente

Dossier Eolico

- Cronistoria passaggi politica su eolico industriale

- Quanto costa produrre energia con l’eolico

- L'eolico industriale su tutto l'Appennino

come paradigma di un sistema politico impazzito

(Memoria della Rete della Resistenza sui Crinali)

- Questionario su Eolico Industriale e Fotovoltaico a terra

(a cura di Italia Nostra e RRC)

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Cronistoria Passaggi Politica su Eolico Industriale

Una irrazionalità si era già manifestata, negli anni precedenti al PAN del 2010, con la scelta del sistema incentivante dei certificati verdi (CV) previsti dal cosiddetto Decreto Bersani (Ministro dell’Industria del Governo D’Alema) del 1999 che avrebbe inizialmente dovuto (a decorrere dal 2002) porre a carico dei produttori di energia elettrica da fonti non rinnovabili l’obbligo di immettere nel sistema elettrico una quota percentuale di elettricità (il 2%, poi cresciuto, Governo dopo Governo, fino al 7,55% entro il 2013) prodotta da impianti FER. I soggetti all’obbligo potevano adempiervi o immettendo essi stessi in rete elettricità prodotta da FER oppure acquistando da altri produttori appositi titoli (appunto i CV) comprovanti la produzione dell’equivalente quota, addebitandone poi i costi in bolletta ai consumatori. Il sistema si era rivelato immediatamente un enorme affare per gli impianti FER, ed in particolare per l’eolico, che diventava così una opportunità eccezionale in un paese, come l’Italia, privo di vento utile al funzionamento di tali enormi e costosissimi impianti che non avrebbero potuto essere realizzati, senza incentivazione, se non in alcune zone nel triangolo Foggia – Avellino – Benevento e poche altre in Sicilia e Sardegna. Non per niente il potenziale dell’energia eolica in Italia era stato riconosciuto dai Governi nei primi anni del Duemila in 2.000 MW. Tale valore potenziale era poi inopinatamente salito, nella Position Paper del Governo Prodi del 2007, a 10.000 MW on shore e 2.000 off shore. Questo aumento era strumentale alla decisione di quello stesso Governo di compiacere la lobby delle rinnovabili elettriche (e dell’eolico in particolare, che nel frattempo, si era arricchita e diventava, anno dopo anno, in grado di condizionare sempre di più la politica), arricchendo e prolungando il sistema incentivante ma soprattutto (e questo è stato il vulnus che ha distrutto definitivamente la logica stessa del sistema dei CV ed aperto le cateratte degli incentivi senza fine all’eolico) facendo carico allo Stato (attraverso il GSE – Gestore dei Servizi Energetici) di acquistare i CV prodotti in eccedenza ad un prezzo altissimo e prederminato. Il Governo Berlusconi, nel 2011, per non essere da meno in questo assalto alle bollette degli italiani, si è volentieri piegato alle pretese della lobby mondiale del fotovoltaico, che abbandonava la ormai devastata Spagna per il venire meno degli incentivi che là riceveva, permettendo la costruzione di impianti di FV in Italia con incentivi stratosferici, in grado di impiantare quasi 10.000 MW nel solo 2011. Questa decisione ha fatto definitivamente saltare i conti della catena di Sant’Antonio che la speculazione delle rinnovabili elettriche aveva messo in piedi. Infatti, per questo motivo, nel 2011 la spesa totale annua per gli incentivi è improvvisamente salita, secondo il Ministro dello Sviluppo Economico del nuovo Governo Monti Corrado Passera, a 9 miliardi di euro. L’anno scorso si è dunque reso necessario, per fermare questa emorragia mortale, esplicitamente definita dal Ministro Passera “furto dalle tasche degli italiani”, che vedeva come prima vittima il paesaggio di tutta Italia, un decreto di modifica e riduzione degli incentivi volti a raggiungere, peraltro, un obiettivo europeo ormai già conseguito. Passera ha pubblicamente dichiarato: “Abbiamo fatto arrabbiare tanti, perchè abbiamo toccato i soldi a pioggia verso le energie rinnovabili. Il giorno più brutto della mia esperienza di Ministro è stato quando ho avuto la quantificazione dei 170 miliardi di euro degli italiani che sono andati impegnati direttamente su questo. Con 170 miliardi uno cambia il mondo…” Infatti fa rabbia pensare a quello che si sarebbe potuto fare, anche solo nel settore della green economy, con tanti soldi. Purtroppo però Passera è stato evidentemente costretto a scambiare la riduzione degli incentivi annuali alle FER elettriche con la promessa di prolungare nel tempo il sistema incentivante. Anzichè bloccare definitivamente l’incentivazione ad un settore che ormai aveva raggiunto l’obiettivo del PAN, ha addirittura aumentato lo stanziamento annuo da 9 a 12,5 miliardi (di cui 6,7 al solo FV). Questo ha fatto sì che l’impegno complessivo della collettività per le sole FER elettriche sia salito ad un importo totale di circa 240 miliardi (come recentemente riconosciuto anche da Assoelettrica che comincia, troppo tardi, a denunciare i gravissimi danni al sistema elettrico complessivo arrecato dalle rinnovabili non programmabili). Per giustificare la spesa annua per gli incentivi al non fotovoltaico (5,8 miliardi annui) promessa ai lobbysti, che reclamavano una elargizione almeno dello stesso ordine di grandezza del FV (per il quale gli incentivi per i prossimi vent’anni sono ormai stati tutti assegnati) e che diventava il vero obiettivo di cui il Governo sembra preoccuparsi, si è ritenuto opportuno, avendo già raggiunto il target obbligatorio del PAN, seguire la strada dell’innalzamento degli obiettivi stessi per le FER elettriche che rischiano, esauriti gli stanziamenti per il FV, di concentrarsi in gran parte nell’eolico industriale. Da qui la prospettiva concreta di vedere presto tutte le montagne dell’Appennino (pur senza vento o con vento scarso) coperte di aerogeneratori giganti. Ecco dunque che nella successiva bozza della nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN), in corso di definitiva redazione quando l’attuale Governo è diventato dimissionario, è stato indicato esplicitamente, nella migliore tradizione dei piani quinquennali sovietici (o, meglio ancora, considerato il livello di autolesionismo che questo comporterebbe per l’economia nazionale, del Grande Balzo in Avanti maoista) un nuovo obiettivo per il 2020 al 36 – 38% dei consumi e, per non correre rischi in caso di crollo (probabile) dei consumi nazionali a causa della crisi, è stata indicata nella SEN anche la quantità in valore assoluto di energia elettrica prodotta da FER da raggiungere annualmente: 130 TWh (che, rispetto ai consumi di quest’anno, in ulteriore diminuzione, potrebbe essere persino superiore al 40%). Naturalmente, se malauguratamente i prossimi Governi dovessero confermare questo documento (e l’obiettivo a 130 TWh) si renderebbero necessari altri stanziamenti (che è proprio quello che vogliono i lobbysti e i loro troppi sostenitori della politica, dei media e, purtroppo, perfino delle direzioni nazionali di alcune altrimenti benemerite associazioni ambientaliste (WWF e Legambiente in testa) sui quali ricadono alcune briciole di queste centinaia di miliardi pubblici), e quindi, verosimilmente, ulteriori nuovi obiettivi in termini energetici, o in percentuale o in valore assoluto, e così via, in un loop senza (apparente) fine. Naturalmente, come tutte le bolle speculative, anche questa è destinata ad esplodere, visto che il tentativo di farla sgonfiare non è riuscito per la reazione dei lobbysti.



Quanto costa produrre energia con l’eolico

L’energia eolica viene in genere descritta come ambientalmente compatibile, adeguata a risolvere i problemi di autonomia energetica e a contribuire agli obiettivi fissati dagli accordi internazionali sul clima. Questa rappresentazione sommaria non è supportata da dati che possano essere confrontati con quelli di altre fonti di energia ma è diffusa a tal punto, in Italia e nel mondo, da trasformarsi in una sorta di pregiudizio positivo. I promotori dell’eolico pretendono che questa fonte sfugga ad ogni verifica e c’è persino chi vorrebbe impedire per legge la VIA sui singoli impianti.

Appare invece evidente che, come e più di ogni altra scelta tecnologica o industriale, le energie rinnovabili dovrebbero essere sottoposte ad una corretta analisi di costi benefici in considerazione del sistema di incentivazione di cui godono in Italia che grava sulle bollette degli utenti. Ciò vale in particolare per l’eolico che costituisce l’opzione più remunerativa per le imprese di energia, visto che, a parità di incentivi, l’investimento necessario per l’installazione di un campo eolico è notevolmente più basso di quello per un impianto fotovoltaico.

Un’analisi comprensiva dei costi esterni, cioè quei costi che ricadono sulla collettività in quanto non sono sostenuti da chi li ha generati, è lo strumento indispensabile per stabilire incentivi equi, per evitare operazioni speculative, per indirizzare gli investimenti nel modo più efficace e per evitare drammatici effetti, non previsti o sottovalutati nelle fasi decisionali e di progetto.

Partiamo da una grossolana, ma necessaria, semplificazione: fissiamo, in base all'esperienza di questi anni, i costi aziendali (sottolineo: solo costi aziendali) di un MW (Mega Watt) di potenza eolica installato in una zona montuosa o collinare italiana (dove si può meglio intercettare quel poco vento utile che c'è), in un milione e mezzo di Euro (grosso modo un milione per l'aerogeneratore e 500.000 per le altre spese). Anche il decreto governativo per i nuovi incentivi feed-in fissa, ai fini della determinazione delle garanzie patrimoniali per partecipare alle aste, come standard per le sole spese di impianto (pur sottostimandole), la cifra di 1.225.000 Euro al MW per l'eolico onshore.

Partendo dall'ipotesi di un milione e mezzo, si ricava facilmente che un MW eolico posto in un sito per il quale si ipotizza una produttività di 2.000 ore annue (siti rari ma non impossibili da trovare in Italia, ma ormai già ampiamente sfruttati, anche dove non si sarebbero potuto costruire simili impianti) e nell'ipotesi di una vita utile dell'aerogeneratore di 25 anni, come propagandato da molti costruttori, produrrebbe, in teoria, per 50.000 ore un'energia pari, di conseguenza, a 50 GWh e quindi al costo di 30 Euro al MWh (1.500.000 Euro diviso 50.000 MWh) o, se si preferisce, a 3 centesimi di Euro il kWh, più o meno come nell'esempio riportato (anche se questo riguarda addirittura un ben più costoso impianto offshore a Taranto, città evidentemente sfortunata).

Solo 3 centesimi, dunque: sarebbe bellissimo...

Passiamo ora ad una ipotesi più realistica, mantenendo l'ipotesi di un sito da 2.000 ore, ottimo per l'Italia ma in via di rapido esaurimento, ma considerando un ciclo di vita di 15 anni, prima di essere costretti a sostituire parti importanti dell'hardware per usura o incidenti: e dunque, rifacendo i calcoli come prima, 30.000 ore di produzione, cioè 30 GWh, per 50 Euro a MWh. Ancora discreto, almeno per il mercato italiano dell'energia elettrica, che è uno dei più cari al mondo.

Successiva approssimazione: consideriamo la produttività reale dei siti eolici italiani, che ormai si conferma abbastanza costante, se non addirittura in leggera decrescita, attorno alle 1.500 ore di produttività annue. Mantenendo costante la vita utile in 12\15 anni, si ottiene il risultato di 22.500 ore di produzione complessiva, quindi 22,5 GWh al costo di 66 Euro al MWh. E qui già siamo con costi sopra al prezzo di mercato dell'energia elettrica dell'inizio di gennaio (65 Euro al MWh). Ma non è finita.

La realtà, purtroppo, prevale sulla fantasia. Il più completo studio a posteriori finora dedicato all'argomento della produttività degli impianti eolici (vedi "Wind farm turbines wear sooner than expected, says study") ci dice che non solo la durata di 15 anni è un'ipotesi molto ottimistica, ma, quel che è peggio, la curva discendente della produttività è molto più accentuata e rapida del previsto, a maggior ragione per le macchine più grandi e per gli impianti in mare, per cui quei 66 Euro di costo valgono solo per una ipotesi di scuola (la produttività iniziale dovrebbe rimanere costante per 15 anni), inapplicabile alla realtà.

In base a queste considerazioni possiamo pensare che un medio sito italiano generi costi aziendali al MWh prodotto comunque superiori ai 100 Euro (10 cent al kWh).

E' perciò gravissimo che, chi ha partecipato ad un processo autorizzativo per un impianto eolico offshore (dove i costi, misericordiosamente, sono preventivati, almeno stando all'entità degli incentivi concessi, superiori del 50% rispetto a quelli onshore, sebbene anche in questo caso la realtà appaia persino peggiore (vedi "Gb: Governo sbaglia piani,eolico potrebbe costare 17 mld in più") possa sorbirsi la spudorata frottola, senza una minima verifica dei 3 cent di costo al kWh! Se non altro perché, se lo credesse davvero, dovrebbe chiedersi per quale motivo la collettività dovrebbe farsi carico di pagare degli incentivi, garantendo un premio feed-in, pari a sei volte ( ! ) il costo di produzione, ad un impianto che produce energia elettrica con costi che sarebbero la metà dei prezzi correnti di mercato.

E adesso passiamo ai costi (ingegneristici) non aziendali, ma che ricadono comunque sulla collettività e devono essere considerati in un'analisi, per quanto grossolana, dei costi dell'energia eolica in Italia. Ripeto: ai soli costi ingegneristici collettivi, non vogliamo parlare in questa sede, per evitare di maramaldeggiare, degli incentivi (indicati nelle bollette come "oneri di sistema"), diretti ed indiretti. E tanto meno dei costi (Dio ci perdoni!) "qualitativi". E limitarci solo ai principali: i costi per rinnovare le reti (l'ordine di grandezza è quello dei milioni di Euro all'anno per i prossimi anni) che così come sono non sono adatte a supportare oltre un certo limite dell'energia non programmabile, ed i "costi di dispacciamento", difficili, sebbene non impossibili, da quantificare ma in deciso aumento nelle bollette da quando si è impennata la produzione da fonti intermittenti come eolico e fotovoltaico.

E qui, proprio parlando di costi di dispacciamento, casca l'asino. Definitivamente. Già avevamo raggiunto livelli di costo completamente fuori mercato in assenza di incentivi per un sito medio italiano, pur senza considerare le ingentissime spese per la rete; ma incontriamo ora un ostacolo molto più dirimente che i costi. La qualità dell'energia elettrica prodotta dalle fonti intermittenti (eolico e fotovoltaico) non è la stessa di quella prodotta dalle fonti tradizionali (termoelettrico, e grande idroelettrico).

Per questo è improprio fare paragoni (già sconfortanti in Italia) sui costi. Per questo, soprattutto, l'energia eolica e fotovoltaica non si può dire "alternativa". Oltre a causare instabilità alle reti e maggiori costi, non si è in grado di garantire ai consumatori, ed in particolare all'industria, la stabilità dei parametri elettrici. Più si aumenta la percentuale di fonti intermittenti, più la situazione si aggroviglia senza soluzione. Questo non vale certo solo per l'Italia: (vedi "Il colossale pasticcio delle rinnovabili elettriche in Germania secondo Der Spiegel.")

Purtroppo l'energia elettrica, per essere usata quando ce n'è necessità, si può spostare solo nello spazio (pur con severi limiti) ma non nel tempo.

Niente da fare: si potrebbe coprire Creta (anche il mare attorno, già che ci siamo, perchè, tanto, un mare vale l'altro per loro ) di pale eoliche e pannelli fotovoltaici e quindi ottenere facilmente (prescindendo dai costi, ovviamente) non solo l'energia sufficiente ai consumi dell'isola, ma a quelli dell'intera Grecia, ma ciononostante sarebbe comunque necessario mantenere in funzione tutte le centrali a combustibili fossili esistenti sull'isola in funzione di back up, con i relativi sussidi (il capacity payment) da pagare anche in questo caso, per far sopravvivere questi impianti ma senza produrre.



L'eolico industriale su tutto l'Appennino

come paradigma di un sistema politico impazzito

(Memoria dell'intervento di Alberto Cuppini

rappresentante della Rete della Resistenza sui Crinali)


La scelta dei Governi italiani di questi ultimi anni di privilegiare le fonti energetiche rinnovabili è nata da almeno tre esigenze: la riduzione delle emissioni clima alteranti, la riduzione dei costi sempre più schiaccianti delle importazioni di combustibili fossili ed il raggiungimento dell'autonomia dalle forniture provenienti da Paesi scarsamente affidabili. In Italia si è preferito enfatizzare la prima di queste esigenze, ispirandosi ai principi del protocollo di Kyoto del 1997. Le politiche conseguenti a tale protocollo vengono coordinate a livello europeo partendo dal programma - obiettivo "20-20-20 per il 2020". I tre "20" considerati sono: 1) la riduzione del 20% delle emissioni clima alteranti, 2) l'innalzamento al 20% della produzione energetica da energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici nazionali e 3) l'aumento del 20% dell'efficienza energetica. L'obiettivo che riguarda l'eolico è compreso nel secondo di questi "20", che è stato ridotto, in considerazione della sua particolare onerosità, al 17% nel 2007, in seguito alla negoziazione del Governo italiano con l'Unione. Per il raggiungimento di tale 17% l'Europa ha richiesto la presentazione di un Piano di Azione Nazionale (PAN), trasmesso dal Governo italiano all'Unione nel 2010. Il PAN prevede che tale obiettivo di produzione energetica da fonti di energia rinnovabile (FER) venga conseguito complessivamente operando in tre macrosettori, fissandone anche in questo caso gli obiettivi di produzione (comprese le importazioni) in termini percentuali sui consumi: il 17,09% per il settore riscaldamento/raffreddamento, il 26,39% per il settore elettrico e il 10,14% per il settore trasporti. Già da queste percentuali si rileva un primo elemento di apparente irrazionalità nell'intenzione di concentrare gli sforzi nel settore, particolarmente costoso per gli enormi incentivi a carico delle bollette elettriche che esso richiede, della produzione da FER elettriche. Tale irrazionalità venne immediatamente rilevata, tra gli altri, dal rapporto OCSE del 2011 ("OECD Economic Surveys: Italy 2011"): "L'implementazione del sistema ETS e lo sviluppo dell'energia rinnovabile, pagati dai consumatori, innalzeranno ulteriormente i prezzi dell'elettricità che in Italia sono tra i più alti d'Europa". "L'Italia che ha tradizionalmente un sistema economico particolarmente efficiente dal punto di vista del consumo energetico sta perdendo questo primato" . "Il modo più efficiente e meno costoso per ridurre le emissioni di CO2 sono gli interventi di efficienza energetica seguiti da cattura della CO2 e nucleare (con forti controversie su queste opzioni) e rinnovabili termiche". "L'utilizzo delle rinnovabili elettriche è uno dei modi più costosi per ridurre le emissioni di gas serra" ed ancora "I costi legati al sistema di incentivi per le rinnovabili sono molto maggiori delle esternalità evitate con la mancata produzione da fonte fossile".

Una irrazionalità si era peraltro già manifestata, negli anni precedenti al PAN, con la scelta del sistema incentivante dei certificati verdi (CV) previsti dal cosiddetto Decreto Bersani (Ministro dell'Industria del Governo D'Alema) del 1999 che avrebbe inizialmente dovuto (a decorrere dal 2002) porre a carico dei produttori di energia elettrica da fonti non rinnovabili l'obbligo di immettere nel sistema elettrico una quota percentuale di elettricità (il 2%, poi cresciuto, Governo dopo Governo, fino al 7,55% entro il 2013) prodotta da impianti FER. I soggetti all'obbligo potevano adempiervi o immettendo essi stessi in rete elettricità prodotta da FER oppure acquistando da altri produttori appositi titoli (appunto i CV) comprovanti la produzione dell'equivalente quota, addebitandone poi i costi in bolletta ai consumatori. Il sistema si era rivelato immediatamente un enorme affare per gli impianti FER, ed in particolare per l'eolico, che diventava così una opportunità eccezionale in un paese, come l'Italia, privo di vento utile al funzionamento di tali enormi e costosissimi impianti che non avrebbero potuto essere realizzati, senza incentivazione, se non in alcune zone nel triangolo Foggia - Avellino - Benevento e poche altre in Sicilia e Sardegna. Non per niente il potenziale dell'energia eolica in Italia era stato riconosciuto dai Governi nei primi anni del Duemila in 2.000 MW. Tale valore potenziale era poi inopinatamente salito, nella Position Paper del Governo Prodi del 2007, a 10.000 MW on shore e 2.000 off shore. Questo aumento era strumentale alla decisione di quello stesso Governo di compiacere la lobby delle rinnovabili elettriche (e dell'eolico in particolare, che nel frattempo, si era arricchita e diventava, anno dopo anno, in grado di condizionare sempre di più la politica), arricchendo e prolungando il sistema incentivante ma soprattutto (e questo è stato il vulnus che ha distrutto definitivamente la logica stessa del sistema dei CV ed aperto le cateratte degli incentivi senza fine all'eolico) facendo carico allo Stato (attraverso il GSE - Gestore dei Servizi Energetici) di acquistare i CV prodotti in eccedenza ad un prezzo altissimo e prederminato. UNA MANNA PER GLI SPECULATORI

A questo punto il sistema è definitivamente impazzito ed ha proceduto, da allora, secondo logiche eterodosse, al punto di fare affermare nel 2010 a Giulio Tremonti, all'epoca Ministro dell'Economia del successivo Governo Berlusconi: "quello dell'eolico è un business ideato da organizzazioni corrotte che vogliono speculare e di cui noi non abbiamo certo la quota di maggioranza". Ad onor del vero, prescindendo da considerazioni sulle quote di maggioranza o minoranza (rispetto alla concessione di regali all'eolico, a Roma si è realizzato un invidiabile sistema bipartizan), il Governo Berlusconi, nel 2011, per non essere da meno in questo assalto alle bollette degli italiani, si è volentieri piegato alle pretese della lobby mondiale del fotovoltaico, che abbandonava la ormai devastata Spagna per il venire meno degli incentivi che là riceveva, permettendo la costruzione di impianti di FV in Italia con incentivi stratosferici, in grado di impiantare quasi 10.000 MW nel solo 2011. Questa decisione ha fatto definitivamente saltare i conti della catena di Sant'Antonio che la speculazione delle rinnovabili elettriche aveva messo in piedi. Infatti, per questo motivo, nel 2011 la spesa totale annua per gli incentivi è improvvisamente salita, secondo il Ministro dello Sviluppo Economico del nuovo Governo Monti Corrado Passera, a 9 miliardi di euro. L'anno scorso si è dunque reso necessario, per fermare questa emorragia mortale, esplicitamente definita dal Ministro Passera "furto dalle tasche degli italiani", che vedeva come prima vittima il paesaggio di tutta Italia, un decreto di modifica e riduzione degli incentivi volti a raggiungere, peraltro, un obiettivo europeo ormai già conseguito. Passera ha pubblicamente dichiarato: "Abbiamo fatto arrabbiare tanti, perchè abbiamo toccato i soldi a pioggia verso le energie rinnovabili. Il giorno più brutto della mia esperienza di Ministro è stato quando ho avuto la quantificazione dei 170 miliardi di euro degli italiani che sono andati impegnati direttamente su questo. Con 170 miliardi uno cambia il mondo..." Infatti fa rabbia pensare a quello che si sarebbe potuto fare, anche solo nel settore della green economy, con tanti soldi. Purtroppo però Passera è stato evidentemente costretto a scambiare la riduzione degli incentivi annuali alle FER elettriche con la promessa di prolungare nel tempo il sistema incentivante. Anzichè bloccare definitivamente l'incentivazione ad un settore che ormai aveva raggiunto l'obiettivo del PAN, ha addirittura aumentato lo stanziamento annuo da 9 a 12,5 miliardi (di cui 6,7 al solo FV). Questo ha fatto sì che l'impegno complessivo della collettività per le sole FER elettriche sia salito ad un importo totale di circa 240 miliardi (come recentemente riconosciuto anche da Assoelettrica che comincia, troppo tardi, a denunciare i gravissimi danni al sistema elettrico complessivo arrecato dalle rinnovabili non programmabili). Per giustificare la spesa annua per gli incentivi al non fotovoltaico (5,8 miliardi annui) promessa ai lobbysti, che reclamavano una elargizione almeno dello stesso ordine di grandezza del FV (per il quale gli incentivi per i prossimi vent'anni sono ormai stati tutti assegnati) e che diventava il vero obiettivo di cui il Governo sembra preoccuparsi, si è ritenuto opportuno, avendo già raggiunto il target obbligatorio del PAN, seguire la strada dell'innalzamento degli obiettivi stessi per le FER elettriche che rischiano, esauriti gli stanziamenti per il FV, di concentrarsi in gran parte nell'eolico industriale. Da qui la prospettiva concreta di vedere presto tutte le montagne dell'Appennino (pur senza vento o con vento scarso) coperte di aerogeneratori giganti. Ecco dunque che nella successiva bozza della nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN), in corso di definitiva redazione quando l'attuale Governo è diventato dimissionario, è stato indicato esplicitamente, nella migliore tradizione dei piani quinquennali sovietici (o, meglio ancora, considerato il livello di autolesionismo che questo comporterebbe per l'economia nazionale, del Grande Balzo in Avanti maoista) un nuovo obiettivo per il 2020 al 36 - 38% dei consumi e, per non correre rischi in caso di crollo (probabile) dei consumi nazionali a causa della crisi, è stata indicata nella SEN anche la quantità in valore assoluto di energia elettrica prodotta da FER da raggiungere annualmente: 130 TWh (che, rispetto ai consumi di quest'anno, in ulteriore diminuzione, potrebbe essere persino superiore al 40%). Naturalmente, se malauguratamente i prossimi Governi dovessero confermare questo documento (e l'obiettivo a 130 TWh) si renderebbero necessari altri stanziamenti (che è proprio quello che vogliono i lobbysti e i loro troppi sostenitori della politica, dei media e, purtroppo, perfino delle direzioni nazionali di alcune altrimenti benemerite associazioni ambientaliste sui quali ricadono alcune briciole di queste centinaia di miliardi pubblici), e quindi, verosimilmente, ulteriori nuovi obiettivi in termini energetici, o in percentuale o in valore assoluto, e così via, in un loop senza (apparente) fine. Naturalmente, come tutte le bolle speculative, anche questa è destinata ad esplodere, visto che il tentativo di farla sgonfiare non è riuscito per la reazione dei lobbysti.

La conclusione più verosimile sarà che, di fronte ad un aggravarsi della crisi economica (che gli enormi costi e l'inefficienza delle FER elettriche contribuiscono ad acuire), verranno, in un prossimo futuro, improvvisamente tagliati con la scure tutti gli incentivi (forse anche quelli in essere), come è già successo in Spagna, oppure si verificherà un grave incidente a causa della presenza nella rete elettrica di tanta energia da fonti intermittenti che comporta (nelle parole della Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas) il "rischio di disconnessione a catena degli impianti" che causerà un colossale black out di qualche ora (o di qualche giorno?) che metterà definitivamente fine alla falsa illusione delle rinnovabili elettriche intermittenti "alternative", anzichè "integrative", come logica vorrebbe, agli impianti tradizionali.

Ma fino a quel traumatico momento verranno commessi altri scempi ambientali. L'impianto del Cisa Cirone potrebbe essere uno dei tanti. Troppi. Ciò che importa sapere è però che, al momento, non esistono più obblighi giuridici di alcun tipo che giustificano gli incentivi ad altri impianti di FER elettriche. Infatti già dallo scorso anno, e con ben otto anni d'anticipo, è stato raggiunto e superato l'obiettivo del 26,39% per il 2020 (addirittura al netto dell'energia elettrica importata). Nel solo 2012 sarebbero stati montati in Italia, secondo l'ANEV, l'associazione confindustriale di categoria, 1.272 MW di eolico, cioè la quota massima di potenza annua mai installata, a cui dovrebbero corrispondere 800 o 900 aerogeneratori giganti, da soli in grado di modificare in modo significativo l'aspetto di intere zone montuose e collinari dell'Appennino, che si sono andati ad aggiungere alle migliaia già esistenti di potenza complessiva, alla fine del 2011, di 6.936 MW che avevano prodotto, nel 2011, 9.856 GWh per appena 1.421 ore utili di media (ultimi dati ufficiali comunicati dal GSE). Intanto è stata appena resa pubblica, sempre dal GSE, la prima stima (non definitiva) sugli impianti a fonti rinnovabili per il 2012: il rapporto tra elettricità prodotta da FER e quella consumata in Italia ha raggiunto il 27,5%. E' facile immaginare che, con l'entrata a regime degli impianti installati lo scorso anno e con le nuove installazioni, nel 2013 si supererà la soglia del 30%. Il sacrificio imposto alla collettività nazionale ed al territorio è stato ingente ed assolutamente imprevisto fino a pochissimi anni fa. Già lo scorso anno sono stati spesi per le sole incentivazioni annue (limitandosi a considerare solo quelle dirette) alle FER elettriche quasi 11 (undici) miliardi di euro, a carico delle bollette elettriche degli italiani, come si può rilevare dal contatore presente nella home page del sito del GSE. La quota di 11 miliardi annui sarà verosimilmente sfondata quest'anno solo per l'andata a regime degli impianti installati lo scorso anno e perciò, unitamente agli impianti che verranno costruiti nonostante la diminuzione degli incentivi (ma solo per gli impianti da costruire d'ora in poi), si può prevedere una spesa per il solo 2013 attorno ai 12 miliardi (esclusa l'IVA, che in Italia si deve pagare anche sulle tasse), cioè 200 euro pro capite più IVA. E’ curioso rilevare, per meglio comprendere l'entità dello sforzo, che il principale oggetto del contendere delle recenti elezioni politiche è stata la restituzione dell'IMU per la prima casa, che ha imposto agli italiani un onere annuo di 4 miliardi. Lo stesso decreto ministeriale del 6 luglio scorso per il nuovo sistema incentivante dichiara esplicitamente (all'articolo 1) di "avere la finalità di sostenere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili attraverso la definizione di incentivi ... in misura adeguata al perseguimento dei relativi obiettivi, stabiliti nei Piani d'azione per le energie rinnovabili", ossia il PAN. Nello stesso PAN si chiarisce che "non sono fissati obiettivi legati specificatamente ad una tecnologia". E dunque, con la bozza della SEN al momento chiusa in un cassetto ministeriale, non esistono ulteriori obblighi per costruire altri impianti eolici a terra, il cui obiettivo di 12.000 MW al 2020 era stato solo "stimato" e non "fissato" dal PAN, appunto perchè gli obiettivi per classi di produzione energetica sono solo "proposti". La costruzione di un'imprevista quantità di impianti fotovoltaici ha dunque reso eccessivo tale valore di stima per l'eolico.

Logica e buon senso vorrebbero che ora, essendo già stato raggiunto e superato l'obiettivo per le FER elettriche ed in base proprio a quanto affermato nei considerata del D.M. del 6 luglio per argomentare la diminuzione degli incentivi alle FER elettriche ("Considerato in particolare che nel settore elettrico l'Italia è in anticipo rispetto agli obiettivi fissati ... Ritenuto tuttavia che per il perseguimento degli obiettivi in materia di fonti rinnovabili si debba dare maggiore impulso ai settori calore e trasporti e all'efficienza energetica, che sono modalità, in media, economicamente più efficienti...") lo sforzo collettivo per il raggiungimento del secondo 20 (negoziato, come detto, a 17) del progetto europeo del 20-20-20 si concentrasse in settori diversi di quello elettrico, che, in più, vantano le migliori eccellenze dell'industria italiana, se non altro perchè il potenziale di generazione elettrica in Italia è ormai il triplo del massimo richiesto e di tutto c'era bisogno tranne che di ulteriore potenza inaffidabile e non programmabile (e quindi non "alternativa"). Non c'è nessun ragionevole dubbio che l'obiettivo finale complessivo del 17% al 2020 non possa essere raggiunto, a patto di non fare mancare gli incentivi ai settori più promettenti, evitando di disperderli a vantaggio di quelli più onerosi, per i quali, oltre tutto, l'hardware viene importato dall'estero. Pensate che la bozza della SEN, che ha loro destinato 12,5 miliardi, ha riservato "appena" 900 milioni al settore termico e circa 1.100 a quello dei trasporti. Per non parlare dell'autentica elemosina che viene riservata alla ricerca ed allo sviluppo di fonti energetiche veramente alternative e della totale assenza di incentivi ai trasporti pubblici, al telelavoro ed a tutte le possibili politiche volte a ridurre i consumi energetici e ad aumentare l'efficienza dell'esistente.

Nel nostro caso, oltre al sacrificio finanziario a carico di tutti gli italiani e a danno dell'economia nazionale, verrebbe imposto un sacrificio ancora maggiore in quanto una simile scelta provocherebbe una ulteriore deturpazione paesaggistica, ambientale ed identitaria inflitta alle nostre montagne.

Bisogna malinconicamente riconoscere che, in questo ambito, il tradimento degli interessi collettivi non è una esclusiva dei vari Governi nazionali che si sono succeduti nell'ultima dozzina d'anni. La stessa bozza ministeriale della SEN ammette esplicitamente che "spesso le associazioni di settore italiane svolgono azioni di lobby nei confronti dei soggetti comunitari, creando situazioni di promozione di interessi di settore a scapito dell'interesse generale del Paese".

La situazione si aggrava ulteriormente nel caso dei Pubblici Amministratori locali. A livello di Amministrazioni regionali abbiamo assistito ad una invereconda gara per aumentare le quote di FER elettriche da installare nel proprio territorio, trasformando quello che avrebbe dovuto essere il doloroso burden sharing regionale (cioè la condivisione tra tutte le regioni del fardello impostoci dall'Europa) in una corsa all'oro per favorire i pochi soggetti avvantaggiati, a danno di intere comunità. Proprio per questo, l'effetto più devastante, soprattutto dell'eolico, avviene a livello sociale, con la creazione di un clima conflittuale diffuso e con l'accettazione di logiche mafiose (non più solo nel Meridione) in grado di replicare il loro potere all'infinito. Assistiamo così, allibiti, all'azione di innumerevoli Sindaci ed Assessori (di tutti i colori politici) che abdicano alla loro funzione istituzionale di severi guardiani dei territori di loro competenza per trasformarsi in "sviluppatori" dell'eolico, mascherando la loro brama di ottenere finanziamenti alla propria politica, tramite (nella migliore delle ipotesi...) le (vietatissime) royalties sul fatturato degli impianti, sotto un sottilissimo velame di affermazioni ecologiste, ormai rimasticate all'infinito. Essi non si rendono conto che, così facendo, non incorrono soltanto in irregolarità di natura contabile, ma in responsabilità ben più gravi, specie quando il loro giudizio, imprescindibile durante il complesso e articolato processo di valutazione di impatto ambientale degli impianti, dovrebbe essere negativo in base a leggi e regolamenti esistenti per quello che riguarda, ad esempio, la tutela della salute pubblica oppure il parere paesaggistico, ma che diventa invece positivo a seguito di accordi intercorsi direttamente tra Comuni e proponenti, con la promessa del conferimento di quelle che adesso pudicamente si chiamano "compensazioni ambientali". E' incredibile che, in una contingenza come l'attuale, dove l'intera classe dirigente politica rischia di essere spazzata via dalla resa dei conti presentata dalla crisi finanziaria (generata da decenni di comportamenti irresponsabili ed immorali nell'amministrazione della cosa pubblica, di cui la vicenda dell'eolico selvaggio è solo un esempio, sebbene particolarmente odioso) e dalla conseguente crisi economica, tanti politici concedano ai loro avversari l'opportunità di coglierli con le mani nel sacco e quindi di eliminarli per sempre dalla scena con un fin troppo facile pretesto. Essi, con ogni evidenza, confidano esclusivamente nella buona stampa di cui oggi godono le "rinnovabili" in Italia, ma che tuttavia non le pone affatto al di sopra della legge. Ma, si sa, Deus amentat quos perdere vult. Non per niente, nel caso delle rinnovabili elettriche in Italia, le parole "follia" e "pazzia" sono sempre più ricorrenti nelle analisi degli operatori economici...


Questionario su Eolico Industriale e Fotovoltaico a terra

(a cura di Italia Nostra e RRC)

Quali incentivi riceve l’eolico e di che valore? Nel 2012 i certificati verdi (gli incentivi agli impianti più grandi, quelli che stiamo combattendo) sono costati 1 Miliardo di Euro. A questo bisogna aggiungere gli incentivi per gli impianti fino a 1MW che sono costati circa 600 milioni. C'è poi una molteplicità di altri sistemi incentivanti che però da qualche anno sono incompatibili con i CV. Difficile quantificarli ma in senso relativo è poca roba. Diciamo che, per i soli incentivi, all'eolico sono andati 1,7 miliardi contro 6,5 per il FV.

Qual è il costo beneficio dell’eolico per il sistema energetico italiano? La riduzione dei costi per l'import di idrocarburi è più che annullata dai costi per importare gli aerogeneratori che non vengono costruiti in Italia. Poi crea tutta una serie di altri costi (specie alla rete di distribuzione energetica nazionale senza contare i danni ambientali per il paesaggio. Di alcuni di questi problemi parlano anche Confindustria e Assoelettrica concordando sull’argomento.

La prima, per voce di Agostino Conte del Tavolo della domanda di Confindustria, che dice : “ era da subito folle il livello di incentivazione alle rinnovabili e la traiettoria che il settore aveva preso, e che quella traiettoria avrebbe portato a quello che oggi sta accadendo, cioè all’esplosione dell’A3 (la componente della bolletta elettrica su cui si scaricano in gran parte gli oneri di incentivazione delle rinnovabili). Dinamica folle, che ha portato al risultato che noi spenderemo per 20 anni tra i 10 e i 13 miliardi di EURO, dei quali soldi il 95%sono andati o andranno all’estero perchè l’Italia, a differenza della Germania e della Francia, non ha costruito una propria filiera industriale. I nostri industriali pagano bollette da 155 euro ( a Megawattora a salire ). I nostri competitori tedeschi o le nostre aziende in Germania ne pagano 55: come si può pensare di continuare a immaginare di fare industria in Italia? Le rinnovabili non possono sbilanciare tutto il sistema. Loro incassano e io azienda, io cittadino pago? Si perchè lo sbilanciamento LO PAGO IO. Si deve mettere mano all’attuale sistema degli incentivi se no è ineluttabile: finiremo a tariffa. A meno che non si voglia che la gran parte del sistema industriale italiano, quella energivora, vada via da questo Paese.

ASSOELETTRICA per voce di Chicco Testa dal canto suo sostiene quanto segue. “Il sistema elettrico si trova attualmente in una capacità di sovrapproduzione. Abbiamo una potenza totale largamente superiore al nostro fabbisogno, pur tuttavia i prezzi, anzichè diminuire come avviene normalmente quando c’è un eccesso di capacità produttive, continuano a salire. E questo è un problema che bisogna spiegare alla gente e alle imprese, perchè altrimenti i nostri consumatori ci mandano definitivamente a quel paese. Il mercato elettrico è ridotto al lumicino. Nel 96 è stata varata una riforma che prevedeva competizione per le diverse fonti e le diverse società del mondo elettrico, dopo di che una serie di provvedimenti presi dalla politica, una serie di decisioni di natura pianificatoria, di politica industriale, ha stravolto completamente questa situazione per la quale oggi ci troviamo con il 50% in termini di valore dei consumi elettrici totali che non hanno nessuna forma di comparazione o di obbligo rispetto al mercato, perchè sono dispacciati obbligatoriamente, cioè superano qualsiasi necessità di competizione e vanno direttamente con prezzi spesso prefissati”.

In buona sostanza in Italia chi produce energia (ASSOELETTRICA) e chi la consuma (TAVOLO DELLA DOMANDA DI CONFINDUSTRIA) è assolutamente convinto che l’attuale sistema di incentivazione ha creato gravi danni e nessun vantaggio e che occorre assolutamente riequilibrare la situazione.

Quanto pesa l’incentivo all’eolico in bolletta per i cittadini? Il problema non sono tanto le bollette domestiche (che rappresentano circa un quinto dei consumi degli italiani), quanto il totale delle bollette in generale, perchè gli italiani, con le bollette, pagano direttamente i consumi domestici, ma indirettamente pagano prezzi maggiori su beni e servizi a causa degli incentivi che sono a carico di chi usa l'energia (come ad esempio le ferrovie, ma anche i prodotti industriali e qualsiasi altra cosa). La spesa totale dell'anno scorso (circa 10,5 miliardi più IVA) corrisponde esattamente a 200 euro pro capite. Su questo l'eolico pesa per circa il 15% (circa 30 euro).

Fino a quando pagheremo gli incentivi in bolletta? Quindici anni i Certificati Verdi (dalla data dell'entrata in esercizio degli impianti già in essere) e 20 anni i nuovi “feed-in premium” assegnati attraverso il meccanismo delle aste. Peccato però che gli aerogeneratori eolici si rompano prima (media 15 anni di durata vita aerogeneratore) e quindi, al termine della vita utile, dovranno essere sostituiti e nuovamente incentivati. Si calcola che pagheremo per incentivi alle sole FER elettriche complessivamente circa 240 miliardi.

Assoelettrica recentemente ha fatto una stima dello stesso ordine di grandezza. Con la nuova SEN, per i costi, sarà anche peggio.

Quanto è migliorata la tecnologia eolica in funzione degli incentivi concessi? Nessun miglioramento significativo e dunque si possono fare le seguenti valutazioni:

1 - Poiché non abbiamo un’industria nazionale nè dell’eolico (avevamo la Riva Calzoni che è fallita e l’Italia, nell’eolico, è ora solo produttrice di componenti elettromeccaniche) , nè tranne rare eccezioni del fotovoltaico, gli incentivi sulla filiera tecnologica sono stati erogati inutilmente.

2 - Di fatto un miglioramento tecnologico non c’è stato, quindi gli incentivi non hanno avuto effetto neppure in questa direzione anche se la quota investita dall’Italia è forse la prima in termini qualitativi, e come peso è una delle maggiori.

Si può allora concludere che gli incentivi alle rinnovabili elettriche non programmabili (in primis l’eolico) non si sono rilevati tali, ma sono stati in realtà dei puri sussidi. Quello che andrebbe capito e discusso è come questi sussidi sono stati distribuiti e perché e come avrebbero potuto essere allocati diversamente.

Sull’argomento è particolarmente interessante questo contributo del Professor Angelo Spena, ordinario di Fisica tecnica ambientale all’Università Tor Vergata di Roma (“Efficienza vuol dire anche essere selettivi con le diverse opzioni e selezionare le migliori”).

Per valutare l’efficienza delle principali rinnovabili elettriche non programmabili, cioè eolico e fotovoltaico, Spena si affida a 10 anni (dal 2002 al 2011) di dati mondiali che ha raccolto e coordinato. Onde determinare l’efficacia degli incentivi, che per loro stessa natura devono essere transitori e decrescenti nel tempo, ha verificato per prima cosa, ex post, se si è verente innescato un circolo virtuoso. A tal fine ha ritenuto opportuno cominciare definendo un criterio, quanto più oggettivo possibile, per misurare la virtuosità della filiera tecnologica dell’eolico e del fotovoltaico. Ha perciò definito un “indice di virtuosità” determinato da due diversi indicatori: 1) un indicatore delle economie di scala in cui vengono considerati solo i costi delle componenti industriali, cioè delle macchine (le pale eoliche). 2) un indicatore della producibilità annua.

Il prodotto dei due indicatori esprime i kWh prodotti ogni anno dall’investimento di un euro in macchine e dovrebbe risultare crescente per giustificare successivi investimenti nello stesso settore nel medio periodo. Perciò, teoricamente, dovrebbero risultare positivi entrambi gli indicatori. Ma è andata davvero così? Cioè: tutti i soldi spesi dalla collettività nazionale hanno innestato un circolo virtuoso? Dopo dieci anni di dati, resi disponibili dal GSE, possiamo tirare le somme e si capisce bene che sono soldi buttati!!!!

Il rapporto tra i kWh prodotti e gli euro spesi per le pale eoliche è di fatto decrescente ogni anno nel corso degli anni, anche se gli investimenti, in tutto il mondo, sono aumentati secondo una curva esplosiva. Il costo delle pale anzichè scendere, con il mercato in crescita, è aumentato mentre il secondo indicatore (la producibilità annua) si è mantenuto costante a significare che non ci sono cioè stati aumenti di prestazioni delle macchine eoliche.

Per quello che riguarda il FV, l’indice di virtuosità rimane costante nei primi 5 o 6 anni e poi assistiamo ad una crescita molto rapida. Gli incentivi hanno fatto decollare il mercato? Secondo Spena c’è “il fondato sospetto” che si sia trattato dell’ “effetto Cina”. “La Cina aveva nel 2004 una quota del mercato mondiale dei pannelli FV dello zero per cento. Adesso è del 45%. Significa che l’unica novità è l’arrivo dei cinesi.

Chi ha voluto e spinto la legislazione degli incentivi all’eolico? (responsabilità politica). VEDERE ALLEGATO A.

Qual è l’apporto dell’eolico nel complesso della produzione energetica nazionale? Il contributo dell'eolico ai consumi elettrici nazionali nel 2011 è stato un po' inferiore al 3%. Nel 2012 ha superato il 4%. In teoria può arrivare anche al 100% ed oltre, se si prescinde dai costi. Basta montare delle pale dappertutto... Peccato che l'energia elettrica serva quando ce n'è bisogno, non quando soffia il vento...si tratta di una fonte non programmabile, che non può essere paragonata a quelle programmabili, trattandosi di energia di qualità differente che necessita di tutta una serie di cautele. Qui bisogna scendere nei dettagli, ed è molto importante farli conoscere, altrimenti si è indotti in errore (vedere le 2 domanda successive).

L’eolico è un sistema autosufficiente?

No, ha bisogno comunque di una Centrale tradizionale che lo faccia partire e che deve rimanere accesa per subentrare in qualsiasi momento.

In genere si tratta di centrali a Turbogas, i cui costi di costruzione sono molto alti e vanno ammortizzati, anche se non sono tenute in funzione produttiva, ma solo accese e pronte a subentrare in pochi minuti al calare del vento. Resta evidente che i proprietari pretendono di essere remunerati per la mancata produzione. Il costo extra per il sistema dell'eolico per il mantenimento in funzione delle centrali tradizionali senza farle produrre è maggiore di quello del FV, che è meglio programmabile attraverso strumenti statistici e previsioni del tempo.

Sarebbe Interessantissimo conoscere questi costi (oneri di dispacciamento) che si pagano in bolletta suddivisi per fonte ma nessuno ha interesse a farli conoscere: perché?

L’eolico è una fonte rinnovabile intermittente: cosa comporta questo per il sistema energetico italiano e per la rete elettrica di distribuzione? Tra i vantaggi di cui godono i produttori di energia eolica c’è quello della priorità nel dispacciamento per cui l’energia da loro prodotta ha la precedenza nell’immissione in rete (insieme al fotovoltaico) sulle altre fonti di produzione elettrica. Siccome però l’eolico (come il fotovoltaico) è una fonte rinnovabile intermittente questo crea dei problemi alla rete di distribuzione con la conseguenza che, ad esempio, l’energia elettrica dei grandi produttori termoelettrici entra in rete ormai quasi sempre dopo il tramonto (perché il fotovoltaico a quel punto non produce più) e dunque costa molto più che in passato perché i margini di recupero sono minori. La riduzione dei prezzi nelle ore di punta viene compensata dagli aumenti che i produttori tradizionali chiedono nelle ore serali, per recuperare i margini perduti. Gli impianti tradizionali sono comunque ridotti a bocconi e stanno licenziando. Eppure il problema non è l'aumento dei prezzi: sono gli incentivi stessi, che valgono da soli ormai i due terzi del valore totale (!) dell'energia prodotta (tutta l'energia elettrica prodotta in Italia, ai prezzi della Borsa elettrica). E' per questo che c'è tanto accanimento per le rinnovabili: Sorgenia, ad esempio, con solo il 4% di potenziale elettrico da rinnovabili incentivate mantiene in vita non solo se stessa, ma tutta la CIR...

Dati su la nuova colonizzazione off shore dell’eolico e il suo impatto ambientale sulle coste italiane. Dove saranno collocati gli impianti off shore? Di quante pale si parla? In gennaio erano stati messi all'asta tutti i 680 MW da installare secondo il PAN entro il 2020 ma è stata presentata una sola offerta, per un impianto al largo di Taranto. Adesso si parla anche di un mega progetto (In un’area di 70 km quadrati) a largo (si fa per dire visto che in alcuni punti parliamo di soli 7 KM dalla costa) del Golfo Manfredonia.

Come sono andate le ultime Aste del GSE sull’eolico off shore e on shore? Sono stati assegnati 442 dei 500 MW previsti, mentre il contingente degli impianti più piccoli (60 MW annui), da assegnare con il sistema dei registri, è stato interamente soddisfatto da una richiesta tripla.

Quanti impianti eolici in Italia sono sotto le 1500 ore di attività annua in media previste nei calcoli sulla produzione nazionale e nei vari piani industriali di ogni singolo impianto? Le statistiche sono illuminanti. Secondo l'ultima relazione definitiva ed ufficiale disponibile del GSE sugli impianti FER (quella pubblicata nell'autunno scorso per il 2011) la produttività eolica è di norma risibile. Citiamo (perchè è clamoroso) da pag. 52: "Nel 2011 il 50% degli impianti eolici è riuscito a produrre per oltre 1.550 ore, come nel 2009". e ancora: "Le ore di utilizzazione dell'intero parco eolico sono pari nel 2011 a 1.563 rispetto alle 1.573 del 2009". Questo tenendo in considerazione solo gli impianti a regime, altrimenti le ore sarebbero state 1.421. In un anno le ore sono 8.760. Basta fare la proporzione per calcolare l'imbarazzante (per gli eolici) percentuale. E, oltre tutto, si tratta di ore non programmabili... E' incredibile che questi impianti vengano non tanto realizzati, ma anche solo presi in considerazione! Dal grafico nella stessa pagina risulta che solo il 15% ( ! ) degli impianti ha superato le 2.000 che vengono considerate il break-even point affinchè un impianto eolico in montagna sia redditizio senza incentivi.

Quali incentivi ricevono a fronte di una produzione al di sotto delle stime e del piano industriale? Sia i CV che i premi feed-in vengono assegnati per MW prodotto. Con il sistema dei CV un sito che garantiva 900 ore l'anno era interessante per il produttore. Adesso l'incentivo per MW è minore, ma comunque ancora esageratamente alto.

Quali sistemi di produzione da FER a parità di potenza installata producono maggiori quantitativi di energia? VA sempre considerato che l'energia eolica e quella FV non sono programmabili e quindi i paragoni e le classifiche sono ingannevoli, trattandosi di qualità diverse di servizio reso, ma quella tra le FER di gran lunga più produttiva, oltre che programmabile, è quella del grande idroelettrico (quello con le dighe che permettono di trasferire l'energia nel tempo). Però sarebbe assurdo costruirne altre mandando sott'acqua l'Italia per salvare le isole Seychelles dall'effetto serra. Le biomasse per produrre elettricità molto spesso, per essere surdimensionate rispetto alle capacità di produzione del bacinoi di rifornimento naturale, si risolvono in un disastro ambientale, ponendo in pericolo le area boscate anche di altissimo interesse naturalistico.

Il FV, è persino meno performante che l'eolico, almeno fino a quando non si raggiungeranno nuove economie di scala e tecnologie ancor più efficienti.

Il problema più evidente in campo fotovoltaico è stato determinato da una politica scellerata che lo ha fatto decollare con incentivi spropositati, quando i prezzi erano ancora troppo alti, e fino mal 2020, diminuiranno ancora. E dalla follia di autorizzarlo e incentivarlo anzichè sui tetti dei capannoni industriali e degli edifici pubblici e privati delle periferie, autorizzarlo ed incentivarlo nelle aree agricole per grandi estensioni e sotto forma meramente speculativa.

Il fotovoltaico distribuito tra famiglie e piccole imprese, nel momento in cui i costi scenderanno ancora e si sarà ricostituita una filiera industriale nazionale, rimane per noi una opzione in teressante e da percorrere.

Peccato che tutti i fondi disponibili siano stati sperperati per la speculazione internazionale sulle aree agricole, cui abbiamo assistito atterriti.

Evidentemente ora altre soluzioni vanno cercate altrove. Ci sono due possibilità, a questo punto, se non si fa ricerca ed innovazione (costosissima) a livello europeo: se le cose andranno male, come sembra, non ci sarà bisogno di altro potenziale elettrico installato in Italia.

Per le famiglie e le piccole imprese rimane tuttavia un enorme spazio di azione, costituito dalle rinnovabili termiche, dove peraltro l’industria italiana è all’avanguardia, nonostante sia stata trascurata e penalizzata dalle follie eoliche e fotovoltaiche per come descritte.

Qual è l’impatto dell’eolico industriale e del fotovoltaico a terra in termini occupazionali? A dispetto di quanto affermano i diretti interessati, in testa ANEV, la ricaduta occupazionale di questi sistemi di produzione energetica in Italia è bassissima e in ogni caso a tempi brevi. Da un punto di vista della produzione dell’hardware è già ampiamente dimostrato che pannelli e aerogeneratori sono stati (e lo sono tutt’ora) acquistati all’estero perché questa filiera industriale in Italia non è mai stata attivata o messa nelle condizioni di attivarsi come invece è stato fatto in altri paesi europei (Francia, Germania ad es.). Gli impianti una volta in funzione sono controllati da una centrale informatizzata e dunque non occupano molto personale. I maggiori impieghi si hanno per la mano d’opera necessaria alla realizzazione di un impianto per cui per tempi molto limitati. Cosa differente, tanto per fare un paragone di quanto avviene con il Teleriscaldamento che attiva sul territorio una filiera permanente per l’approvvigionamento della materia prima e la movimentazione della stessa per tutta la durata di funzionamento di un impianto.

Quali sono le nostre proposte per risolvere il problema? Moratoria per i nuovi impianti FER e la tassazione di quelli esistenti a causa degli eccessivi ed ingiustificati arricchimenti che la loro folle incentivazione ha provocato. Stop dell’Eolico industriale on-shore e off-shore. Investire in efficienza energetica,ricerca, rinnovabili termiche e mobilità e trasporti sostenibili. Si libererebbero risorse economiche enormi. Su questo tema si è espresso anche il già vice direttore del Corriere della Sera Massimo Mucchetti:” “Con i decreti … meglio di prima. Ma vogliamo anche recuperare parte dei regali passati? Lo si può fare per via fiscale, senza toccare i contratti vigenti… si potrebbero ridurre le bollette, ovvero finanziare l’efficienza energetica, le rinnovabili termiche, la ricerca”.

Poi sarebbe bello che qualcuno indagasse come sia stato possibile realizzare un simile disastro con gli incentivi alle FER elettriche e spendere tanti soldi degli italiani per non ottenere altro che danni, anche andando a vedere quanti tra politici, amministratori locali e loro familiari o collegati hanno interessi diretti in imprese di fotovoltaico ed eolico…sarebbe esercizio assai interessante, specie di questi tempi, nei quali si chiede trasparenza.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)