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racconto

Il ciclo storico

di Ruggero Scarponi

Tutto iniziò quando un gruppo di agiati benpensanti propose una nuova teoria economica in cui si sosteneva che per alleviare le dure condizioni di vita dei meno abbienti fosse necessaria un’azione vigorosa in favore dei ricchi.
I cittadini da cui era sorta una simile teoria la diffusero con tale spirito rivoluzionario che il Re ne fu contrariato ed entrò in sospetto nei loro confronti.
Benché i cittadini di cui sopra appartenessero tutti al ceto più ricco della nazione, non di meno il linguaggio e i metodi utilizzati per diffondere le loro idee suscitarono non poco allarme da parte dei nobili e del clero.
La polizia fu più volte invitata dai magistrati a compiere ispezioni e interrogatori per capire se dietro a tanto furore ideologico si celasse il germe di una rivolta contro le istituzioni.
Il popolo dapprima assistette indifferente ma poi si fece deciso sostenitore del gruppo, diremo oggi, rivoluzionario.
I toni di costoro, la passione e la foga indussero i più semplici a crederli paladini dei poveri e degli indifesi.
In poco tempo, si costituirono nuclei di plebei in armi pronti a tutto, pur di difendere le cosiddette “nuove idee”.
Invano Sua Maestà il Re convocò tutte le assise del Regno nel tentativo di pacificare e riportare nell’alveo di una dialettica intellettuale le istanze più oltranziste.
Ma tutto fu inutile e gli eventi precipitarono senza che nessuno riuscisse a mantenerne il controllo.

Dapprima ci furono i cortei, le manifestazioni.
Da queste si passò ai tafferugli e alle sommosse e in fine tutto sfociò in una grande rivoluzione popolare.
Sua Maestà il Re fu deposto e insieme a Sua Maestà la Regina fu giustiziato su una pubblica piazza riempita fino all’inverosimile da una folla eccitata e plaudente.
Conquistato il potere, subito, il club dei benpensanti si dette a compiere i necessari massacri al fine di consolidarlo.
Tali eccessi riguardarono anche diversi alti dirigenti, in particolare quelli che si erano dimostrati titubanti di fronte alle scelte più sanguinarie oppure coloro che vi avevano aderito con particolare entusiasmo.
A forza di eliminare questo e quello l’originario gruppo dei benpensanti si ridusse a tal punto che alla fine uno solo raccolse nelle sue mani tutto il potere.
Ma già dal giorno seguente al suo insediamento nella reggia al posto del vecchio Re giudicò controrivoluzionaria la richiesta di quei popolani che insediatisi nel palazzo come sue fidate guardie del corpo reclamavano i primi interventi urgenti a favore del popolo.
In una sola notte fece arrestare quei facinorosi che accusati di alto tradimento furono, dopo un processo sommario, giustiziati sulla pubblica piazza.
Siccome il popolo, formato in prevalenza da contadini, aveva abbandonato le normali attività lavorative per correre alla rivoluzione, avvenne che tutto il raccolto di quell’anno andasse in malora e già nel primo autunno si dovette ricorrere alle scorte alimentari per evitare la carestia.
Tuttavia non passò un mese che la popolazione tutta ma in special modo i più poveri dovettero subire i rigori dell’inverno e i morsi della fame.
Il dittatore che si era insediato alla guida del paese passò tutto il tempo a scatenare repressioni e campagne di odio contro i nemici del popolo individuati ogni volta quali responsabili della miseria in cui si dibatteva.
Purtroppo, però, il perdurare della grave crisi economica, seguita alla rivoluzione, cominciò a mettere in luce non solo le promesse mancate ma anche le aspettative deluse dei rivoluzionari. Oramai si mormorava apertamente criticando i lussi e lo sfarzo di cui si circondava il dittatore insensibile alle istanze dei sudditi.
Ma la polizia e l’esercito presidiavano costantemente tutti i punti strategici delle principali città del paese, intervenendo, spesso brutalmente, per arrestare e reprimere ogni inizio di sedizione o di protesta.
Malgrado ciò la situazione nel paese si faceva sempre più difficile.
L’agricoltura era stata abbandonata, il commercio languiva a causa dell’insicurezza delle strade lasciate alla mercé di briganti e assassini e nel migliore dei casi di gabellieri corrotti e ogni attività industriale sembrava essersi fermata per mancanza di manodopera quasi tutta confluita nelle file dell’esercito rivoluzionario.
Allora il dittatore cercando di distogliere l’attenzione dei sudditi dai problemi reali cominciò ad accusare i paesi vicini di essere i veri responsabili della crisi, pronti a gettarsi come lupi affamati contro la rivoluzione trionfante.
A quelle parole l’indignazione popolare salì alle stelle.
Ovunque s’invocava la guerra per farla pagare a quei perfidi stranieri.
La guerra, infatti, scoppiò su vari fronti e si protrasse per lunghi anni a fasi alterne.
Molte vittorie furono celebrate e su molte sconfitte si pianse.
Ma più ancora si pianse per i morti causati non solo dal conflitto ma soprattutto dalle terribili pestilenze propagate dagli eserciti in marcia.
Il dittatore, intanto, era sempre più impegnato in una battaglia estrema nel tentativo di attribuire la responsabilità delle sofferenze ora ai nemici esterni ora a quelli interni.
Finché una notte un soldato della guardia istigato da qualcuno penetrò nella sua camera e trovandolo addormentato lo uccise a colpi di pugnale.
Il gesto era stato ispirato dai ricchi banchieri che avevano sostenuto a suo tempo il gruppo dei benpensanti e il dittatore.
Costoro timorosi che il precipitare degli eventi potesse mettere a rischio i loro capitali senza indugio ordirono la congiura.
L’indomani la notizia di quanto era avvenuto nella notte fu accolta da un generale tripudio.
La folla formata quasi esclusivamente da poveri e plebei danzò instancabilmente fino a notte per festeggiare l’evento come una liberazione.
Ora finalmente si poteva tornare alla vita normale.

I pochi benpensanti scampati alle persecuzioni del dittatore presero il controllo della nazione dando vita a un governo d’emergenza democratico e repubblicano.
Furono sostenuti nel progetto dai ricchi banchieri.
Per prima cosa fu stipulato un trattato di pace con le nazioni in conflitto.
Le cui clausole assai dure imponevano anni di duri sacrifici per soddisfare alle riparazioni richieste dalle nazioni vincitrici.
Il popolo, dopo la smobilitazione dell’esercito rivoluzionario, tornò lacero e affamato alle vecchie dimore.
In molti casi le trovò saccheggiate o distrutte.
Sradicate le piante nei giardini e nei poderi, sconvolti i campi e incendiati i magazzini.
Non avendo più di che sostenersi i più furono costretti ad accettare salari di fame e dure condizioni di lavoro alle dipendenze dei ricchi banchieri e dei benpensanti divenuti grandi proprietari terrieri e ricchi possidenti.
La polizia e l’esercito non s’interessavano più delle ideologie lasciando che ognuno mormorasse come voleva e contro chi voleva, quanto piuttosto di ogni possibile occasione per arraffare e rubare ai danni dei più indifesi.
Con le prime elezioni libere si ebbe un parlamento finalmente democratico composto quasi per intero da ricchi professionisti e da nobili proprietari terrieri.
Il primo atto fu la promulgazione della Carta Costituzionale e la Repubblica, con grande solennità, fu dichiarata nata dalla rivoluzione popolare.

Un nuovo gruppo di benpensanti in una città di provincia cominciò a farsi sentire tramite alcuni giornali.
Parlavano dei diritti negati al popolo e proponevano di dare maggior potere alla classe politica per difenderne le giuste rivendicazioni.
Per meglio esprimere le loro idee e posizioni si costituirono in partito politico.
Dopo quattro anni le loro fila si erano decisamente ingrossate e alle elezioni che si tennero nell’estate di quell’anno vinsero con una schiacciante maggioranza di suffragi.
Subito furono varate una quantità di leggi a favore dei ceti professionali e mercantili che si erano sacrificati e che per amore della politica e del bene comune avevano abbandonato le loro lucrose attività.
Purtroppo però, per intervenire a favore del popolo non si trovarono risorse e per alleviare almeno un poco le condizioni dei più poveri si decise di tassarli duramente per reperire in questo modo le risorse necessarie.
Ma poi una crisi finanziaria causata dalle speculazioni dei banchieri che sulla guerra avevano impegnato grandi capitali comprando i titoli di stato a interessi crescenti, provocò un rischio di default da parte dell’erario con conseguente inasprimento fiscale nei confronti delle classi lavoratrici sui cui salari furono prelevati consistenti quote in forma di tassazione straordinaria.

Per giustificare questa ulteriore misura di austerity, al popolo fu addebitata la responsabilità di voler vivere al di sopra delle proprie possibilità e di essere in tal modo la causa della grave crisi che il paese stava attraversando.
Era del tutto evidente come fosse necessario tornare a un tenore di vita più sobrio.
Passato qualche mese e di fronte alla stagnazione dell’economia innescata da tutta quella serie di interventi insensati si levarono molte voci contrastanti .
Ma su tutte se ne alzò una, sostenuta da tutta la stampa nazionale: per venirne fuori si disse, sarebbe stata necessaria una vigorosa azione a sostegno dei ricchi.


Racconto 

Un clochard tra di noi

Per sdrammatizzare questo nostro momento storico

di Franca Berardi

Era un clochard come tanti, ma aveva una sua speciale peculiarità: e cioè essere un tipo chic! ed in quanto tale, molto, molto riservato.
Si sentiva diverso dagli altri barboni e , anche quando, andava a mangiare alla mensa dei poveri, chiedeva sempre porzioni piccole.
Quelle abbondanti, erano per i cafoni…e così si metteva in un angolo della sala lontano dagli altri…
Aveva la puzza al naso come si suol dire oltre che quella addosso.
Se gli altri commensali facevano salti di gioia quando gli portavano da mangiare pasta e fagioli, lui da vero snob, chiedeva riso pilaf o una minestrina e disdegnava le cotiche, la cipolla, il cotechino, l’aglio; ma detestava anche il fegato, la trippa, il baccalà ed anche Beccalzù…un paese del pavese ove era vissuto da giovane, particolare questo comunque sia, irrilevante …
Andava , però , pazzo per la pizza.
Ma, dietro questo suo atteggiamento spocchioso ed altero, si nascondeva l’animo gentile e delicato di un patetico e romantico bohemienne, che faceva gran fatica ad adeguarsi ad un mondo che pareva non appartenergli più da troppo tempo ormai…
Insomma lui era un clochard per caso e sognava di comprarsi un’ampio scatolone a due piazze, vista mare con possibilità di un angolo cottura, con rifiniture di pregio e tappezzato da giornali di testate prestigiose come il Times e il Corriere della Sera.
Così gli avevano promesso quelli dell’agenzia immobiliare , che …riescono a vendere anche l’aria fritta… a chi , come lui, aveva un budget molto… anzi troppo basso.
Lui ,nel frattempo, aveva chiesto di aprire un mutuo con la banca.
Sempre da vero snob, cercava mozziconi di sigari toscani che preferiva alle cicche di sigarette troppo ordinarie …e quando rovistava nelle pattumiere, riusciva a scegliere sempre la roba migliore.
Del resto, tanta gente getta via di tutto anche indumenti da poco usati.
E così trovò un vestito quasi nuovo di zecca color blu notte, una cravatta firmata un po’ sbiadita…e persino un giaccone in montone , praticamente nuovo, lasciato lì da qualche riccone distratto o da un evasore fiscale.
Continuando nelle sue ricerche nei cesti della spazzatura, scovò anche un mazzo di fiori freschi che mise da parte in attesa che arrivasse la sua amata… che lui immaginava alta, bionda, come la Schiffer…
Nel frattempo sognava di arredare la sua futura casa di cartone per renderla più confortevole e , mentre ci pensava, si addormentò, colto da un’improvvisa stanchezza.
Di colpo, si trovò in un ampio salone, gremito di gente, nel bel mezzo di un party.
Mentre cercava di ricomporsi al meglio, ancora intontito da quel sonno profondo, vide arrivare, proprio nella sua direzione, un uomo alto, imponente con il codino e incredibilmente somigliante a Nickolson…, che, con aria bonaria, gli disse: “Guardi che qui non si può stare….e gli fece segno di andar via.
Ma poi ci ripensò ed aggiunse :”Ma lei, non è forse quell’accattone che si da un sacco di arie quasi fosse un gran signore?”.
Sorpreso il barbone rispose :“Mi scusi… Ma come fa a saperlo?.
”Perché io sono Dio – esclamò l’altro con un sorriso ammaliante e compiaciuto-…”
“ E va bene – ribattè l’altro – lo ammetto , ma non si può sognare almeno una volta nella vita, di essere quello che non si è?”.
E lo disse con aria contrita.
Dio, nell’ascoltarlo si intenerì e pensò: ” Questo uomo sarà pure un barbone, ma ragiona bene e mi piace”.
E così gli propose di alloggiare momentaneamente in un bel cartone azzurro color del cielo, ampio e confortevole come lui aveva sempre sognato….
Ma, stranamente, egli rifiutò con la classe che lo contraddistingueva…del resto, era già d’accordo con l’agenzia immobiliare e la sua banca….
“Semmai – aggiunse- … non si potrebbe avere una dolce compagnia, insomma una donna?”.
“Vedremo - rispose Dio-… però non far menzione alcuna a quelli della Caritas.
Chi lo sente il Papa e la Chiesa tutta? Quelli, quando ci si mettono, fanno persino paura a me che sono l’Onnipotente!...
Anzi, ti dirò di più: questa non è la vita che volevo per voi, ma gli uomini , si sa, estremizzano ed esagerano e così hanno anche stravolto il mio credo con dottrine assurde ed improponibili”.
Sospirò e aggiunse : “E, come se non bastasse, quando mio figlio è sceso tra tutti voi, ha rilasciato mille interviste ai giornalisti dell’epoca, incuriositi dalla sua presenza e dalla popolarità che si era conquistato… ma, anche loro, hanno interpretano e travisato ogni cosa con notizie false e tendenziose”.
L’accattone ascoltava ed intanto pensava :” Ma a chi allude… a sé stesso….o a Berlusconi”?
E mentre parlavano, il clochard notò tra tutta quella gente, un giovane , praticamente pelato, e pieno di tatuaggi che spesso e volentieri guardava nella loro direzione…
“E quel ragazzo che ci osserva là in fondo chi è?” – aggiunse -
“E’ Gesù - rispose Dio - e sospirò a lungo,… e, poi, non disse altro, mentre il suo sguardo si era all’improvviso rattristato.”
Dopo un lungo silenzio, il clochard tornò alla carica: “dimmi ancora qualcosa di tuo figlio, ti prego, …per me sai è stato sempre un mito…,aggiunse.
“Non me ne parlare, rispose Dio, con aria accorata, …ha perso la testa per una ragazza punk che fuma spinelli e beve a gogò…”.
“Ma come? esclamò il barbone, …Gesù ha una donna?”.
“Ma certo che sì ed anche più di una…non mi dire che ti scandalizzi o forse credi ancora che fare sesso serva solo alla procreazione e che noi… i Supremi, non abbiamo cedevolezze e tentazioni?
Comunque sia, preferirei sorvolare sull’argomento, visto che con mio Figlio è un momentaccio.
Quando litighiamo, mi rinfaccia che è finito sulla croce per colpa mia…e che l’ho abbandonato.”
Sempre più voglioso e goloso di gossip, il barbone chiese a Dio notizie sulla Madonna?…
“E di lei chi mi dici?”.
“E’ andata dal parrucchiere – replicò Dio alzando gli occhi al cielo.
Anche Lei mi ha dato un grandissimo dispiacere…, a causa di una lite banale in famiglia, è andata via con Giuseppe ed ha preferito partorire mio Figlio in una grotta, nonostante Le avessi trovato un posto da Dio…
E per concludere il tutto in bellezza, ora si è separata ed ha iniziato una nuova storia con uno scapestrato…”.
“Ma non aveva mica fatto voto di castità? Non ha partorito senza peccato - chiese sempre più confuso ed esterrefatto il barbone - “.
“Lasciamo perdere – aggiunse Dio- sarebbe un discorso troppo lungo e, comunque sia, la Sua verginità è un’altra leggenda metropolitana…”
Intanto che parlava gli offrì un brandy…
”No, grazie, sussurrò il clochard…”prenditelo tu” , io sono astemio …- e nel mentre pensava, sussurrò tra sé, :” Sarò un barbone, ma mica un alcolizzato!”.
Nel frattempo che discorrevano, si era fatta quasi sera…e il barbone osservò che la triste storia familiare che l’Onnipotente gli aveva raccontato, era molto simile alla sua…
Tanto è vero che egli, alla fine, esasperato oltre ogni limite, se n’era andato a gambe levate preferendo ai suoi cari parenti, la strada.
Ma nel mentre compativa sia se stesso che Dio, gli sembrava che Egli fosse molto più umano e simile agli uomini…, persino simpatico.
Stavano calando ormai le ombre della sera e Dio guardò l’orologio ed esclamò:” Madonna mia, si è fatto tardi… ora ti devo salutare- aggiunse- ; lascio tutti i miei invitati e vado a vedere il Grande Fratello…così, magari, mi abbiocco un po’…se vuoi puoi pure servirti, con comodo.
In fondo alla sala, c’è un gran buffet che ti aspetta…attento però agli Apostoli…
Hanno il vizio di fiondarsi sui piatti, senza guardare chi c’è intorno a loro, per accaparrarsi le pietanze migliori.”
E intanto che lo diceva , si congedò da lui in tutta fretta e, a passo sostenuto, trovò anche il tempo di accendersi un sigaro toscano…
”Proprio quello che piace a me – penso’ il barbone – e, intanto che lo vedeva andar via , aggiunse, :”Che Dio ganzo; io lo adoro…”;e nel frattempo che lo ripeteva tra sé e sé, si svegliò di botto…
Era ormai mattina inoltrata ed, una grigia e fastidiosa nebbiolina, iniziava a calare; frattanto un postino gli si avvicinò per recapitargli una lettera.
“C’è posta per me? – esclamò sorpreso e ancora un po’ trasognato il clochard.
“Sì!” – rispose compunto il portalettere-…
“Ma chi è che mi scrive?...Maria De Filippi?”.
“Non credo proprio – ribattè seccato il postino - e se ne andò, mentre il barbone aprì la lettera febbrilmente, ma, ahimè era la banca che gli comunicava di non potergli concedere il mutuo tanto agognato!
E così il clochard si rimise a dormire, sperando in un sogno migliore visto che il mondo più di così non poteva peggiorare e sperò di ritrovarsi ancora al cospetto di Dio.
Magari , chissà… gli avrebbe eventualmente offerto quel cartone azzurro che lui aveva scioccamente rifiutato.


Racconti d’altri tempi  

Il Barbagianni

di Agnolo Camerte

Sembra avesse nidificato sul campanile della Chiesa, quello dove le campane non suonavano.
Lo si sentiva la notte, quando si passava sotto il suo nido; soffiava come una pentola a pressione, oppure emetteva un suono stridente.
Poi a notte inoltrata non si sentiva; sembra andasse a caccia di ratti o di rane.
Era la sua specialità, dissero a Carletto e Cesarino i Professori della Veterinaria.
“È un gran cacciatore notturno di roditori e quindi è molto utile all’uomo” confermò loro il Professor Stoppoloni.

Detto da lui, grande scienziato, era da crederci; inoltre ce lo fece vedere imbalsamato al suo museo di storia naturale. Che bello! Un rapace veramente stupendo!
“Ma come si fa per vederlo volare Professore?”
-“Eh! Non è tanto facile! Anche perché il suo volo è silenziosissimo! Caccia di notte e bisognerebbe sapere dove ha nidificato! Così quando spicca il volo lo puoi seguire per un po’”!-
Ci rispose il Professore con molta benevolenza.-
- “Di notte però voi dovete dormire! Al massimo se siete fortunati lo riuscite a vedere sul far del giorno, quando tutto è silenzio e la città ancora dorme….”- .

La curiosità di noi ragazzini montò talmente che incominciammo a tormentare i genitori a darci il permesso di alzarci all’alba, per andare a vedere il barbagianni…..Che lagna, che insistenza, poveri genitori!
Alla fine il permesso arrivò perché non ne potevano più!
E così Carletto e Cesarino, cascati dal letto, alle quattro del mattino già stavano in strada…

   

Si misero in cammino verso la Chiesa, senza parlare, ancora impastati di sonno; passo dopo passo, si accorsero del silenzio sonnacchioso che avvolgeva tutta la città.
Le case buie, i vicoli, le piante che senza il vento non facevano neanche stormire le loro fronde; un silenzio nuovo, di gente addormentata.
Non si sentiva un gemito, un rumore, neanche un gatto miagolare o un gallo.
Dormivano tutti e tutto sembrava avvolto in un silenzio surreale.
Carletto sussurrò a Cesarino, come se avesse timore di svegliare qualcuno: ma qui tutto è silenzio: possibile che solo il barbagianni sia sveglio o sia già a caccia di topi… Cesarino rispose che era possibile che i topi nel silenzio uscissero dalle tane, infatti si dice che quando il gatto dorme il topo balla…
Questo il barbagianni ti pare che non lo sappia?

Arrivati in piazza Carletto volle affacciarsi dal balcone panoramico per vedere se il cielo e le montagne fossero ancora buie; a momenti dovevano incominciare a tingersi dei colori dell’alba.
Era primavera inoltrata, ma le cime lontane erano ancora incappucciate di neve.
Di li a poco, all’improvviso come una lama, un raggio di sole illuminò la cima più alta.
Che spettacolo indimenticabile fu l’alba di quel giorno!
Che colori, che bellezza vedere le valli sulle quali la luce correva velocemente, per le colline, per gli anfratti, le cime degli alberi, tutto incominciava a schiarirsi ed a prendere contorni definiti.

Quando in lontananza sentimmo il primo gallo cantare… Cesarino si mise a canticchiare quello stornello del saltarello che diceva:

“arrizzate Marì che jornu è fattu,
lu porcu sta a strillà jo lu stallittu,
arrizzate Marì che jornu è fattu
e lu gallu su lu patullu casca jo e se roppe lu collu
l’ha fattu pe’ dispettu de la cajna…..”

Subito dopo si sentirono altri due galli che cantavano ; si risvegliò poi una mucca che incominciò a mugghiare in lontananza, poi un cane che abbaiava rispondendo ad un altro molto lontano, infine si incominciò a sentire un rumore secco e ripetuto.
Toc, toc, toc…poi ancora altri rumori simili in giro per la campagna sottostante.
Scoprimmo dopo un po’ che non erano picchi, ma le roncole dei contadini che avevano iniziato a potare le loro piante.

Quando la luce del giorno schiarì tutto definitivamente, si sentirono le prime voci dei contadini che si salutavano da un campo all’altro e che incitavano le loro vacche a lavorare il campo…

Che bella l’alba!
Tutta la natura si risveglia sonnacchiosa, piano piano, quasi stiracchiandosi come faccio io la mattina quando mi sveglio, pensò Carletto…
Già! Ma il barbagianni? Disse all’improvviso Cesarino.

Ci mettemmo allora a correre verso il campanile della Chiesa e naso in su aspettammo che il barbagianni si facesse vedere.
Aspettammo, aspettammo fino a farci venire il torcicollo, ma del barbagianni neanche l’ombra!.....Pazienza! disse, sarà per un’altra volta, Intanto lo sappiamo che qui ha nidificato, vedrai che prima o poi lo vediamo.
Adesso andiamo a casa, perché io ho fame e voglio fare colazione.
Lui certamente l’ha già fatta!


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)