Ambiente
16 settembre
Occhio all’ozono
Il 19 dicembre del 1994
l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
ha proclamato il 16 settembre
Giornata Internazionale per la Preservazione
dello Strato dell’Ozono
Se ne è parlato in lungo e in largo anche a sproposito... da un po’ di tempo sembra essere un problema dimenticato. Forse è bene, anche in occasione di questa giornata, fare un pensiero sulle cause che la presenza più o meno intensa di tale gas nell’atmosfera può provocare. Il fenomeno va sotto il nome di “Buco dell’Ozono”.
Un po’ di storia
Si è scoperto che la circolazione invernale dell’atmosfera ai poli è simile a quella di un grande vortice: durante molti mesi dell’anno, esiste una massa d’aria fredda, che è isolata dal resto dell’atmosfera e che circola intorno ai poli.
Alla fine della primavera, il vortice polare si rompe e ciò determina l’afflusso di aria con gran contenuto di ozono proveniente dalle zone tropicali. L’aria proveniente dalle zone tropicali è più ricca di ozono perché l’ozono si forma maggiormente nelle aree sopra le zone più calde dove la radiazione solare è più intensa: l’ozono viene infatti prodotto dalle reazioni chimiche provocate dai raggi del Sole a contatto con la stratosfera e si forma maggiormente dove e quando i raggi solari sono più intensi. Lo spostamento verso i poli avviene spontaneamente perché l’aria della stratosfera migra dalle grandi altezze sopra i tropici, dove si forma abbondante ozono, verso altezze minori delle regioni sopra i poli. Quando al polo torna il sole, il suolo riscaldandosi, riscalda l’aria sovrastante povera di ozono che, poiché è meno densa a causa del riscaldamento, sale fino a raggiungere la stratosfera. Qui questa massa d’aria diluisce lo strato ricco di ozono presente in quel luogo spostandolo anche lateralmente. Fenomeni come questo dove correnti d’aria, causate da variazioni termiche, salgono e scendono sono normali e accadono a tutte le latitudini. I movimenti atmosferici che spostano masse d’aria da una zona ad un’altra del globo terrestre non distruggono l’ozono, ma in maniera più semplice lo ridistribuiscono.
Oggi è più chiaro anche il motivo, perché il buco dell’ozono è più intenso al Polo Sud rispetto al Polo Nord e perché subisce anche forti variazioni da un anno all’altro. Infatti l’assottigliamento dello strato di ozono polare è fortemente dipendente dall’intensità e dalle temperature gelide del vortice polare che si sviluppa nell’inverno prima del fenomeno: al Polo Sud dove il vortice è più freddo e più intenso (perché meno disturbato dalle correnti oceaniche o dalla presenza di terre vicine) si hanno assottigliamenti maggiori rispetto al Polo Nord, dove al contrario il vortice meno gelido e meno intenso sviluppa al suo interno meno nubi contenenti cloro.
Alla base dell’allargamento o restringimento annuale del buco dell’ozono ci sono 2 fattori principali:
Altra relazione importante è stata trovata tra alcune eruzioni vulcaniche e il successivo aumento nel buco dell'ozono: le eruzioni vulcaniche emettono, tra le altre cose, diverse particelle che possono interagire con l’ozono, tra cui acido cloridico, aerosol e cloro. Queste sono in grado, quando raggiungono lo strato di ozono, di ridurlo in maniera significativa. Tale correlazione tra vulcani e ozono è stata osservata e misurata dopo alcune grandi eruzioni vulcaniche.
Lo strato di ozono assorbe quasi tutte le dannose radiazioni ultraviolette, in particolare quelle chiamate UV-B. Quindi, se lo strato si riduce, aumenta la quantità di radiazioni che raggiunge la superficie terrestre. Queste radiazioni, in quantità minime non sono dannose, anzi sono utili: per esempio, sono importanti nella formazione della vitamina D negli umani. A dosi maggiori, però, questi raggi ultravioletti hanno effetti deleteri su tutta la vita: microrganismi, animali, piante, addirittura le materie plastiche risentono dei loro effetti. In particolare, negli uomini esposizioni prolungate a radiazioni ultraviolette sono associate con:
Anche gli animali sono soggetti a danni simili: carcinomi associati all'esposizione solare ambientale sono stati riscontrati in cavalli, gatti, cani, capre, pecore e nel bestiame in generale.
Le decisioni in sede internazionale
Le ricerche sui danni provocati dai raggi ultravioletti non schermati dall'ozono sono recenti e non hanno ancora dato risultati definitivi. È comunque un dato di fatto che le radiazioni ultraviolette, soprattutto quelle a più alta energia, abbiano effetti di mutazione genetica e siano quindi causa di tumori.
Si avevano da un lato grandi aziende dei paesi occidentali (tra esse la Du Pont) che esitavano a rinunciare agli investimenti dedicati alla produzione di CFC, dall'altro paesi ad economia pianificata che denunciavano difficoltà di altro tipo: l'URSS, ad esempio, esitava sostenendo che il piano quinquennale in corso non consentiva variazioni repentine, la Cina aveva in corso la diffusione di frigoriferi in milioni di abitazioni.
Gli Stati Uniti e l'Unione Europea dichiararono nel 1989 che avrebbero cessato la produzione dei cinque più comuni CFC entro il 2000, e la decisione venne poi condivisa a Londra nel 1990 da altri 90 paesi, grazie anche alla costituzione di un fondo per sostenere la conversione dai CFC ad altri prodotti.
Ulteriori misurazioni di satelliti mostrarono però l'anno dopo che la distruzione dell'ozono procedeva più velocemente di quanto si fosse stimato ed altri paesi si impegnarono a cessare la produzione di CFC entro il 2010.
Bisogna comunque tenere presente che il cloro contenuto nei CFC (che è quello che provoca la distruzione delle molecole di ozono) è altamente stabile: si stima infatti che una molecola di cloro possa trasformare in ossigeno 40 000 molecole di ozono.
Ancora oggi, i comportamenti degli uomini, i loro stili di vita, unitamente alle crescenti esigenze sul piano dello sviluppo, le ripetute violazioni delle regole stabilite, l’assenza di una vera funzione di indirizzo e di controllo, non aiutano certo ad arginare la negatività del fenomeno.