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Costume e societÀ

Dalla Bestemmia di Majorca
agli Splendori dell’Arte e della Natura

intervista a Gigi Oliviero

Da dove scaturisce la tua passione per il mare?

Io al mare ci sono nato. A Napoli. I miei ricordi di bambino piccolissimo, in qualche modo, sono proprio legati al mare. Con i miei andavamo, tutta l'estate, a Capri, su vaporetti piccoli e lentissimi, dove di solito tutti si sentivano malissimo. Mi hanno raccontato, da grande, che un giorno i miei, travolti dal mal di mare, si dimenticarono letteralmente di me, che avevo si e no due anni, e mi ritrovarono in Piazzetta, in braccio a una signora che cercava disperatamente di chi era "chillu creaturo"… Beh, a Capri se non s'impara a nuotare presto, si affoga subito. È da allora che per me il mal di mare è una sensazione assolutamente sconosciuta. E spesso con molta invidia e rabbia da parte dei miei amici, soprattutto quando usciamo in barca...

Come sei approdato al cinema subacqueo?

Fu all'Università, a Roma, che mi iscrissi a un corso subacqueo. La cosa mi piacque e andai avanti alcuni anni, diventando istruttore sommozzatore della FIPS, la federazione Sportiva. Ma fu l'incontro con Gianfranco Bernabei, un altro innamorato del mondo marino, che mi offri l'occasione per entrare nel mondo dei grandi subacquei.
Avevo infatti iniziato a lavorare nello Studio Zero, la società di produzione di mio padre, che, fra parentesi è stato uno dei più grandi musicisti del dopoguerra, arrivato addirittura al Premio Oscar. A me piaceva da morire la regia, avevo già fatto l'aiuto regista a due dei mitici "Don Camillo" di Fernandel e Cervi, e quando Gianfranco mi propose di andare a Siracusa per conoscere il grande Enzo Majorca, il mito dei subacquei di allora, non esitai addirittura a cambiare viaggio di nozze per conoscerlo. Naturalmente a Marina, mia moglie, lo dissi solo dopo essere partiti, giurandole che si trattava solo di un giorno di deviazione... Invece rimanemmo a Siracusa una settimana. Io diventai amico di Enzo, e mia moglie cominciò a capire che avrebbe dovuto rassegnarsi a dividermi col mare...

E poi arrivarono i lavori importanti...

Negli anni 70, quando lavorai per oltre un decennio a fare documentari e film subacquei, le tecnologie erano certo diverse. I più ricchi e fortunati potevano contare su cineprese 16 mm con un'autonomia di ripresa di circa 5 minuti e un costo di pellicola assolutamente mostruoso. Per anni realizzai documentari di ogni genere, dai mitici record di Majorca a "Vita da sub", una vera enciclopedia della subacquea in 13 puntate, che mi ha portato, molti anni dopo, a scoprire che ero addirittura entrato nell'Enciclopedia del Mare di Folco Quilici, che aveva dedicato a me e ai miei lavori diverse pagine. Un bell'onore per il tempo, e sicuramente un bel ricordo dei tanti sacrifici fatti.

Ti è mai capitato uno scoop?

Diciamo che uno scoop lo ricordo ancora. Era il '74 e io, che lavoravo con Majorca e la sua équipe da anni, riuscii, in maniera rocambolesca, a documentare un incidente che all'epoca fece davvero scalpore. Eravamo a Sorrento, dove Majorca aveva accettato di fare il suo nuovo record (intorno ai 90 metri) in diretta RAI. Una serie di disavventure tecniche fecero prolungare la diretta di molte ore, e quando finalmente Enzo si immerse, si scontrò con Enzo Bottesini, un bravo subacqueo, che ebbe la disavventura di attaccarsi al suo cavo nell'attimo sbagliato. Majorca tornò in superficie bestemmiando e inveendo, sicuramente con molta ragione. Il caso volle che io, che pure non ero stato autorizzato ad immergermi, dato che l'esclusiva era della RAI, da vecchio "cinematografaro", pensai subito che, in certe occasioni irripetibili, prima si fa la ripresa e poi si chiede il permesso. Mi immersi quindi di nascosto ed ebbi la fortuna (ma anche un po' di abilità) di trovarmi al posto giusto al momento giusto. E così fui l'unico a filmare (fra decine di telecamere RAI) l'emozionante impatto subacqueo, e soprattutto le storiche "parolacce", che la RAI provvide a censurare, escludendo l'audio e perdendo un'altra occasione di fare uno scoop. Se ne parlò per anni. E finì che la stessa RAI, che aveva dieci telecamere, due navi e decine di tecnici, dovette comprare il mio documentario, fatto di nascosto e diventato un pezzo assolutamente unico.

Come vedi, con la tua esperienza, i problemi del mare e delle coste?

Il mare è la nostra vita. Tutta la vita, è noto, nasce dall'acqua. Noi abbiamo la fortuna di vivere in un mare piccolo, ma meraviglioso. Non rispettano, non amarlo, non proteggerlo significa non rispettare e non amare noi stessi. Si dice che basterebbe lasciare in pace il mare per pochi anni (senza pescare, senza inquinare) per riportarlo ai livelli di 50 anni fa, quando si pescavano le cernie nel porto di Ponza. So che questo è impossibile, ma occorre far sapere alla gente, anche quella di montagna, tanto per fare una battuta, che la nostra e la loro vita dipende dalla conservazione dell'ambiente marino in cui il nostro paese è immerso. Non sono i subacquei dilettanti che distruggono il mare, prendendo (se sono capaci) due saraghetti per uno col fucile. Nè i bagnanti della domenica, le barche dei turisti. Sono i grandi scarichi industriali, le terribili petroliere, la devastante pesca a strascico, che disintegra fondali e habitat, o la grande pesca industriale, che devasta le migrazioni della fauna ittica in maniera che può diventare irreversibile. Ci sono pescherecci (come quelli giapponesi), che calano al centro del Mediterraneo centinaia di chilometri di reti, catturando pesci pregiati come i tonni al di fuori delle loro tradizionali rotte di riproduzione, col risultato di sconvolgere millenarie leggi naturali. Per fortuna io credo che l'uomo non riuscirà a distruggere la natura. Anche se ci giungesse vicino, sarà la natura, senza cattiveria, a distruggere noi. La natura, per fortuna. non ha alcuna fretta, e anche se dovesse scomparire l'intero genere umano, fra uno, dieci o mille milioni di anni, la natura provvederà, con calma, a far rinascere un'altra razza, che, mi auguro, sappia apprezzare un po' di più la straordinaria bellezza del mondo in cui siamo capitati.

Oltre ai documentari subacquei hai anche realizzato documentari turistico-culturali...

Da anni mi sono dedicato al settore del filmati turistico-culturali, realizzando centinaia di documentari su grandi località italiane ed estere (serie: “L’Italia da scoprire”, “Little Italy”, “Meraviglie d’Italia” e così via), trasmessi sui più importanti programmi televisivi (“Sereno Variabile“, “Geo&Geo” “Alle falde del Kilimangiaro”, “Marcopolo” ecc.) E mi piace ricordare il primo premio assoluto al prestigioso Festival del cinema turistico di Milano, col documentario “Cyberoma”, un viaggio multimediale in computer grafica che ricostruisce, con straordinaria veridicità, i più importanti monumenti della Roma Imperiale.

Attualmente stai lavorando ad un progetto molto vasto, la Filmcard...

Si, la Filmcard è una grande collana, articolata in decine di applicazioni turistiche dedicate a celebri località italiane ed estere, diffuse sul celebre negozio virtuale della Apple “App Store” e caratterizzate da centinaia di foto e di bellissimi filmati. Attualmente sono già uscite le guide di Orvieto, Todi, Pompei, Assisi, Roma Antica, Capri, Ischia, Palermo, Iran e l’ultimo reportage realizzato in Uzbekistan; ed è in uscita una nuova collana contenente decine di documentari su località di tutto il mondo, arricchiti da una vasta informazione di grande utilità per quanti volessero viaggiare nei luoghi indicati.
Questo grande progetto di comunicazione si può visitare sul canale “FILMCARDS” di YouTube e sul sito www.lumafilm.it.


La bestemmia è l’urlo dell’inferno

RITRATTO DELLA BESTEMMIA

Dire che la bestemmia è una gravissima offesa al Nome santo di Dio è dare una definizione esatta, ma un po’ fredda, arida, scheletrica che non riesce ad esprimere a sufficienza la drammaticità e la gravità mostruosa di questo fenomeno diabolico.

Come non ci sono parole che possano esprimere fino in fondo la grandezza e la maestà infinita di Dio, così non ci sono parole che possano esprimere fino in fondo l’abisso di malizia e di miseria morale che è racchiuso nella bestemmia.

Ogni definizione, per quanto precisa, dirà sempre troppo poco: la realtà dell’offesa a Dio è sempre molto più grande di quanto si possa esprimere. Si può e si deve comunque cercar di dare della bestemmia un’idea che sia il più vicina possibile alla realtà. Tentiamo allora, con poche pennellate, di tratteggiarne il ritratto.

La bestemmia è l’urlo rabbioso di Satana che esce dalla bocca di un uomo per cercar di sporcare la gloria di Dio. Non è a caso che S. Caterina da Siena ha definito il bestemmiatore un “demonio incarnato”.

La bestemmia è il frutto più velenoso che può scaturire da un lampo di follia. C’è una forma di pazzia stabilizzata e cronica e c’è una forma di follia che va a sprazzi e rende l’uomo capace di manifestare in un attimo abissi di stoltezza.

La bestemmia è il segno più palese dell’odio e del disprezzo verso Dio, e questo al di là delle intenzioni di chi vomita quell’espressione blasfema.

La bestemmia è il supremo atto di superbia che un uomo possa compiere, perché lui, così piccolo, sporco e impotente, tenta di mettersi sotto i piedi il Signore Dio, infinitamente grande, infinitamente santo e onnipotente, quel Dio che, se solo lo volesse, potrebbe stritolarlo in un attimo e con ottime ragioni.

La bestemmia è il più grande atto di stupidità, perché fa dell’uomo un nemico di Colui che vorrebbe essergli amico, padre, benefattore e salvatore.

La bestemmia è anche il segno rivelatore di un animo bovino, è manifestazione di volgarità, di grossolanità e di poca intelligenza, perché una persona fine, intelligente e perciò non volgare, sa trovare altri modi leciti per far sbollire un momento di tensione.

La bestemmia è una barriera innalzata tra il bestemmiatore e tutti quelli che si sentono offesi dal linguaggio blasfemo, vedendo colpito quel Dio in cui credono e che amano come Padre.

La bestemmia - ha detto qualcuno - è il cancro dell’anima. Come il cancro infatti invade tutto l’organismo fino a portare alla morte, così la bestemmia quanto meno annebbia, ma quasi sempre paralizza tutte le facoltà dell’anima e uccide in essa il gusto delle cose di Dio.

La bestemmia è anche, quasi sempre, una malattia contagiosa che infetta altri. Nessuno mai infatti ha cominciato a bestemmiare per il gusto di bestemmiare, ma tutti i bestemmiatori sono diventati tali sotto la spinta del cattivo esempio ricevuto, e cioè perché infettati da collaudati bestemmiatori che sono stati i loro maestri di vizio e di imbecillità.

La bestemmia è “un’offesa diretta a Dio, offesa che sarebbe qualcosa di inconcepibile se non fosse una tristissima realtà”.

IL CONTRARIO DEL NOSTRO DOVERE

Dopo aver creato l’uomo. Dio non lo ha condannato all’isolamento, prigioniero della terra, ma lo ha invitato al dialogo, a librarsi verso il Cielo, a ricambiare il suo amore, a vivere nel conforto di un pieno abbandono e di una piena fiducia in Lui.

In questo dialogo, in questo rapporto di amore a cui Dio ci chiama, dobbiamo prima di tutto lodare il Signore: “Benedetto sei tu, Signore... Benedetto il tuo nome glorioso e santo, degno di lode e di gloria nei secoli” (Dn 3,52-53). Per migliaia di volte Dio ci invita nella Bibbia a lodare il Suo nome: in particolare i Salmi straripano di lodi al Signore. E tutta la vita di Gesù, di sua madre Maria e dei Santi è stata un cantico di lode al nostro Creatore e Padre.

Se Dio è così grande da meritare ogni lode possibile, tanto che gli stessi angeli lo adorano (cfr.: Eb 1, 6), e noi così piccoli, ne deriva come logica conseguenza e come segno di umiltà, il dovere che abbiamo di coltivare un profondo spirito di adorazione: “Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto” (Mt 4, 10).


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)