Arte
Luca Macchi
I colori della poesia
di Dante Fasciolo
Tutto senza ombra flagra.
È essenza, avvento, apparenza,
tutto trasparentissima sostanza.
È forse il paradiso
questo?
oppure, luminosa insidia,
un nostro oscuro
ab origine, mai vinto sorriso?
Sono questi parziali versi di Mario Luzi, tratti dal Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, che Luca Macchi ha impresso come orma nel retro del suo Crocefisso per la Chiesa di Collegalli (FI).
Quasi un’impronta, un riconoscibile logos per le numerose opere di questo artista anagraficamente cittadino della toscanissima San Miniato, ma artista noto in tutta Italia per i suoi lavori presenti un po’ ovunque e specificatamente conosciuto nel vasto mondo dell’arte. Le sue opere pittoriche e le incisioni presentate richiamano forme classiche dell’espressione artistica, arricchite di un quid tutto personale che le distingue e le rende palesemente fruibili.
Il cammino di Luca Macchi viene da lontano: conseguito il Diploma di Laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze discutendo una tesi sulla pittura metafisica di Giorgio De Chirico, inizia ad esporre negli anni ottanta attraverso collettive che rivelano subito il suo talento e riscuotono i primi successi di pubblico e di critica.
L’incontro con esponenti delle avanguardie del tempo stimola e affina le sue ricerche che si prolungheranno negli anni, via via evidenziando una sempre più precisa collocazione nel panorama decisamente variegato dell’espressione artistica e nella fattispecie pittorica.
Sarà l’incontro con l’altro miniatese Dilvo Lotti - al quale subentrerà nella realizzazione degli elaborati per la prestigiosa rassegna di “Teatro dello Spirito”, altresì affiancando ad essa lavori per rappresentazioni teatrali da Roma a Taormina, in Romagna, e con il fiorentino Mario Luzi, una delle voci poetiche italiane più vibranti, a infondere nell’animo di Luca Macchi una più profonda vena lirica orientata al religioso e al sacro, come testimoniano numerosi lavori. Basti ricordare le “tavole della Luce”, e i suoi “Crocifisso” per la Chiesa di Collegalli, per la Chiesa della SS. Trinità in San Miniato, per la Cappella di San Matteo Evangelista a Moriolo, le tavole dedicate ai santi Filippo, Andrea, Bartolomeo, e la serie delle incisioni “Nel Segno, La Parola – immagini dal libro dell’Apocalisse” consegnate a Papa Giovanni Paolo II.
Se nelle “Tavole della Luce” si può scorgere l’inclinazione verso la natura di Macchi, laddove foglie d’oro si appaiano alle verdi, come a proteggerle nella caduta, con maggiore evidenza questa vocazione si rivela nelle tele realizzate ciascuna su due piani attraverso segni forti e distinti, evocativi di momenti che lo stesso autore ha inteso esprimere come indici di “Liricità e Sacralità”.
Ecco allora emergere ripetutamente il mito di Orfeo, l’incarnazione di valori eterni: l’amore, la musica, la poesia e vieppiù l’arte scultorea e pittorica, momenti preganti accompagnati da un tessuto filosofico che in qualche modo si fa culla poetica del cristianesimo primitivo. E questi valori si sommano nelle tele di Macchi con maestria e conoscenza: da scultoree finestre affacciano santi, poeti e pittori variamente accoppiati, consapevolmente uniti; e gli sguardi posano un orizzonte familiare, quel paesaggio toscano, che qui riecheggia e si appaia ai paesaggi della pittura colta, e che trascina con se, nei secoli, forza e potere, storia e ingegno, scienza e letteratura.
Lontano nel tempo, una piuma accarezza foglie d’oro nel tenue “Sogno di Orfeo” , e ombre di nuove foglie rivelano la loro presenza su la parete che scopre una nuvola nel blu: ancora una “meditazione” che perde lo sguardo oltre i confini di “magici cipressi”, oltre lo spazio del “muro di Orfeo”.