racconto
La Visita
di Ruggero Scarponi
La signorina si avvicinò all’uomo che stava sonnecchiando e lo toccò piano sulla spalla.
- Signore... - chiamò a bassa voce mentre cercava di svegliarlo. Quello, tutto rannicchiato in un cappotto di lana e con il cappello calato sulla fronte, faticosamente si ridestò e con gli occhi ancora mezzi chiusi e la voce impastata domandò:
- Che ore sono?
- Le quattro - rispose la giovane donna, una bella ragazza che indossava un camice bianco piuttosto attillato.
- Di mattina o di pomeriggio? - incalzò l’uomo, un tipo piuttosto anziano, dall’aria mite.
- Di pomeriggio, naturalmente - disse ancora la ragazza schioccando le parole, tra due labbra di un rosso carico, molto sensuali, con un tono di lieve insofferenza e poi continuò:
- Il dottore la sta aspettando... se non le dispiace...
- Le quattro... - meditò l’anziano - lo sa signorina da quanto sono seduto su questa panca?
E vedendo che l’altra non rispondeva e restava in attesa davanti a lui con un’aria a metà tra interrogativa e indifferente, aggiunse:
- È dalle dieci di questa mattina!
- Non so che dirle - replicò, pronta la signorina, indifferente alla protesta - il dottore visita i pazienti in base al numero d’ordine...
- Il numero d’ordine! - Sbuffò l’uomo - Il numero d’ordine...Ma se c’erano solo quattro pazienti davanti a me! E lei mi parla di numero d’ordine? Dica piuttosto, che in questo ambulatorio, fate come vi pare e fate passare avanti chi volete e senza tenere conto della fila!
- Non dica questo - replicò tagliente la signorina. - Io chiamo i pazienti in base alle prenotazioni che giungono al call - center, si vede che le persone che le sono passate avanti ne avevano diritto avendo effettuato la prenotazione prima di lei.
- Non c’è rispetto - piagnucolò l’uomo scuotendo la testa, sconsolato.
Si sentiva depresso e terribilmente vecchio.
- Comunque ora tocca a lei - ammonì la ragazza - e il dottore, anche lui è qui da stamattina, se non si sbriga potrebbe anche andarsene senza visitarla.
L’uomo ubbidì rassegnato. Si alzò e si diresse lungo il corridoio in fondo al quale era situata la stanza delle visite. Giunto alla porta, che era chiusa, bussò debolmente. Nessuno rispose. Allora bussò un po’ più forte.
- Avanti, avanti! - Urlò da dentro qualcuno.
L’uomo esitò.
- E via - disse una giovane infermiera che fungeva da assistente del dottore, aprendogli la porta - che cosa aspetta ad entrare, non le hanno detto che era il suo turno? -
- È - rispose leggermente confuso l’anziano - è che la porta era chiusa... e non sapevo se potevo...
La signorina alzò gli occhi al cielo spazientita.
Il dottore seduto alla scrivania stava leggendo alcuni documenti. Senza alzare la testa, con il braccio teso, agitando leggermente una mano, fece segno all’anziano di avvicinarsi e di sedersi.
Costui si avvicinò, si sedette e attese di essere interpellato.
Ma il dottore come si fosse già dimenticato di lui, continuò a leggere biascicando qualcosa per proprio conto. Poi improvvisamente:
- Si chiama?
L’uomo fu preso da un attimo di smarrimento e sulle prime, indeciso, restò silenzioso.
- Signorina! - Urlò il dottore - Come si chiama “questo”?
La ragazza prontamente si alzò dalla sua postazione e giunta a fianco del medico prese a consultare una lista stampata su alcuni fogli.
- Di Michele - disse scandendo le sillabe e lasciando intravvedere il piccolo bagliore della lingua che guizzava tra i denti.
- Di Michele? - ripeté il dottore. Poi sollevando con la mano destra gli occhiali e portandoli a metà sulla fronte alzò lo sguardo sulla ragazza. Prima la guardò interrogativo, poi le sorrise, poi di nuovo si fece scuro e interrogativo.
- Di Michele - Confermò l’anziano paziente con un sorriso di leggero sussiego.
Il Dottore non lo guardò ma sembrò non aver neanche udito la sua voce e di nuovo tornò a leggere le varie carte che aveva sotto il naso.
- Le ha portate le analisi? - Chiese la signorina alzando la testa e fissandolo dritto negli occhi.
- Sì, sì, eccole - rispose l’uomo porgendo una busta alla giovane.
Costei l’afferrò decisa, sporgendosi con il busto sopra la scrivania in modo da evidenziare la bella linea sinuosa che le disegnava la schiena e l’aprì, ne controllò il contenuto e la passò al dottore.
Quello vi scorse sopra, rapido, con sguardo esperto portandosi i fogli vicino agli occhi e alzando e abbassando gli occhiali sul naso più volte.
Poi senza dir nulla prese a scrivere su un blocco di carta bianco. Passò a scrivere su un ricettario, e infine staccò i vari fogli e li porse alla ragazza. Subito dopo si alzò e scomparve nella stanza adiacente allo studio.
L’infermiera s’incaricò di piegare i fogli ben bene e di metterli in una busta.
- Ecco - disse alla fine - nel foglio bianco è scritta la posologia. I farmaci sono mutuabili, pagherà solo il ticket. Si faccia vedere fra tre mesi. Se vuole, le prendo subito la prenotazione così la prossima volta eviterà una lunga attesa... - aggiunse quest’ultima frase sorridendo con una vena di vaga civetteria sbattendo ripetutamente le lunghe ciglia sugli occhi incredibilmente grandi e lucenti di un bel castano dorato.
L’anziano non sorrise e anzi la guardò con una punta d’irritazione che non riuscì a contenere.
- Mi scusi - obiettò parlando lentamente, con cautela - ora che il medico mi visita mi dirà lui quando...
Ma s’interruppe. La ragazza, infatti, lo stava guardando a bocca aperta.
- Qualcosa non va? - chiese l’uomo, temendo di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato.
- Guardi - sentenziò la giovane marcando decisa le parole - che il medico l’ha appena visitata. Ora è andato via. Pover’uomo, lei forse non sa che il dottore è qui da stamattina...
L’anziano non riuscì a replicare nulla, tanto era sbalordito e amareggiato. Si alzò faticosamente come fosse gravato da un peso insostenibile.
- Chiuda la porta! - raccomandò la ragazza quando fu giunto sulla soglia.