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Teatro

Sala Assoli Napoli

Lettere d'amore a Stalin

Uno spettacolo di Juan Mayorga.

Ideazione, spazio scenico e regia di Tommaso Tuzzoli

Siamo negli Anni Trenta, in Unione Sovietica.

Anche al noto drammaturgo Michail Afanasevic Bulgakov il regime vieta ogni possibilita' di lavoro e di espressione, e dunque, non gli resta che scrivere a Stalin, affinche' gli restituisca la sua liberta' di scrivere o lo autorizzi a trasferirsi all'estero.

La lettera produce il suo effetto, subito giunge a Bulgakov una telefonata dello stesso Stalin, che gli prospetta la possibilita' di un incontro.

A questo avvenimento realmente accaduto si riferisce “Lettere d'amore a Stalin”, spettacolo teatrale di Juan Mayorga, in cui si raccontano le speranze e le ossessioni di un uomo.

Con una struttura drammaturgica che ruota intorno a tre personaggi, il testo ha un andamento inizialmente classico, ma assume via via uno sviluppo surreale e grottesco.

Cosciente che la propria vita potrebbe per sempre appartenere ad altri, per salvare se stesso e sua moglie, nell'attesa dell'incontro Bulgakov cerca di comporre la lettera perfetta.

Ma la caduta e' inevitabile e l'incubo ha inizio: la realta' e' ormai annullata, e Bulgakov si allontana dal sogno di una nuova vita, rifugiandosi nel mondo delle proprie visioni.

Presentato da Fondazione Salerno Contemporanea e Tinaos, in collaborazione con Istituto Cervantes di Napoli, il lavoro è andato in scena, prima assoluta, martedi' 20 novembre alla Sala Assoli di Napoli, riscuotendo successo.

   


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)