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Teatro

Teatro Verdi, Milano

Clitemnestra

Tre donne raccontano il mito nel tepore familiare
di un algido spazio bianco,
una moderna cavea che tutto amplifica.

Ritorna sul palcoscenico del teatro Verdi “Clitemnestra: l’Altra Donna”, la nuova produzione del Teatro del Buratto.

Tre donne, Clitemnestra, Elettra e Cassandra raccontano il mito nel tepore familiare di un algido spazio bianco, una moderna cavea che tutto riflette e amplifica.

Un non-luogo fisso su un tempo che si consuma nell’attesa del ritorno di Agamennone e che diviene culla di una carneficina “giusta”. Una giustizia acclamata, evocata, inseguita, che mai trova compimento. Le vittime restano vittime e i carnefici lo diventano a loro volta.

La dicotomia vittima-carnefice perde, dunque, di significato, si fa da parte per lasciare più ampio spazio alla complessità del vissuto delle tre donne, alla sete di giustizia che le governa e al vuoto che le divora. Vani i tentativi di colmare un’assenza: Elettra (Ylenia Santo) di continuo mangia; mangia caramelle come per restare sempre bambina in attesa del padre. Clitemnestra (Renata Coluccini), è regina, moglie, madre, amante e donna, “l’altra donna”; sulla sua profonda umanità si cerca di indagare guardando la tragedia da un altro punto di vista, e Cassandra (Benedetta Brambilla) che cerca una purificazione del corpo violato e della mente che tutto vede e nulla riesce a dimenticare.

Una tragedia può consumarsi ovunque, ed è dalla ricerca dell’ovunque che nasce il connubio di contrasti che caratterizza una messa in scena senza tempo: un violoncello intona pezzi dei Metallica, la tv trasmette “Ufficiale Gentiluomo”, eppure Agamennone viene annunciato da un messo a cavallo. Naturalismo e non-sense si alternano creando una drammaturgia che riflette a pieno la complessità dell’essere umano.

   

Un gioco di scatole cinesi: fuori la guerra di Troia, una città, dei sovrani, una famiglia, una madre e una figlia, e poi lo straniero, Cassandra, prigioniera degli orrori di guerra. Tre donne e in scena, Agamennone guerriero, simbolicamente rappresentato da un frigo, l’armatura di un re soldato, che diviene in fulcro delle dinamiche relazionali tra le protagoniste.

«Ci siamo spinti oltre» affermano i registi Renata Coluccini e Marco Di Stefano «tanto che la dignità e l’umanità di Clitemnestra le permetteranno di avvicinarsi con sodalizio femminile a Cassandra, la nemica».

Note di regia

La sfida è un’oscillazione fra la tragedia nel tempo della classicità e una sua moderna rappresentazione.

Il linguaggio cambia e si fa attuale, il contenuto rimane quello del mito, classico, eppure sempre portatore di verità.

La compresenza di moderno e antico, sta anche nella scena che richiama la classicità (le gradinate di un teatro classico) contaminata da elementi moderni (il suono di un televisore, un frigorifero) e nella musica (brani moderni suonati al violoncello).

   

Lo spettacolo mantiene fede alla storia classica, ma dilata il tempo tra il ritorno e l’uccisione di Agamennone.

Una dilatazione temporale che permette l’approfondimento e lo sviluppo delle relazioni tra le tre donne, in particolare quella tra Cassandra e Elettra e tra Cassandra e Clitemnestra. Vengono messi a nudo i rapporti tra di loro, archetipi del femminile ma anche il loro vivere il potere, lo stato e la giustizia.

Il mito può scovare ciò che ci riguarda nel profondo: le passioni, il male, la cattiveria, il sangue che ribolle quando siamo vittime di ingiustizia. Una tragedia umana, dove giustizia e vendetta si confondono, raccontata con lo sguardo tagliente e dal punto di vista esclusivo delle donne.

Il mito per parlare di noi.

   


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)