Alberobello
di Federica Fasciolo
Prendete un classico editto, di quelli che riempiono pagine e pagine di tutti i libri di storia, e prendete un signorotto locale, un conte, che in onore delle sue finanze (e sicuramente stufo delle accuse di nullafacenza rivolte alla sua categoria), non poteva che spendere il suo tempo per trovare modi per non spendere il suo denaro: paradossalmente, otterrete Alberobello.
Dovete sapere, infatti, che se vi capitasse di passare per il XV secolo e voleste, così, per caso, creare un nuovo insediamento urbano nel Regno di Napoli, non potreste mica pretendere di fare tutto senza prestare attenzione alle leggi in vigore in quel periodo: sappiate che la Pragmatica de Baronibus grava su di voi e che sarete costretti a pagare un tributo alla Regia Corte molto presto.
A meno che (e qui entra il gioco il conte che avrebbe dovuto sobbarcarsi le spese) non ordiniate di costruire a secco, in modo da far sembrare le vostre case facilmente demolibili.
Il passaggio da qui ai trulli, le costruzioni che rendono famosa Alberobello e dichiarati Patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO, è breve. Ci si accorse infatti che il modo migliore per avere strutture semplici e solide con quella importante limitazione, era creare delle cupole formate da cerchi di pietre sovrapposti.
I trulli si differenziano per i loro pinnacoli decorativi, dalla forma simbolica e dai richiami religiosi e grazie alla loro qualità si può anche identificare il valore della costruzione.
Il più grande è il Trullo Sovrano, oggi adibito a museo, mentre il maggiore complesso di trulli comunicanti viene chiamato Casa Pezzolla. Anch’esso visitabile.
A poter essere apprezzato anche dagli architetti moderni è certamente il fatto che tutto sia stato costruito con coerenza: anche la Chiesa di Sant’Antonio, infatti, corona la sua pianta a croce greca con una cupola a forma di trullo.
Nel territorio sono presenti anche svariati musei e la città è stata scelta più volte, grazie alla sua particolarità, come set cinematografico, sia da registi italiani che stranieri, per film drammatici, neorealisti, fino a “Che bella giornata”, con Checco Zalone e ad alcune scene di Beautiful nel 2012.
Mi sembra di vedere, qui di fronte a me, quel conte e quei contadini del tempo, sbuffare per le “ingiuste imposizioni del regno”… e forse a ragione. Ma se penso al bellissimo luogo che hanno portato a costruire, non posso dispiacermene.