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Racconto

Il Curatino

di Sant'Agnello

di Ruggero Scarponi

Quando il corpulento Don Teodoro che aveva la cura delle anime di Sant’Agnello si sentì male di cuore il Vescovo pensò fosse giunta l’occasione buona per sopprimere una parrocchia così fuori mano. L’anziano religioso che l’aveva retta per tanti anni era nativo di quelle terre aspre e conosceva bene il carattere scontroso e diffidente dei parrocchiani. Ma nei giorni nostri trovare un altro con la tempra forte di Don Teodoro non sarebbe stato facile. E poi la frazione di Sant’Agnello contava pochi fedeli, molti dei quali già anziani e inviare laggiù un giovane sacerdote, di quelli usciti dalle università pontificie, tutto scienza e dottrina, sarebbe stato uno spreco. Così Sua Eccellenza il Vescovo si risolse di inviare una lettera in cui annunciava la soppressione della parrocchia. Tuttavia per motivi misteriosi l’importante missiva non giunse mai a destinazione. A destinazione, invece, giunse uno di quei delicati pretini di città che il Venerando Pastore avrebbe voluto riservare per compiti, diciamo, più curiali. Il giovane curato si chiamava Don Carlino e a dirla tutta era veramente di bella presenza. Due occhi azzurri da cherubino e un visetto così aggraziato che tutte le comari di Sant’Agnello vi si affezionarono subito. Anche perché a differenza del burbero Don Teodoro, questo sembrava la dolcezza in persona. E poi aveva un modo di arrotare certe consonanti quando diceva Messa come se avesse difficoltà a pronunciarle che ispirava tanta tenerezza. Con il giovane sacerdote sembrava giunto nel villaggio un fresco vento di primavera. Ai tempi di Don Teodoro, per esempio, solo le femmine più anziane frequentavano la chiesa nei giorni feriali, ma ora con Don Carlino, si faceva il pienone tutti i giorni. Questi era così compunto quando celebrava che tutti ne erano conquistati. I suoi gesti non sembravano affettati ma realmente ispirati da una mistica devozione. E al momento della consacrazione tutti gli sguardi si appuntavano in trepida attesa sulle sue mani e sugli occhi chiusi, dalle lunghe ciglia ricurve. E così cominciarono a fiorire aneddoti intorno al sacerdote per il quale fremevano i cuori selvatici delle donne di Sant’Agnello. Gli si attribuirono tante cose straordinarie e persino gli uomini della contrada presero a visitare assiduamente il tempio ove operava così bene il pretino di città. Gli stessi uomini, infatti, non sfuggivano al fascino della sua bocca vermiglia, delle gote levigate e di quella voce sommessa, che durante la confessione, giungeva fin nel profondo a scombussolare l’anima. Ma era soprattutto nell’omelia domenicale che Don Carlino dava il meglio di sé. Riusciva a spiegare la Parola in un modo che scaldava i cuori e che persino i fanciulli comprendevano. E per la prima volta i parrocchiani sentirono vicino l’amore di Dio, come quello di un Padre. Con il pretino i moribondi se ne andavano sereni. I giovani villani s’ ingentilivano. E le ragazze ripescavano dai vecchi cassettoni pizzi e merletti per coprire chiome e adornare i seni. E la frazioncina, tutta, destinata a lenta agonia cominciava a riprendersi, come un fiore, a lungo piegato sotto la pioggia che risollevi la corolla al primo raggio di sole. Finché di tutto questo rifiorire non giunse notizia al Vescovo.

- Ma io, - disse, sorpreso, Sua Eccellenza – non ho inviato nessun prete e non conosco nessun Don Carlino! Che storia è mai questa?

Subito fu inviata una delegazione per indagare l’inquietante vicenda.

Don Carlino avvisato segretamente da anonimi, fece giusto in tempo a svignarsela prima di essere smascherato e denunciato alle Autorità.

Certo per i poveri paesani fu un colpo duro e inatteso. Di sicuro un curato così non lo avrebbero avuto mai più. Sua Eccellenza d’altronde fu irremovibile e a fronte delle petizioni per farlo rientrare si oppose dicendo: Che colpa ne ho io, se è una ragazza?


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)