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Parchi e oasi dello spirito

Camaldoli ha mille anni

Monastero
Costruito a completamento dell’Eremo, che sorge qualche chilometro più in alto, il monastero si ingrandì nei secoli. Nel Quattrocento ospitò l'Accademia Umanistica di cui fecero parte Lorenzo il Magnifico e Leon battista Alberti.
Tra gli ambienti di maggior interesse artistico va segnalato il refettorio con tavoli e stalli in noce, una tela di Pomarancio, affreschi di Lorenzo Lippi e il soffitto in legno a cassettoni. Nella chiesa, risalente al 1775, si trovano ben cinque tavole di Vasari.
Se amate leggere, costituisce per voi una tappa obbligatoria la biblioteca il cui prezioso patrimonio librario vanta più di 30.000 volumi, tra cui fanno bella mostra incunaboli rari, codici liturgici ed altri documenti di grande interesse.

Eremo
Tra faggi e abeti si inerpica una strada che conduce all'eremo i cui monaci, rispetto a quelli del monastero, privilegiano il raccoglimento personale alla vita comunitaria.
Delle cinque celle originarie, il cui numero nel tempo è salito a venti, tre sono aperte al pubblico, tra cui l'antica cella di San Romualdo, che ha conservato la struttura tipica della cella eremitica:  lungo un corridoio si aprono la stanza
a letto, lo studio e la cappella. È permesso, inoltre, visitare la foresteria, il refettorio e la chiesa di san Salvatore con il coro quattrocentesco.

Siamo nell’Appennino Tosco-Romagnolo, qui aleggia il mistero e la leggenda intorno alla figura del fondatore dell’ordine Monastico dei Camaldolesi: San Romualdo. Il  suo   nome è   legato inscindibilmente a quel fazzoletto di terra nascosto sui più alti versanti  dell'Appennino  Casentinese   che il  conte aretino  Maldolo – da qui forse il nome della comunità -  gli donò nel 1012.

  

San  Romualdo  costruì  un oratorio con cinque celle, primo nucleo dell'Eremo di Camaldoli custodito fino ai    giorni  nostri  dai  monaci  Camaldolesi.    Prima di morire,  nel  1027,   Romualdo riuscì  a edificare in località "Fonte Buono",  in posizione meno solitaria e più facilmente raggiungibile,  una  seconda,   piccola costruzione  che  aveva  lo scopo di accogliere gli ospiti  ed  i pellegrini.  In  questo  modo   vennero gettate  le  basi  per  la costruzione,  che avvenne nel XVI secolo,  dell'odierno Monastero costituito  da due piani e che può ospitare più di cento  monaci. Anche  l'Eremo,  nel corso dei secoli,  subì degli allargamenti e oggi è formato da venti celle e dalla chiesa di  S.Salvatore,   di stile  barocco.

La sorte della foresta circostante l'Eremo e  il Monastero fu legata in maniera indissolubile con quella dei sacri edifici,   e   più  questi  si  ingrandivano  più  aumentavano  le donazioni di boscose terre appenniniche.  I monaci si prodigarono in    maniera  egregia  per  la  cura  e  il   governo  del  bosco, sostituendo al bosco misto di faggio e abete piantagioni pure  di Abete  bianco.  Il  preciso motivo di questa sostituzione   non  è ancora  stato  perfettamente chiarito:  secondo alcuni storici  i motivi  erano  prettamente  economici,   essendo   l'Abete  bianco un'essenza  molto  pregiata. 

Secondo altri perchè  la  struttura colonnare e severa delle abetine suscitava nei monaci un   maggior senso di misticismo. Ad avvalorare questa seconda tesi vi sono le regole    selvicolturali  rigidissime  a  cui  i  monaci   dovevano attenersi, regole che prescrivevano abbattimenti molto limitati e continuo rimboschimento con Abete bianco.  In questo modo nasceva quel  nucleo   forestale  che,   quasi  mille  anni  dopo, doveva rappresentare   il  cuore  del  Parco   Nazionale  delle   Foreste Casentinesi.

Un ponte fra Oriente ed Occidente

Questa realtà monastica affonda le sue radici tanto nell’antica tradizione dell’Oriente cristiano, quanto in quella dell’Occidente che si riconosce in San Benedetto. Inoltre essa coniuga la dimensione comunitaria e quella solitaria della vita del monaco, espresse rispettivamente nel Monastero e nell’Eremo, che formano una sola comunità.

 Per naturale vocazione, perciò, Camaldoli ha svolto e svolge una funzione di “ponte” fra le tradizioni monastiche di Oriente e di Occidente. Con il Concilio Vaticano II è poi tornata ad essere luogo privilegiato di incontro nel dialogo ecumenico e interreligioso, nonché più in generale con la cultura contemporanea, aperto a tutti gli uomini e le donne in sincera ricerca interiore.

 Camaldoli intende così configurarsi come comunità in dialogo e ospitale. La sua ricchezza è rappresentata infatti anche dai tanti ospiti che hanno frequentato, specialmente dagli anni Trenta in poi, la Foresteria del Monastero, intrecciando con la comunità monastica percorsi di preghiera e spiritualità, ma anche di elaborazione culturale e impegno civile.

Le date significative della Storia dei Camaldolesi

Accesso
Camaldoli è raggiungibile in auto sia da Arezzo che da Bagno di Romagna seguendo la statale n. 71 del Passo dei Mandrioli. Giunti nei pressi di Serravalle una deviazione segnalata porta alla succitata località, poche case tra cui spicca la grande mole dell'Abbazia. Nei pressi di Camaldoli, raggiungibili con brevissime passeggiate, si possono ammirare un monumentale cedro del Libano, alto 24 metri e del diametro superiore al metro e mezzo, e il castagnoMiraglia dalla circonferenza di ben 10,63 metri. Da Camaldoli una piccola strada asfaltata attraversa la foresta e giunge fino all’Eremo.
  • 1024-1026. Romualdo di Ravenna fonda l’eremo nel «campo di Maldolo» concessogli dal vescovo Teodaldo di Arezzo.
  • 1113. Con la bolla Gratias Deo Pasquale II riconosce e sancisce l’unità della congregazione degli eremi e dei cenobi camaldolesi e ne assume la tutela.
  • 1212. Il clero di Murano concede ai camaldolesi la chiesa di San Michele in Isola, che diverrà importante centro di rinnovamento spiritruale e culturale di Venezia.
  • 1294. Il Priore generale di Camaldoli dà licenza di acquistare in Firenze il terreno per la fondazione di un ‘monastero eremitco’: nascerà il cenobio di Santa Maria degli Angeli.
  • 1472. Cristoforo Landino termina la stesura della Disputationes camaldulenses che riportano le dispute, nate attorno al valore della vita contemplativa rispetto alla vita attiva, intavolate dagli umanisti riunitisi con Lorenzo il Magnifico nei locali dell’Hospitium di Camaldoli predisposti per l’occasione dal padre generale Mariotto Allegri.
  • 1474. Al capitolo generale tenuto a Camaldoli l’abate di San Michele di Murano propose e ottenne la formazione di una nuova congregazione che raccogliesse alcuni cenobi veneti: nasce la congregazione di San Michele di Murano dell’Ordine Camaldolese.
  • 1513. La bolla Etsi a summo rerum di Leone X a conclusione del Capitolo generale, sancisce la ricomposizione di un’unica congregazione camaldolese sotto il nome di Sacro Eremo e di San Michele di Murano, e avvia una riforma generale dell’Ordine camaldolese.

    

  • 1520. Paolo Giustinian lascia l’Eremo di Camaldoli per recarsi all’eremo di san Girolamo del Monte Cucco. Papa Leone X concesse al Giustinian di fondare altri eremi, nel 1524 papa Clemente VII riconobbe formalmente la Compagnia degli Eremiti di san Romualdo; resa pienamamente autonoma da Camaldoli il 7 maggio 1529.
  • 1602. Il duca di Savoia Carlo Emanuele I favorisce la fondazione di un eremo camaldolese nei pressi di Torino. La nuova fondazione presto accolse le consuetudini degli Eremiti Coronesi.
  • 1616-1629. Si susseguono secessioni ed effimere unioni tra eremiti e cenobiti. La separazione si protrarrà fino al 1935.
  • 1626. Il professo dell’eremo torinese don Boniface d’Antoine diede vita alla congregazione francese, conosciuta come di Notre-Dame de Consolation.
  • 1667. Breve di Clemente IX che sancisce definitivamente il tramonto della fragile unione tra le quattro congregazioni camaldolesi eremitiche (gli Eremiti Camaldolesi di Toscana, la Congregazione di Monte Corona, la Congregazione Piemontese e Francese).
  • 1755-1773. Giambenedetto Mittarelli e Anselmo Costadoni pubblicano gli Annales Camaldulenses Ordinies S. Benedicti in nove volumi, sulla storia documentale dell’Ordine camaldolese.
  • 1831. Mauro (Bartolomeo Alberto) Cappellari viene eletto papa con il nome di Gregorio XVI.
  • 1867. anche il Sacro Eremo di Camaldoli subisce la soppressione statale, fin dall’anno precedente i religiosi erano stati costretti a lasciare molte altre case.
  • 1935. Pio XI unendo i Cenobiti camaldolesi agli Eremiti di Toscana crea la nuova congregazione del Monaci Eremiti Camaldolesi, (oggi Congregazione Camaldolese dell’Ordine di San Benedetto).
  • 1943, 18-24 luglio. Dai giovani del Movimento Laureati Cattolici e dell’Istituto Cattolico di Attività Sociale nei locali della foresteria di Camaldoli vengono elaborate le linee guida del Codice di Camaldoli.

Vita monastica a Camaldoli

La vita quotidiana a Camaldoli si svolge secondo modalità e ritmi che rispecchiano la scala delle priorità a cui la comunità fa riferimento. Semplicità di stile e informalità nei rapporti reciproci esprimono l'obbedienza alla ferialità degli impegni comuni ad ogni persona. La discrezione di tale stile - come afferma San Benedetto - non scoraggia i deboli e stimola coloro che possono fare di più. La fede, la speranza e la carità condivise nella fraternità conferiscono al vivere quotidiano il suo respiro trascendente. Lo arricchiscono di una dimensione simbolica semplice e liberante.

La celebrazione comunitaria della Liturgia delle ore e dell'eucaristia, nutrite dalla Lectio Divina personale, sono collocate nei momenti strategici della giornata. Costituiscono una precisa struttura di riferimento al ritmo di vita della comunità e di ogni monaco e indicano con quale spirito va vissuta la trama quotidiana di preghiera, lavoro, riposo, servizi e relazioni.

  

Le attività lavorative svolte dai monaci provvedono alle normali necessità di una comunità abbastanza numerosa, composta da anziani e da giovani con le rispettive esigenze di assistenza e di formazione umana, spirituale e teologica.

Durante le attività scolastiche i professi in formazione risiedono nel monastero di San Gregorio al Celio a Roma. In quel contesto si coniugano la normale vita comunitaria e gli impegni accademici, avvalendosi delle opportunità offerte dall'Ateneo Sant'Anselmo gestito dai monaci benedettini e da altre facoltà filosofiche e teologiche.

La comunità condivide le proprie risorse economiche con quelle di recente fondazione in India e Brasile, e finalizza una quota annuale del bilancio comunitario a sostegno di progetti promozionali a favore dei poveri.

Uno stile di vita sobria, pur vissuto dentro strutture storiche, cerca di far propria la saggezza, piena di umanità e di semplicità evangelica, che è insita nel programma benedettino dell'Ora et Labora (preghiera e lavoro). Eremo e monastero, pur nella condivisione delle risorse, hanno ritmi ed equilibri propri, in armonia con le priorità che ciascun ambiente di vita offre ai monaci e agli ospiti, secondo lo spirito di Camaldoli.

L'assistenza ai fratelli anziani è divenuto in questi anni un aspetto evangelicamente significativo della vita comunitaria. Un fratello medico garantisce la professionalità delle prestazioni sanitarie svolte nell'infermeria. Consentire agli anziani di vivere nel clima dei rapporti comunitari consolidati, da loro serenità e sostegno spirituale. Contribuisce a conferire alla comunità quel carattere di normalità umana anche nell'accettazione della malattia e dell'invecchiamento che a tante famiglie non è più permesso dall'attuale assetto sociale.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)