Io differenzio!
di Elena Marchini
Bianco il giovedì, grigio lunedì e venerdì, blu il mercoledì… Non è la ricetta miracolosa della nuova dieta per prepararsi alla prova costume dell’estate 2012.
La combinazione di colori e giorni della settima fa invece riferimento ad alcune indicazioni da rispettare per la giusta procedura della raccolta differenziata.
Nei comuni che aderisco alla differenziata - in un’ottica di economia del linguaggio la parola raccolta viene comunemente tralasciata - ogni famiglia dovrebbe essere dotata di un calendario in cui sono riportati i giorni di raccolta, di sacchi o contenitori dai diversi colori, e di una sorta di breviario in cui è spiegato in quale sacchetto o contenitore gettare il tovagliolo di carta usato piuttosto che la vaschetta di plastica trasparente che conteneva le carote.
I generi di rifiuti da differenziare appartengo a sole 6 macro-categorie – umido, plastica, carta e cartone, vetro e latina, sfalci, e secco non riciclabile –. Passate le prime due settimane, durante le quali bisogna imparare e ricordare come separare nel modo corretto, diventa in seguito automatico dividere i rifiuti nelle diverse buste colorate ed attendere semplicemente che gli operatori addetti alla raccolta, passino sotto casa nel giorno prestabilito del ritiro.
Due sono però le criticità di questo ottimo servizio che permette di eliminare il conferimento tale quale in discarica (e quindi le famigerate discariche): i comuni italiani che attuano la differenziata sono ancora, per diversi motivi, pochi; ed al contempo, nei territori dove la differenziata è attiva molte persone non riescono a fare a meno del saccone nero della monnezza dove buttare dentro indiscriminatamente tutti i rifiuti.
Secondo gli ultimi dati disponibili risalenti al 2010 e diffusi dall’Osservatorio degli Enti locali sulla raccolta differenziata (il prossimo rapporto uscirà dopo l’estate con i dati relativi al 2011) la differenziata in Italia ha raggiunto solo il 30,2% sul totale dei rifiuti prodotti. Ma andando ad analizzare le statistiche nel dettaglio, si riscontrano pesanti differenze a livello regionale e macro regionale.
Se al nord, infatti, si differenzia oltre il 40% dei rifiuti, il centro e il sud si attestano su percentuali molto più ridotte, raggiungendo rispettivamente il 25,02% e il 17,15%. Le percentuali evidenziando uno stivale diviso in due, ma con sorprese inaspettate come in Sardegna, in cui la differenziata supera il 53% (posizionandosi al secondo posto tra le regioni virtuose in ambito rifiuti); o in Val d’Aosta la cui percentuale di raccolta differenziata è molto inferiore alla media nazionale superando di poco il 20%.
La seconda criticità, cioè l’incapacità delle persone di usufruire del servizio di raccolta differenziata, ha forse una spiegazione di tipo culturale. Quasi nessuno sopra ai 20 anni è stato educato dalla scuola, o da altre istituzioni, a separare e riciclare i rifiuti.
Qualche giorno fa, mi è capitato di leggere che la regione Toscana ha messo a disposizione delle scuole secondarie di primo grado, quelle che tutti conoscono come scuole medie, per il secondo anno consecutivo, un kit didattico per sensibilizzare gli studenti alla corretta gestione dei rifiuti educandoli alla differenziazione.
Gli studenti toscani saranno in futuro sicuramente cittadini consapevoli ma saranno in grado nell’immediato di trasmette questa consapevolezza ai loro genitori o ai loro nonni, generazioni di adulti indifferenziati? Perché, nonostante le campagne d’informazione e l’attività educativa nelle scuole medie, è ancora abbastanza diffuso vedere persone che distrattamente mentre passeggiano lasciano cadere per terra un pacchetto di sigarette, la chewingum, o il biglietto usato dell’autobus.
Nessuno vuole una discarica sotto le finestre di casa, ma pochi si impegnano a rispettare, anche quando ne avrebbero la possibilità, quel minimo di educazione civica per cui i rifiuti sono materie da trattare con cura. In tempi di forte malessere sociale, molti ritengo l’educazione all’ambiente un ulteriore impegno, una fatica, e la risposta al bianco il giovedì, grigio lunedì e venerdì, blu il mercoledì è tanto semplice quanto banale: si mette tutto insieme in un grande sacco e la mattina prima di andare al lavoro si deposita nel cassonetto del quartiere, della circoscrizione, del comune limitrofo che non fa la differenziata, o all’angolo di qualche strada poco frequentata, intanto qualche santo provvederà.
ANNO 3012
Inaugurazione della discarica di Malagrotta:
Nuovo sito patrimonio dell'umanità
promulgato dall'UNESCO
Cronache Cittadine
di Alessandro Gentili
20/6/2012
Lo scorso mercoledì, in località Malagrotta, località alle porte di Roma, nota per le sue ottime qualità di accogliere i rifiuti della capitale, un’anziana signora, Adele Piediscalzi, veniva ripetutamente colpita da una bicicletta vagante.
La signora Adele Piediscalzi perdeva i suoi due o tre sensi rimasti (a titolo di cronaca la signora Adele Piediscalzi cammina su questa terra da anni ottantasette, più volte vedova, più volte separata, tre figli, vari nipoti, gastropatica e un idrato al ginocchio destro in via di estinzione, pensionata asociale e un ascesso dimenticato), e iniziava una sfrenata corsa lungo la strada provinciale che da casa sua conduce, appunto, alla discarica.
La polizia municipale accorreva sul luogo e… iniziava una partita a calcetto.
La disposizione delle squadre non lasciava adito a dubbi: maschi contro femmine. Ma tra queste ultime si contava Titti Mangialamela, ex titolare di una squadra di calcetto femminile. Che ha fatto la differenza.
Si contano numerosi dispersi.
Mille anni dopo
Con decreto immediato, l’UNESCO ha dichiarato la discarica romana di Malagrotta, patrimonio dell’umanità. A tagliar corto sulle perplessità di un simile provvedimento, il presidente ha così bollato le critiche :” Riteniamo che la discarica di Malagrotta possa rappresentare un simbolo dell’arte del governare a vista di cui si fregiavano gli uomini di quel lontano passato.”
La discarica di Malagrotta è visitabile consultando l’apposito sito www.in-eternit/italia.it