Golden Gate Bridge (1989) e New York Stock Exchange (1979)
Le due foto...
più complicate della mia carriera
Di Santi Visalli
Il primo libro fotografico di una lunga serie che ho fatto per la Rizzoli, dedicati ad una città USA, è stato Chicago.
Per la verità, io avrei voluto fare San Francisco per celebrare il cinquantesimo anniversario del Golden Gate Bridge, che sarebbe avvenuto il 24 maggio 1987. (L’inaugurazione del ponte avvenne nel 1937).
Era il 1985 ed avevo 2 anni per fare tutte le mie ricerche. Un anno per fotografare e un anno per impaginare e poi stampare.
Fare solo il ponte, mi venne detto, era un argomento troppo ristretto. Perché non fare tutta la Città di San Francisco? Benissimo. Questa è la città più europea d’America e poi è la città dove è nata mia moglie Gayla. Ottima idea. Così incominciai a fare le mie ricerche. Per scattare tutte le foto di un libro di quella portata (220 pagine circa) ci vuole per lo meno un anno, anche perché bisogna fare le quattro stagioni.
Dopo un paio di settimane mi chiamarono per dirmi che una casa editrice concorrente stava uscendo con un libro su San Francisco e quindi era meglio per il momento di fotografare un’altra città. Mi venne suggerito Chicago la città migliore dopo New York per grandezza ed architettura. Io risposi che avevo avuto brutte esperienze a Chicago durante la Convention del partito Democratico nel 1968 e che ancora dopo 17 anni, mi sentivo nelle narici la puzza del gas lacrimogeno che la Polizia di quella città mi aveva per ben due volte tirato addosso. Comunque, essendo il mio primo libro, accettai. Dopo un paio d’anni venne la volta di San Francisco e così arrivò la volta del Golden Gate Bridge.
Dopo aver fotografato il ponte da tutti gli angoli possibili a tutte le ore ed anche nelle diverse stagioni, mi venne l’idea di chiedere alle autorità se fosse possibile salire su una delle torri e da lì fotografare l’altra torre per avere una prospettiva diversa di tutte le altre che avevo fatto prima.
La cosa non è stata tanto facile. La prima risposta è stata un netto NO. Per motivi di sicurezza non si può. Io non mollo mai al primo no, e quindi iniziai altre trattative. Dopo averli convinti mi chiedono di fare una assicurazione ed io, ovviamente, accetto. Salire sulla torre non è` tanto facile: per salire a circa 220 metri di altezza i primi 3 piani si possono fare con un piccolo ascensore, dopo c’è un strettissima scala di ferri dritta come quella dei sottomarini, il passaggio è così stretto che abbiamo dovuto passare prima i borsoni con tutta l’apparecchiatura fotografica. Il cavalletto non serve, perché a quella altezza il ponte oscilla continuamente di circa 30 centimetri, se così non fosse, il ponte, mi dicono, potrebbe rompersi.
Arrivati finalmente all’aperto siamo su una bellissima piattaforma mozzafiato, si ha la sensazione di essere arrivati sulla vetta di una grande montagna alpina con la differenza che il vento porta con sé un odore di acqua salmastra. Per stare in piedi, senza correre il rischio di volare giù, i miei due accompagnatori mi legano in vita con uno di quei grossi cinturoni, generalmente usati dai manovali, che hanno due grossi anelli ai fianchi dove vengono agganciate due forti funi. Così con una fune che tira da un lato e l’altra dall’altro lato mi tengono perfettamente dritto. È così sono riuscito ad inquadrare e scattare le mie foto mozzafiato.
L’altra foto, tra le più difficili che ho realizzato, è stato il salone della Borsa di New York (NYSE) vista in pianta dal soffitto.
La prima volta che sono entrato nel salone delle contrattazioni ho subito capito che il messaggio che volevo trasmettere era quello di un alveare, dove tutti correvano in giro come uno sciame di api impazzite e ovviamente lo scatto migliore sarebbe stato zenitale. Prima di tutto, ho dovuto ottenere la solita difficile approvazione dal direttore delle pubbliche relazioni, poi del responsabile del salone delle contrattazioni, poi dell'ingegnere dell'edificio e infine della compagnia di assicurazione della Borsa, che non avrebbe considerato di permettermi di fare questo lavoro senza una copertura di almeno 5 milioni di dollari. Tutti questi passaggi dovevano essere fatti per iscritto, e l'intero processo ha richiesto circa tre mesi.
Per scattare effettivamente la foto, avrei dovuto “portare” la macchina fotografica a 28 metri sopra il salone. Però c’era un buco d’ispezione, proprio al centro del soffitto. Arrivato qui, lungo il controsoffitto, ho dovuto far rimuovere dagli elettricisti una delle grandi lampade riflettenti in modo che la mia macchina fotografica potesse essere inserita attraverso il rosone, questa poi sarebbe stata fissata a una sbarra a T di circa 1m e 50cm, che ho dovuta far fare appositamente, in modo da potere essere calata dal buco nel soffitto. Ora la macchina fotografica era a 1 metro e 50 centimetri distante da me e poteva essere azionata solo con un telecomando. L'illuminazione era un altro problema. C’erano tre tipi di luce artificiale nel salone, rendendo quasi impossibile una buona filtrazione di bilanciatura. Per risolvere questo problema pensai allora al colore delle api e ho aggiunto un filtro color ambra, ho premuto il telecomando e ho pregato. Qualcuno mi ha ascoltato.