A caccia di topi
Parte seconda
di Ruggero Scarponi
Mio padre era un uomo ragionevole. Non amava imporsi con l’autorità . Disse semplicemente:
qualcuno mi dice che hai preso a frequentare quel tale della casa vicino al fiume, Tommy.
Sarebbe il caso di evitare certe amicizie, lo dico per il tuo bene figliolo. Non che faccia niente di male, o che sia un tipo pericoloso, solo che non è un’amicizia giusta per un ragazzo giovane, sarebbe importante che tu lo capissi.
Uno che non fa nulla dalla mattina alla sera, aggiunse mia madre, che non va a lavorare e bighellona tutto il giorno dietro a Dio solo sa cosa, non è una brava persona.
Non fa nulla di male, io lo conosco, disse mio padre, però non è un’amicizia per te, ribadì calcando sulle parole e guardandomi fisso in faccia.
Un lavoro ce l’ha, risposi cauto.
Ah, davvero? Esclamò mia madre alzando il tono, e di che genere di lavoro si tratta visto che passa tutto il tempo a vagare per la campagna con quel suo fucile?
Da la caccia ai topi, dissi convinto.
E quello sarebbe un lavoro, secondo te? Qualcuno lo paga per ammazzare i topi? E tu, hai mai visto un posto dove si vendono topi morti?
Forse…per le pellicce, azzardai.
Ah! Le pellicce, rise mia madre, perché tu vedi gente che va in giro con indosso pellicce di topo?
Che ne so io, sbottai, non sono esperto di queste cose.
Basta così, s’intromise mio padre. Se tuo padre e tua madre ti raccomandano qualcosa è per il tuo bene. Come ho detto, Tommy, lo conosco e so che non è cattivo, però qualche anno fa ha passato dei guai a causa della moglie. Ha avuto grossi dispiaceri e ha perfino perso il lavoro.
Da allora non è più lo stesso. Da quando sua moglie si è messa in casa quel cugino poi…
S’interruppe mio padre e io feci in tempo a cogliere mia madre che gli faceva gli occhiacci.
Insomma, continuò, è meglio se lo lasci stare e trascorri il tuo tempo libero con i ragazzi della tua età , intesi?
Che genere di guai ha avuto? Domandai all’improvviso.
Del genere, rispose serio mio padre, di quando tra moglie e marito le cose non vanno più bene.
E c’entra qualcosa quel cugino? Feci la domanda senza neanche sapere perché.
Mia madre strinse le labbra e fece di nuovo gli occhiacci a mio padre che intanto si accese una sigaretta per prendere il tempo necessario a trovare una risposta adeguata da darmi.
In un certo senso, disse guardando il pavimento, ma non sono cose da andare a raccontare. E poi non è bene farsi i fatti degli altri.
La risposta naturalmente accrebbe in me la curiosità , ma decisi, per il momento di lasciar correre, con il tempo avrei indagato e scoperto il segreto della casa di Tommy.
In ogni caso mi tenni alla larga da lui, per più di un mese, ma poi l’idea di sparare ai topi ebbe la meglio.
Che cosa ti è successo? Chiese Tommy quando andai a trovarlo sull’argine del ruscello una domenica mattina, non hai detto che ti sarebbe piaciuto provare a sparare?
Ho avuto da fare, dissi evasivo, la scuola, i compiti…
Capisco, rispose Tommy, poco convinto.
Comunque oggi è un giorno buono, se ne hai voglia.
Se crede che si possa provare, per me va bene.
Vieni, andiamo laggiù, disse, indicando una vecchia casa diroccata.
Mentre camminavamo mi resi conto che Tommy non era del solito umore. Era pensieroso.
Portava il fucile ciondoloni, tenendolo per la tracolla. Non era il suo amato fucile in quel momento, piuttosto un peso gravoso.
Non si sente bene? Arrischiai.
Così, a volte mi succede sai.
C’è qualcosa che la preoccupa?
Questioni noiose, bisticci tra marito e moglie. Ma non ti preoccupare, oggi pensa a sparare, vedrai che poi mi passa.
Arrivati alla vecchia casa ci avvicinammo tra mille precauzioni al muro esterno dalla parte della finestrella a pianterreno che dava nel locale della caldaia.
C’erano detriti dappertutto, la casa doveva essere stata abbandonata da almeno quarant’anni.
All’interno c’era una vecchia caldaia arrugginita.
Guarda cosa faccio, ora, disse Tommy dopo che ci fummo distesi a terra proprio a ridosso della finestrella che naturalmente non aveva più ne imposte ne vetri.
Estrasse da una tasca del giubbotto, un cartoccio. Lo aprì e ne lanciò il contenuto all’interno.
Tra un po’ dovrebbero arrivare, disse, l’odore del formaggio lo sentono a distanza di centinaia di metri.
Infatti, dopo una decina di minuti comparve un topolino. Era sgusciato da sotto la caldaia. Era piccolo con una coda corta e il corpo tozzo.
Un topo di campagna, mi sussurrò Tommy all’orecchio. A questi non sparo, aggiunse, aspettiamo ancora.
Il topolino esitò un bel po’ prima di dirigersi sul formaggio che Tommy aveva sparso sul pavimento.
Si teneva addossato alla parete della stanza.
E sembrava indeciso sul da farsi.
Ogni tanto spingeva il musetto in direzione del cibo e subito dopo si ritraeva per correre lungo il muro in cerca di qualche altro boccone meno esposto.
Quando ebbe percorso il perimetro completo tra tanti tentennamenti si decise a raggiungere il pezzetto di formaggio più vicino.
Aveva cominciato a rosicchiarlo, quando, improvvisamente, avvertendo un pericolo improvviso, abbandonò la leccornia e scomparve come un fulmine sotto la caldaia.
Nella stanza era comparso un grosso ratto.
Eccoli, fece Tommy con un filo di voce, tienti pronto.
Senza far rumore mi passò il fucile.
Lascialo mangiare un paio di bocconi, disse, poi prendi la mira senza fretta. Mira alla testa, sotto l’orecchio.
Feci esattamente come mi aveva detto.
Attesi che il ratto mangiasse avido un paio di pezzi di formaggio e poi, appoggiando la canna del fucile sul bordo della finestrella, valutai la distanza, non più di tre, quattro metri, presi la mira e sparai.
Stavolta vidi chiaramente la testa del topo esplodere con il sangue che schizzava come da una fontana.
Lo squittio breve e disperato che già conoscevo mi colpì nel cervello come una percossa.
Bravo! Esclamò Tommy, dandomi una pacca sulla spalla. Ci sai fare, non c’è che dire.
Da oggi ti puoi considerare un cacciatore di topi a tutti gli effetti.
Ho seguito le sue istruzioni, mi schermii, imbarazzato per la lode.
Non fare il modesto, hai sparato un gran colpo, davvero.
Lei pensa allora che anche io potrò diventare un cacciatore di topi un giorno?
Tommy non rispose subito, ma dopo un po’ disse:
Ma no, tu devi pensare a studiare, ci sono altri mestieri nella vita che cacciare topi.
Mestieri più remunerativi. Se un giorno vorrai farti una famiglia dovrai guadagnare un bel po’ di soldi e con i topi non credo, sia possibile.
Adesso però andiamo a festeggiare il tuo primo topo.
Andammo a sederci su una panchina mezzo sgangherata che si trovava in quello che una volta doveva essere stato il giardino della casa.
Tommy tirò fuori un pacchetto di sigarette e me ne offrì una.
Esitai, avevo fumato qualche volta, di nascosto, assieme ai miei compagni, ma ero incerto se accettare.
Forza! Mi esortò Tommy, lo so che quando vi nascondete, te e i tuoi amici, giocate a carte e fumate.
Accettai e insieme ci gustammo una sigaretta restando tutto il tempo senza parlare.
Mi sentivo grande. Aver ucciso la bestiola mi dava una sensazione di forza che mi turbava e inorgogliva. Mi sentivo padrone della vita e della morte, dispensatore di bene e di male.
(segue)