#141 - 23 novembre 2015
AAAAAATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rimarrŕ in rete fino alla mezzanotte di martedi 31 dicembre quando lascerŕ il posto al n° 359 - mercoledi 1° dicembre 2025 - CORDIALI AUGURI DI BUON ANNO e BUONA LETTURA - ORA PER TUTTI un po' di HUMOUR - E' da ubriachi che si affrontano le migliori conversazioni - Una mente come la tua ŕ affascinante per il mio lavoro - sei psicologo? - No architetto, mi affascinano gli spazi vuoti. - Il mio carrozziere ha detto che fate bene ad usare WathsApp mentre guidate - Recenti studi hanno dimostrato che le donne che ingrassano vivono piů a lungo degli uomini che glielo fanno notare - al principio era il nulla...poi qualcosa č andato storto - una volta ero gentile con tutti, poi sono guarito.
Racconto

Il rossetto di Angelica

di Ruggero Scarponi

La floridezza di Angelica si rese evidente intorno ai sedici anni. Avendo terminato anzitempo la scuola aveva preso servizio in un caffè come cameriera. Gli uomini che frequentavano il locale cominciarono ad osservarla con interesse. Erano uomini maturi per lo più, operai del vicino cantiere stradale. Angelica non si era mai accorta di quegli sguardi essendo ancora una bambina, di mentalità. Anzi l’idea di poter attirare l’attenzione degli uomini la spaventava, rendendola timida e goffa. Naturalmente non comprendeva le allusioni e i doppi sensi dei complimenti che le rivolgevano, e non vi si ribellava, perché credeva che essendo donna, per qualche misteriosa ragione dovesse costituire l’oggetto del divertimento di quei rudi lavoratori. Pensava che così andassero le cose, come per una legge di natura, contro la quale era inutile opporsi. Però la sola idea che un giorno anche lei potesse finire sposa di uno di “quelli” la faceva rabbrividire.
Intanto, però, il suo corpo, cresceva di una bellezza concreta, sviluppandosi come l’architettura di una cattedrale barocca. In lei ogni linea sembrava curvata dal calore prodotto da un fuoco interno, archi, volute e volumi si riempivano e prendevano una forma che la stoffa degli abiti non riusciva più a mitigare.
Un giorno fece il suo ingresso nel caffè, un giovane soldato.
Aveva lo sguardo perso e la barba lunga, sembrava stremato dopo una faticosa marcia.
Si buttò a sedere su una sedia e restò in silenzio per alcuni minuti.
Angelica che in quel momento era sola nel locale ne fu incuriosita.
Uno strano sentimento la prese.
Quel giovane così stravolto le suscitò un’emozione forte e improvvisa.
Senza che lui le dicesse nulla gli si avvicinò.
Ne osservò i capelli arruffati, il profilo del volto e le mani, dalle dita lunghe e nervose. Il giovane era molto magro ma di costituzione forte e la muscolatura traspariva dalla maglietta militare attillata e madida di sudore.

  • Aiutami – mormorò il ragazzo – mi stanno cercando.
  • Certo – rispose senza indugio Angelica, come stesse sognando quasi non fosse lei a parlare.
    Il soldato allora alzò la testa per guardarla.
  • Sei bella, come ti chiami? - chiese
  • Angelica – rispose lei senza timore.
    Il soldato le sorrise scoprendo un poco i denti bianchi.
    Anche Angelica sorrise illuminandosi tutta nel volto.
  • Mi puoi nascondere per un giorno? – le domandò il giovane.
  • Si – lo rassicurò lei senza fare obiezioni.
    Lui restò a fissarla con uno sguardo ammirato e stupito.
    Angelica ne fu lusingata.
    Poi per vincere l’imbarazzo poiché non smetteva di guardarla disse:
  • Hai fame? Vuoi qualcosa da mangiare?
  • Te. – rispose rapido il soldato.
  • Come? –Chiese Angelica arrossendo violentemente.
  • Te. – RipetĂ© il giovane – Ho fame di te.
    Angelica restò a bocca aperta.
    Che cosa significava che aveva fame di lei?
    Allora lo schernì dicendo:
  • Ma che sei un cannibale, che vuoi mangiarmi?

Ora Angelica sembrava ancora più florida e sinuosa avendo assunto una posa disinvolta. Gli occhi neri le si erano accesi di una luce vivissima e le braccia scoperte e il seno che un poco s’intravvedeva dalla scollatura avevano preso a brillare come fossero trapunti di minuscoli cristalli di quarzo. Ma soprattutto sentiva un languore interno che la rammolliva nelle gambe dandole il capogiro.

  • C’è un posto qui dove potrei starmene fino a domattina? – Chiese il soldato.
  • Vieni – rispose risoluta Angelica – per un po’ te ne starai di sopra, in camera mia. Ma poi piĂą tardi ti porto nella rimessa.
  • PerchĂ© non mi fai stare con te, stanotte? – Implorò il giovane afferrandole il braccio.
  • No, con me in camera ci dorme la figlia del padrone. Non si può. Ma non ti preoccupare, a te ci penso io.
    Angelica aveva pronunciato le parole di fretta quasi senza riflettere. Non provava nessun timore. Solo era agitata per tutte quelle sensazioni che anche il solo contatto della mano del soldato sul suo braccio le provocava. Eppure si sentiva felice, le sembrava di essere nata allora alla vita.
    In fretta prese dal banco del caffè due panini e una bottiglia d’acqua minerale. Porse tutto al giovane e lo accompagnò nella sua camera al piano di sopra.
  • Non fare rumore, mi raccomando – ammonì – stattene disteso sul letto così di sotto non si sentono i tuoi passi.
  • E se viene l’altra ragazza, la figlia del padrone?
  • No, lei, non sta qui. Va a scuola in cittĂ . Viene solo la sera. Non temere. E poi ci sono io, se c’è pericolo, vengo ad avvisarti. Ora stai buono e tranquillo. Se non ti bastano i panini, dopo te ne porto ancora.
  • E per stanotte?
  • Per stanotte cosa? – Chiese Angelica.
  • No, dico, stanotte dove mi fai dormire?
  • Te l’ho detto, nella rimessa. C’è un posticino che ci penso io ad aggiustarlo, dormirai benissimo lì e poi domattina, tanto io sono sempre la prima ad alzarsi, ti porto la colazione. Dopo però…
  • Grazie, Angelica, non ti dimenticherò – disse il giovane prendendole le mani per baciarle.

Le ore passarono lente quel giorno.
Angelica era nervosa e impaziente.
Gli uomini che tornati dal cantiere affollavano il caffè se ne accorsero subito e cominciarono a darsi di gomito e a lanciarle frecciate, immaginando qualche nascosta trama amorosa. Anche il padrone del caffè se ne accorse, trovandola distratta, ma non se ne curò.
Finalmente giunse la sera e Angelica finì il proprio turno di lavoro.
Come promesso al soldato, si dette da fare a sistemargli un angolo della rimessa dove passare la notte.
Poi facendo bene attenzione che nessuno la scorgesse, fece scendere il ragazzo.

  • Brava Angelica, - disse questi – il posto è ottimo, dormirò benissimo qui…
    Ma subito l’attrasse a sé.
    Angelica non fece resistenza e così essendo la cosa più naturale del mondo si trovarono entrambi nel giaciglio, completamente svestiti.
    Il corpo di Angelica bianco e sinuoso brillava nell’oscurità.
    Il soldato vi si immergeva come in una festa di paese.
  • Sei così bella che ti mangerei – le diceva, pieno di desiderio.
  • E mangiami, mangiami tutta, allora – rispondeva Angelica accondiscendente.
    E così avvenne che il soldato tuffando la testa tra le spire del suo corpo ne annusasse improvvisamente un intenso odore di formaggio svizzero.
    Si arrestò turbato, incredulo. Eppure nel buio della stanza la bella coscia, piena e tornita di Angelica gli apparve simile a una larga fetta di groviera.
    Preda di un raptus si gettò su di lei affondando i denti e provando una gioia infantile, nell'assaporare il gusto dolce e salato del formaggio.
    Angelica non si ritrasse, ansimò, invece, piena di passione.
    Il soldato eccitato da quanto era appena avvenuto, volle afferrarle con voluttà le splendide poppe. Ma anche qui fu sopraffatto da un profumo intenso di cibo, di carne. Provò un desiderio, una cupidigia ingorda che non riuscì a contenere, avventandosi famelico sulle rotondità della ragazza che fremeva ad ogni morso, felice di essere mangiata dal suo innamorato.

Il banchetto durò fino alle prime luci dell’alba, quando, sazi d’amore, i due, si abbandonarono al sonno.
La sveglia richiamò Angelica dal sogno di beatitudine.
Si levò incredula dal letto. Possibile che fosse solo un sogno?
Si sentiva ancora addosso il calore dei baci e delle carezze ricevuti dal bel soldatino.
Si stropicciò gli occhi.
Che peccato! Esclamò, era così bello!
Poi, completamente sveglia e pronta ad affrontare una nuova giornata di lavoro, si svestì rapida e si cacciò sotto la doccia.
A poco a poco riprese il suo naturale contegno.
Ma mentre si asciugava davanti allo specchio, per la prima volta nella sua vita, si compiacque della sua figura. In particolare del suo viso e pensò che non sarebbe stato male mettere un po’ di rossetto, quella mattina, perché si sentiva bella e le sarebbe piaciuto, di farsi ammirare, dai clienti del caffé.

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