#364 - 1 giugno 2025
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 30 giugno quando lascerà il posto al numero 365. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Musica

Dimash Qudaibergen

La voce che unisce i popoli

Di Paola Magrini

In un mondo sempre più diviso da incomprensioni e tensioni, la voce di Dimash Qudaibergen si erge come un ponte sonoro tra le anime.
Cantante, polistrumentista, compositore kazako classe 1994, Dimash non è soltanto un talento musicale fuori dal comune, capace di attraversare sei ottave con disarmante naturalezza con la sua voce unica, definita dagli addetti ai lavori la più completa probabilmente mai esistita nella storia della musica mondiale: è un artista che ha fatto della musica una vera missione di pace e un dono al servizio dell’umanità.

Sin da bambino, Dimash ha vissuto immerso nell’arte e nella spiritualità del popolo kazako. La sua formazione classica, arricchita da studi in composizione e canto, si è presto trasformata in uno strumento non solo espressivo ma profondamente etico. Pur avendo ricevuto proposte da teatri d'opera internazionali, ha scelto la strada meno scontata: portare il suo canto tra la gente, mescolando generi, lingue e culture in un messaggio universale.

Dimash Qudaibergen

La sua voce, limpida e potente, capace di toccare i registri più bassi e i più acuti senza perdere intensità è lo strumento con cui parla al cuore dell'umanità. Ma più ancora della sua tecnica, colpisce l’intenzione: ogni nota, ogni esibizione, sembra carica di un desiderio profondo di riconciliazione, di pace, di comunione tra i popoli.

Non è un caso che Dimash venga spesso invitato come ambasciatore culturale in contesti istituzionali e interreligiosi.
Il suo repertorio include brani in oltre dieci lingue, tra cui italiano, inglese, francese, cinese, arabo, russo e persino armeno, una scelta non dettata dal marketing, ma da un autentico desiderio di avvicinare le culture, di rispettare ogni identità, di incontrare l'altro.
Ben consapevole del dono che gli è stato fatto da Dio, (non fa infatti mistero della sua fede musulmana) si è prefissato da anni il compito di essere promotore della pace e della fratellanza tra i popoli. L’agenzia delle Nazioni Unite l’ha insignito della nomina di Ambasciatore di buona volontà per la regione asiatica e del mondo.

Dimash Qudaibergen

Il suo seguito internazionale, milioni di fans, che lui chiama “Dears” ovvero “Cari”, non si limita ad applaudire la sua voce: condivide e sostiene la sua visione del mondo. In tempi di guerre, discriminazioni e disumanizzazione, Dimash si pone come testimone di un’altra via: quella della bellezza, dell’armonia, dell’unità.

In occasione del Congresso delle religioni mondiali e tradizionali tenutosi a Nur-Sultan, in Kazakistan, a settembre del 2022, Dimash ha presentato per la prima volta “The Story of One Sky”, un cortometraggio da lui scritto, diretto e interpretato, che ha emozionato il pubblico di tutto il mondo. Più che un videoclip, si tratta di una potente e straordinaria opera d’arte che unisce musica, cinema e denuncia sociale.
Quest’opera strepitosa racconta in modo simbolico e toccante i drammi della guerra, dell’oppressione e dell’intolleranza, contrapposti alla speranza, all’innocenza dell’infanzia e al bisogno universale di pace. È un vero manifesto di fratellanza, un monito contro la violenza, un invito alla responsabilità umana e spirituale. Non c’è nulla di retorico, ma tutto parla all’anima. Con “The Story of One Sky”, Dimash dimostra che l’artista oggi può, e deve, essere una voce per chi non ne ha.

Dimash Qudaibergen

La sua formazione accademica e la padronanza tecnica straordinaria gli permettono di spaziare con naturalezza tra molti stili musicali, che fonde spesso all'interno di uno stesso brano: dal pop all’opera, passando per il rock sinfonico, il folk e persino il rap.
Tuttavia, non è difficile leggere nelle sue canzoni una dimensione quasi liturgica: la musica, per Dimash, è un atto spirituale. Canta come se stesse pregando. E chi ascolta, spesso, non trattiene le lacrime, non per tristezza, ma per riconoscenza.

Dimash Qudaibergen

La sua carriera è decollata in maniera inarrestabile da quando, nel 2017, all’età di 23 anni, ha partecipato al famoso programma cinese “The Singer” e da allora non si è più arrestata. Ha operato sin da subito una scelta coraggiosa che tuttora sta percorrendo: quella di prodursi e promuoversi in maniera autonoma, senza sottostare alle regole e agli obblighi delle case discografiche internazionali.
È per questo motivo che il suo nome in occidente ha stentato ad essere conosciuto e tuttora fa fatica ad arrivare al grande pubblico, probabilmente perché le sue origini artistiche non occidentali ne fanno un competitor fuori dal sistema tanto per il livello artistico, quanto per le idee. Per fortuna sta arrivando finalmente anche in Europa (i suoi prossimi concerti a Londra e Barcellona) e speriamo che arrivi anche in Italia, dove ancora, purtroppo è poco conosciuto.

Dimash Qudaibergen

Per Dimash più del successo commerciale, conta ciò che rappresenta: un giovane uomo dell’Asia Centrale che, senza etichette discografiche, senza scandali o provocazioni, riempie stadi parlando di pace, di cultura, di fraternità.

In un’epoca dove la comunicazione è spesso gridata, Dimash “sussurra” con il canto le parole più urgenti: rispetto, silenzio, bellezza; ci ricorda che essere artisti, nel senso più profondo, significa anche essere artigiani di pace.

“Quando canto, lo faccio per unire, non per dividere. Credo che ogni nota possa toccare l’anima e seminare qualcosa di buono.” (Dimash Qudaibergen)

Dimash Qudaibergen

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