#358 - 1 dicembre 2024
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di mercoledi 30 aprile quando lascerà il posto al n° 363 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi un po' di SATIRA - Nasciamo nudi, umidicci ed affamati. Poi le cose peggiorano - Chi non s ridere non è una persona seria (P. Caruso) - l'amore è la risposta ma mentre aspettate la risposta, il sesso può suggerire delle ottime domande (W. Allen) - Ci sono persone che si sposano per un colpo di fulmine ed altre che rimangono single per un colpo di genio - Un giorno senza una risata è un giorno sprecato C. Chaplin) - "Il tempo aggiusta ogni cosa" Si sbrigasse non sono mica immortale! (F. Collettini) - Non muoverti, voglio dimenticarti proprio come sei (H. Youngman) - La differenza tra genialità  e stupidità è che la genialità  ha i suoi limiti (A. Einstein). -
Personaggi

Beatrice Cenci

di Angelo Zito

“nun so si benedivve o condannavve.”
1599
All’arba de un giorno de settembre
su lo spiazzo davanti de la Mole
c’era la mejo gioventù der tempo
a véde er boia co la spada in mano.
Clemente VIII, er papa marchiciano,
interessato a le tere de li Cenci,
aveva deciso de tajà la testa
a Beatrice, a la madre e a li fratelli.
La poveretta, accusata senza prove
d’avé ucciso er padre stupratore,
sale su la pedana senza piagne.
Er popolino là sotto rumoreggia
chi pregava, chi rideva, chi se grattava,
chi magnava li bruscolini e chi strillava,
quarcuno era finito dentro fiume.
C’era pure Caravaggio er gran pittore
che a véde er sangue c’era abbituato.
Quanno er boia solleva lo spadone
la piazza se fa muta in d’un momento,
li secondi so’ lunghi come l’ore.
“Daje, mena er corpo” pare che dichi
Beatrice ormai rassegnata
a volesse ricongiunge co quer Dio
che pe mmano der vicario l’ha punita.
É robba d’un amenne, la capoccia
rotola giù dar parco tra la folla
che a la vista der sangue se trasforma,
sente li brividi come li cristiani.
“È fenita.
Tornamo a casa, er più pe oggi è fatto
e domani se n’annamo ar mare”.
Uno co le lacrime a l’occhi cià la tosse,
le disgrazzie chiameno disgrazzie:
je annato er bruscolino pe ttraverso.
“Che te piagni? N’è gnente, mó te passa,
che avrebbe dovuto dí quela poraccia,
annamo a la prima fontanella,
un sorso d’acqua e passa la paura.”

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