Roma - Teatro Arcobleno (centro stabile del classico)
Mostellaria
La commedia del fantasma
di Federica Fasciolo
Dal 28 dicembre 2019 al 19 gennaio 2020, al Teatro Arcobaleno (Centro Stabile del Classico) la Compagnia Castalia, presenta Mostellaria (La commedia del fantasma) di T. M. Plauto, con l’adattamento e la regia di Vincenzo Zingaro.
Una delle commedie più divertenti e significative di Plauto, in cui è possibile riscontrare tutti gli elementi che hanno determinato la sua fortuna nei secoli. In essa esplode la forza dirompente dei personaggi plautini, popolari, colorati, caratterizzati all’estremo; maschere che valicano i secoli, fra cui spicca il servus callidus, il servo astuto, inventore di mille trovate esilaranti.
Un tipico esempio di “rovesciamento sociale”, che sta alla base del teatro plautino: giovani e servi, rispettivamente sottomessi alla potestà dei padri e dei padroni nella vita, sulla scena prendono il sopravvento, ribaltando ruoli e rompendo schemi.
Uno spettacolo coinvolgente per un pubblico di qualsiasi età, particolarmente adatto per trascorrere le Festività con tutta la famiglia.
Nella nota di regia, Vincenzo Zingaro ricorda che l'opera appartiene al periodo centrale della sua attività ed è la rielaborazione di una delle trame più vivaci offerte dalla Commedia attica nuova: il Phàsma di Filemone. In essa esplode la forza dirompente dei suoi personaggi: popolari, colorati, caratterizzati sino al parossismo; maschere viventi, capaci di valicare i secoli, prototipi di tipologie senza tempo. Fra tutti, spicca l’emblematico personaggio del servus callidus, il servo astuto, inventore di mille trovate esilaranti, motore dell’azione che si dipana in avvincenti intrecci drammaturgici.
E in questa commedia, Tranio incarna pienamente la proverbiale figura del servo plautino, dando origine, con le sue furbesche invenzioni, a una sequenza di situazioni comiche in cui, ad ogni rimedio escogitato, il precipitare dei fatti subito impone la necessità di trovare una ennesima soluzione, come in una sorta di “corsa agli ostacoli”. Gli fanno da contrappunto le intramontabili “maschere” dell’adulescens (il giovane innamorato) e del senex (il vecchio), in un gioco di equivoci, doppi sensi, ripetizioni e rovesciamenti, ai quali la lingua plautina fornisce scioltezza e versatilità, ingredienti fondamentali per rendere credibile “l’incredibile”, come solo il grande Teatro sa fare (una lezione di cui seppero far tesoro i nostri grandi Comici dell’Arte nel ‘500).
Come nel Carnevale (prima nei Saturnali e ancor prima in Grecia nei riti dionisiaci) i codici comportamentali vengono scardinati, per un bisogno collettivo di ritornare al Caos primigenio, dove gli istinti la fanno da padrone. In realtà, si tratta di un rovesciamento momentaneo, destinato, al termine della rappresentazione teatrale, a lasciare il posto all’ordine socialmente stabilito. Il palcoscenico diventa così una “zona franca”, dove tutto si rimescola, per ritrovare alla fine un “rinnovato” ordine.
Così, nel finale della “Mostellaria”, la formula del perdono ristabilisce i precedenti equilibri, assicurando il lieto fine. Anche se questa può sembrare apparentemente una formula banale, in realtà, essa risponde a un bisogno altrettanto profondo dell’uomo di dominare le forze scatenanti del Caos.
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