La Teoria
di Ruggero Scarponi
L’idea era venuta ad un professore di una nota università . Per molti anni nessuno se l’era filato e anzi ogni volta che aveva provato a esporre la sua teoria aveva dovuto subire l’umiliazione dei sorrisi di scherno a stento trattenuti dai suoi colleghi. Il professore passò tutta la vita nell’amarezza dell’incomprensione e quando fu sul punto di morire fece chiamare un notaio al quale affidò le ultime volontà .
- Signor Notaio – disse - desidero che questa mia teoria ampiamente documentata nelle pagine che le consegno, sia sigillata in un contenitore e divulgata fra cento anni. Allora forse la capiranno. Dichiaro affidatario il Dipartimento della mia facoltà .
Pronunciate queste parole l’esimio docente spirò.
Il notaio sbrigate le formalitĂ testamentarie fece recapitare al Preside della facoltĂ di economia il contenitore ben sigillato con le istruzioni dettate dal professore.
Passarono cento anni.
L’Università non era più quella di una volta. Ora vi si respirava un clima teso. Da alcuni decenni l’economia mondiale era in subbuglio. Crisi finanziarie ed economiche avevano stravolto la vita civile di intere nazioni. Gli uomini politici si rivolgevano agli economisti nella speranza di ricevere la ricetta miracolosa che avrebbe rimesso le cose a posto. Macché tutto sembrava inutile. Ogni giorno chiudevano aziende, si arrestavano impianti produttivi e milioni di persone finivano in mezzo alla strada disoccupate. Finalmente un mattino di primavera quando persino le Università , soffocate dai debiti venivano chiuse, un semplice bidello si ricordò di quella storia curiosa di un contenitore sigillato contenente una teoria economica. - Poh! – esclamò – vuoi vedere che…
E subito si precipitò alla vetrina dove si trovava conservato il manufatto. Ruppe il vetro, dal momento che nel caos generale nessuno sapeva più dove fossero le chiavi dell’armadietto e mise le mani sul contenitore. Lesse l’etichetta con le istruzioni e fece un rapido calcolo. Erano passati ben centodue anni, pertanto nulla vietava di aprirlo.
Pensò che dovesse essere il Preside della facoltà a compiere il rito e andò a cercarlo. Lo trovò per miracolo, mentre, chiusa la porta dell’ufficio di presidenza, si accingeva ad abbandonare l’edificio oramai vuoto di professori e studenti. - Preside, Preside! – Gridò.
- Eh! Chi è! Chi mi chiama ? – fece quello con l’aria smarrita di chi non s’aspetta di essere chiamato.
- Un momento Signor Preside – disse il Bidello – Un momento, venga qua, non se ne vada. Le mostro una cosa.
Il Preside sbuffò, ma a quel punto decise di ascoltare il bidello.
L’uomo gli si avvicinò e parlando fitto e con aria da cospiratore gli chiese di aprire il misterioso contenitore. - Ma questa è una vecchia storia! – Sbottò irritato l’accademico – non mi faccia perdere tempo con queste corbellerie, per favore. Se non mi sbrigo non troverò neanche il fondo della minestra che oggi distribuiscono al centro-anziani.
- E via! Che le costa? – Insistette il bidello – è cosa di un minuto.
- Ma… – cercò di obiettare l’altro – ma…un tappo a vite chiuso da cento anni…non credo che…
- Si! – Ho provato Signor Preside, ho provato e si apre! – replicò il bidello pieno d’entusiasmo.
- Boh! – Se proprio insiste…- accondiscese il Preside.
Insomma il contenitore fu aperto. E dopo, fu la curiosità dello scienziato, a prendere il sopravvento. Mentre il bidello cercava di cogliere qualche significato di quanto stava scritto nei vecchi fogli, l’altro si mise a studiarli con attenzione. - Cribbio disse! – Ma costui era un genio!
- Visto, visto – urlava zampettando di gioia il bidello – che le dicevo, che le dicevo!
- Ed era così semplice!- esultò il Preside - L’uovo di Colombo! Quando lo dirò ai colleghi, che facce faranno! – E rivolgendosi al bidello – “Questo” aveva intuito la soluzione un secolo fa! Straordinario! Meno male che ho avuto l’idea di aprire…
- Ma come? – insorse il bidello – sono stato io a…
- Non è importante questo. Non si metta in mezzo, sono cose più grandi di lei. E poi quello che conta è: la “Teoria”!
- E che dice, che dice, Professore, me lo dica anche a me, in fin dei conti me lo merito, no? – incalzò il bidello.
- Ma, non so se può capire, questi sono studi di economia, vecchi di cento anni, è vero ma pur sempre “roba tosta”, non è per la gente comune…
Il Preside nei giorni seguenti passò un’infinità di ore a illustrare al corpo accademico, alla classe politica, agli imprenditori e ai sindacati, cosa avrebbero dovuto fare per rimettere in sesto l’economia. Tutti si dimostrarono entusiasti e in breve le fabbriche riaprirono, nuove aziende sorsero e ovunque si diffuse una nuova fiducia nel futuro. Riconoscenti, molti cittadini di ogni condizione andarono in pellegrinaggio a rendere omaggio sulla tomba dell’economista morto cento anni prima e dichiarato ora salvatore del pianeta.
Fiumi di parole furono spesi in suo onore, mentre istituti universitari di tutto il mondo facevano a gara a dedicargli aule e dipartimenti.
In cosa consistesse “la Teoria” nessuno lo ha mai veramente capito, però funzionava bene, dava fiducia. Sembra che vi si affermasse, in un centinaio di fogli zeppi di calcoli e considerazioni varie, la necessità di combinare i diversi interessi sociali come le rotelle ben oliate di un meccanismo o i rulli di una macchina da stampa.
O come un grande lavoro di gruppo che non può fare a meno dell’intelligenza del singolo.
Troppo facile! Diranno in tanti. Ma chi l’ha detto che le “soluzioni” debbano essere per forza difficili?