#360 - 1 febbraio 2025
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di VENERDI 28 FEBBRAIO quando lascerà  il posto al numero 361. - Ora ecco per voi un po' di SATIRA: Il Paradiso lo preferisco per il clima, l'Inferno per la compagnia (M. Twain) - Quando le cose non funzionano in camera da letto, non funzionano neanche in soggiorno (W.H. Masters) - L'intelligente parla poco, l'ignorante parla a vanvera, il fesso parla sempre (A: De Curtis) - Il sesso senza amore è un'esperienza vuota, ma tra le esperienze vuote è la migliore (W. Allen) - Per alcune cose ci vuole tanta pazienza, per tutte le altre c'è la gastrite (L. Limbus) - Non avere un pensiero e saperlo esprimere: è questo che fa di un uomo, un giornalista (K. Kraus) - Le banche ti prestano denaro, se puoi dimostrare di non averne bisogno (B. Hope) -
Danza

Per la rassegna curata da ERT – Emilia Romagna Teatri, va in scena
la nuova creazione dell'artista e coreografo fiammingo Wim Vandekeybus

Cesena - Teatro Bonci

Danza sul vuoto

Di

Giuseppe Distefano per Exibart

Danza sul vuoto

-Void, Wim Vandekeybus, ph © Danny Willems

Sul palcoscenico spoglio, solo una scala metallica pieghevole con un’asta pendula e una sfera luminosa ricoperta da una stoffa a mo’ di lampione. Subito l’ingresso di una donna con un telefonino, poi di un’altra vestita con camicia e cravatta, un’altra ancora che trascina una scatola di cartone, quindi di un uomo con un bizzarro lungo abito azzurro, e così via di tutti e sei i performer, ciascuno con una propria storia e un oggetto da innescare – anche una piccola batteria da percuotere, dei piatti fatti rotolare, un tendaggio nero, dei palloncini rossi per creare buffe forme sotto i vestiti -.

Danza sul vuoto

-Void, Wim Vandekeybus, ph © Danny Willems

Sulla musica elettroacustica creato dal sound designer Arthur Brouns, si parla, si urla, si attivano azioni, dialoghi, gesti inconsulti, come quelli della donna che, contorcendosi entra letteralmente dentro la scatola, o della più giovane che si percuote le bacchette sulla testa al suono di un botto, o il lancio di piatti poi rotti a colpi di martello. C’è chi vorrebbe coinvolgere uno spettatore ascoltando il battito del suo cuore con un lungo tubo nero, poi estraendo un coltello, e chi cerca di fermarlo; chi attraversa a piedi nudi una striscia di tessuto bianco imbottita di pietre; chi marca le distanze con gli altri erigendo un muro di stoffa. Da un panno nero in fondo al palco, fluttuando emergono due figure in lotta. Nel mezzo di tutto questo, brevi sequenze di danza, con assoli energici, duetti a terra, rotolamenti, balli su una canzone pop.

Danza sul vuoto

-Void, Wim Vandekeybus, ph © Danny Willems

Insomma, tante azioni e personaggi estremizzati si sovrappongono nello spettacolo Void di Wim Vandekeybus, nuova creazione dell’artista fiammingo – coreografo, danzatore, regista, fotografo, filmmaker -, con la sua compagnia Ultima Vez (debutto italiano a Cesena, Teatro Bonci, nell’ambito della rassegna Carne di Ert-Emilia Romagna Teatri, curata da Michela Lucenti). Nel disegno di Vandekeybus quei personaggi di età diverse sono figure «…emarginate, che nella loro “bolla” o “vuoto” si discostano dalle norme sociali», tenendoli lontani gli uni dagli altri. Sono un vagabondo, una fanatica religiosa, una prostituta, un’adolescente annoiata, un autistico… È il vuoto interiore, della solitudine, dei singoli personaggi?».

Danza sul vuoto

-Void, Wim Vandekeybus, ph © Danny Willems

Lo spettacolo, frutto di elaborazioni sia di domande personali rivolte ai performer per poi costruirne delle storie, sia di una libera scrittura successivamente imbastita, risente di quella costruzione a sketch prevalentemente teatrale che, sfilacciandosi, non trova una quadra drammaturgica, né un chiaro disegno coreografico. Quel “vuoto” che il titolo vorrebbe esplorare ed evocare, in realtà è un pieno di cose che accadono, che contraddicono l’intenzione, smarrendo, ai nostri occhi, il senso tematico.

Danza sul vuoto

-Void, Wim Vandekeybus, ph © Danny Willems

Il senso è da cercare, forse, nell’unica sequenza all’unisono, dell’ultima scena che chiude lo spettacolo, anticipata dalla intensa danza corale – di Iona Kewney, Lotta Sandborgh, Cola Ho Lok Yee, Paola Taddeo, Adrian Thömmes, Hakim Abdou Mlanao – ispirata a un ballo georgiano con le braccia che si muovono nascondendo il volto: un sottrarsi allo sguardo suggellato dall’enorme tendaggio scuro calato velocemente sulla scena, che avvolge i danzatori sottraendoli alla nostra vista; e risalendo, come un’improvvisa implosione, lascia vuoto il palcoscenico.

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