Ode al tortellino
di Roberto Bonsi
Oggi “divoriamo” con la sempre affascinante e concreta “magia” delle parole, un bel e fumante piatto di tortellini alla bolognese.
Impostiamo così su questo primo piatto prelibato, una “traccia”, una sua storia in breve, per far così comprendere al meglio quello che si mangia.
Il tortellino oggi lo si gusta spesso e volentieri anche nei giorni non “vestiti” a festa; un tempo lontano, quando questo piatto si poneva sulla tavola, poco dopo il suo impiantare, era il piatto “principe” della domenica a pranzo, ed anche un piatto per un sereno e festoso mezzodì di Natale, quello per i giorni “a cavallo” del Capodanno, ed era, ed ancora è, un “super piatto” del giorno di Pasqua, da consumarsi optando a volte anche con l’opportunità di un “bis”.
Il tortellino è una pasta all'uovo ripiena. Questa pasta è a base di pane, farina, uova, ed è avvolta con una precisa e sapiente manualità attorno ad un ripieno, mentre quest’ultimo può invece essere composto da carne, pesce, formaggio, verdure, frutta ed anche con degli alimenti dolci. Questo per molti versi è il singolare primo piatto che pare solo italiano, ma che invece ha molte varianti in Europa e nel resto del mondo.
Può essere preparato con la frittura, il cuocere al vapore, ed anche con .
Quello che per i bolognesi, nel loro colorito vernacolo, è il turtlèn è da considerarsi un pò come il “re” di numerose tavole imbandite.
Osservò e disse lo scrittore, drammaturgo e critico musicale irlandese George Bernard Shaw: - "Non c'è amore più sincero di quello per il cibo”- , e noi in questo caso inneggiamo a Sua Maestà il tortellino, Sovrano di Bologna e di Modena.
Va bene Bologna ma cosa c'entra Modena?. Presto detto …!!!. Qui la storia, quella scritta sui libri di testo, specie nelle antologie, narra perfettamente la sua. I turtlèin, così come ne parlano i modenesi, sono tipici solo per le aree geografiche di queste due città molto vicine l’un l’altra. Il vero è proprio paese nativo del tortellino è Castelfranco Emilia che oggi è nella terra della “Ghirlandina” e della “Secchia rapita”, cioè nel modenese, ed un tempo apparteneva invece alla provincia di Bologna, mentre nel corso dell’anno 1929 fu per così, dire “ceduto” a Modena ed al suo territorio, così come sopra detto.
Di per sé il tortellino è un prodotto (P.A.T.), cioè un “prodotto agroalimentare tradizionale” ( e forestale), registrato sotto l'egida dell'apposito Ministero, quello delle Politiche Agricole. Alessandro Tassoni che scrisse: “La secchia rapita”... l’oste ch’era guercio e bolognese, imitando di Venere il bellico, l’arte di fare il tortellino apprese”. Udite …, udite …, pardon: Leggete …, leggete!!!. Su questo “oro giallo” della nostra immensa tradizione gastronomica, dove, come abbiamo sin qui espresso, i tortellini hanno un posto davvero di riguardo, se non addirittura regale, è stata indetta una loro precisa giornata di celebrazione, la quale è il 13 febbraio di ogni anno, e per la sua importanza storica, socio- culturale e naturalmente culinaria, lo stesso gode di un vero e proprio Disciplinare, questo al pari di tanti altri cibi di grande levatura.
Proprio in quel di Bologna, dove ogni anno si gareggia con lo Zecchino d’Oro, il ben noto in Italia e in tutto il mondo, celebratissimo Festival delle canzoni per bambini, varato dai frati francescani dell’Antoniano, una delle tanti lodevoli istituzioni cittadine, ecco che nell’anno 2008 (51° edizione), con il brano: Il Tortellino (Di: Di Tullio-Visintainer),partecipò con successo il piccolo Massimo Bartolucci, e dopo soli otto anni, ne fece una sua pur sempre simpatica versione, la squadra del Bologna F.C., si crede per beneficenza … . Si ricorda con affetto, quando chi scrive, era ancora piccolo, e si nascondeva sotto il tavolo preparatorio della cucina dell’appartamento della nonna paterna che si chiamava Iolanda ma era soprannominata Medea, e purtroppo non ci ricordiamo il perchè di questo suo soprannome dal sapore mitologico. Lei da autentica “azdora” emiliana, stendeva la sfoglia poi con arte sopraffina, e creava “ipso- facto” i cappelletti alla ferrarese, “parenti stretti” del buon tortellino felsineo, ed al suo interno vi poneva il classico “batù”, che altri non era se non un ripieno con 100 gr. di polpa di suino, 100 gr. di goletta, 100 gr. di mortadella, 100 gr. di salame da pentola e per finire 200 gr. di formaggio grana Parmigiano-Reggiano. Quando la nonna si allontanava anche solo per pochi istanti, da sotto il tavolo dove si era …, si “rubava” il “batù” e lo si gustava con la massima soddisfazione, senza che lei peraltro se ne accorgesse minimamente, ed addirittura si mangiava anche il cappelletto crudo, così com’era, appena posto sul tavolo, sopra la tovaglia di ordinanza.
I cappelletti nei verosimiglianti vernacoli locali venivano e vengono chiamati Caplit, ed ancora oggi sono perlopiù delimitati nelle zone di Ferrara, Reggio Emilia, Forlì-Cesena. Rimini e Ravenna. Cappelletti, tortellini e paste ripiene similari, sono consumate anche nell'Agro-Pontino e in altri luoghi ancora, dove è stata ed è ancora forte la presenza di questa “gens” laboriosa a dir poco .Quel piccolo di statura, ma “grande” “geniaccio! della musica “tout-court”, che fu il cantautore bolognese Lucio Dalla, adorava al massimo degli “slurps”, gli ottimi e caldi tortellini “homemade” che “nuotavano” nel classico brodo di cappone, realizzati da Lella Ballandi, la quale non era altri che un’amica di famiglia, che poi convolò a giuste nozze con il noto, apprezzato e compianto produttore artistico Bibi Ballandi. Furono diversi i cantanti che ebbero una specie di “divezzamento” davanti ai tortellini della Lellina. Nella nostra Ferrara, città dai mille volti e dai tanti risvolti, lungo la strada dell’Argine Ducale, sita poco fuori le possenti e storiche Mura cittadine, c’èra Rosina, una signora non più giovane, figlia unica di genitori, lattai della zona, che su ordinazione e in casa, creava dei tortellini, dei cappelletti e dei cappellacci, di gran magnificenza. Abbiamo testè posto in essere che il tortellino, come detto alcune righe più su, ha dei … “parenti stretti” i quali sono i tortelli, i tortelloni, i ravioli, i cappelletti, i cappellacci, gli agnolotti e gli anolini … . Per finire in bellezza e magari anche a stomaco pieno, anch’esso, cioè il tortellino, merita un’ode.
ODE AL TORTELLINO: Quale cibo sopraffino è il felsineo tortellino: dentro al brodo di cappone te lo mangi in un boccone, se poi metti panna o ragù, te lo gusti ancora di più. Con le uova e la farina già la sfoglia vien divina, ben tirata al mattarello, il segreto è proprio quello. Il ripieno è tanto ricco: varie carni insiem ci ficco e di Parma il buon prosciutto, il formaggio soprattutto, parmigiano grattugiato, tutto bene amalgamato con un uovo, pepe e sale, la moscata nel finale. Sul ditino attorcigliato, bello, tronfio e ben formato, assomiglia all'ombelico delle donne … e più non dico. Poi, se vuoi finire bene questo pasto, ti conviene sorseggiare con lentezza quel buon vin che dà l'ebbrezza, spumeggiante e vigoroso, che è il Lambrusco … e buon riposo!. Questa è però una filastrocca piuttosto che un ode, ma perdonateci la licenza, per così dire, poetica … L’autore di cotanta è lo scrittore e poeta Giovanni Crisostomo.
Il 24 ottobre 1965 fu fondata a Bologna la Dotta Confraternita del Tortellinoancora oggi operativa a tutela del tortellino.
Alessandro Cervellati, insigne cantore di questo favoloso primo piatto, lo descrisse in questa maniera: -”Come rapporto di amorosi sensi fra un fatto gastronomico e l’avvenenza femminile”-.