Quando la natura s'ingegna
e l'ingegno dell'uomo l'asseconda
BioLogi[c]a del tempo
Le BioArt di Gianni Fasciolo
Di Manuela Menta°
Il tempo è un alleato, un tiranno, un confidente oppure uno strozzino.
Tutto dipende da cosa ci aspettiamo da lui.
Gianni Fasciolo ha scelto di non avere aspettative.
Ha scelto di aspettare. Di conoscere il tempo per ciò che è: mutevole,
opportunista, trasformista, medico e, talvolta, artista.
Ha scelto di affidare il suo lavoro e la sua arte, la sua espressione visiva e fotografica, al giudizio insindacabile
del tempo.
E di attendere l’esito di questo incontro, seppur imprevedibile.
Ogni mutamento nelle immagini esposte alle intemperie e al trascorrere di giorni, settimane, anni è il risultato di un atto creativo che prosegue anche oltre la mano e l’occhio dell’artista: l’intervento sensibile ma implacabile del tempo, sull’azione creativa originaria.
Per l’artista, scegliere di affidare il proprio lavoro a questa azione irreversibile è un atto coraggioso, forse irrazionale, di ricerca e sperimentazione, di osservazione e di apprendimento, ma assolutamente definitivo e ineluttabile. Ogni azione/reazione è un universo a sè e crea un risultato unico e straordinario.
L’artista sceglie non solo di aspettare ma di assecondare a sua volta questa azione,
con piccoli ma decisivi interventi, armoniosi e talvolta invasivi.
Sceglie di osservare con gli occhi neutri di un cristallo e di intervenire con graffi,
sfregamenti, accentuazioni o sottrazioni. Di sottolineare le mutazioni e anche di
anticiparle, riportando così lo scatto a un’ancestrale bellezza, a una ritualità propria
e inconfondibile, come arcani consunti e preziosi di un antico cartomante.
Vediamo così stagliarsi universi siderali di colori acidi e nebulose nate da chissà quali mondi sconosciuti, mezzi pesanti stagliarsi su fondi oscuri e imperscrutabili che sembrano emergere da un romanzo noir d’autore, del quale potrebbero suggerire perfino l’odore.
Angoli di mondo quotidiano immersi in una natura ormai spogliata della sua eleganza e lasciata scarna e fragile a mostrarsi agli occhi indiscreti dell’osservatore, fondi monocromatici dai quali escono con prepotenza immagini accennate, eppure dirompenti e quasi fisiche, che gareggiano per avvicinarsi al figurativo, pur non essendolo affatto.
Geometrie rigide e pesanti, su toni grigi e crema che si impossessano dello spazio circostante con un tonfo, campeggiano nude e monotonali per affermare la loro supremazia. Le Bioart di questo raffinato artista sono la testimonianza di un tempo che ha rivelato, messo in luce, svelato ai nostri occhi tutta la più intima grazia e potenza di quegli scatti, già densi di anima e luce, intrisi di pulsioni e di ricerca. Destinati a trasformarsi ancora forse, su quei fragili supporti chimici che l’artista ha scelto di immortalare, solo in questo preciso momento della loro evoluzione.